ALLA LUCE DEL GIORNO

1 0 0
                                    


Il silenzio di Silvia implose in un urlo cupo, gutturale, confuso. Kauffman si ritrasse istintivamente, mentre nella stanza accanto la Cavalli rabbrividiva, vicino ai due uomini che osservavano il vetro con gli occhi spalancati.

«Perché mi fa questo? Perché continua a tormentarmi, mi fa male.» la voce roca grattò sulle pareti, percorrendone ogni centimetro. Cesarano si tolse le cuffie e le allontanò con un gesto rapido della mano.

«Che cazzo era?» Chiese volgendosi verso gli altri due.

«Rimetti le cuffie, non abbiamo ancora finito.» ordinò Sarti, con un'occhiata obliqua.

L'altro riposizionò le cuffie malvolentieri. La dottoressa Cavalli, senza rendersene conto, aveva fatto un passo indietro e ora guardava il chiarore del giorno tagliare a metà il vetro, in una lama polverosa.

«Silvia?»

«Sì.»

«Chi ti fa del male? Cosa vedi?»

La ragazza non rispose, Kauffman tornò a scattare. Un altro clic riempì la stanza. Un altro urlo soffocato, un gemito e di nuovo quella voce strana, profonda, diversa.

«È sporco del mio sangue. Le stelle.» Disse Silvia.

«Anche il viso? Anche il suo viso è sporco di sangue?» Insisté il medico.

«Sì.»

«Riesci a vederlo? Chi è?»

«Mi soffoca, non respiro.»

«Silvia, mi senti?» Le domandò.

«Sì.»

«Perfetto, ora concentrati, ascolta la mia voce. Le parole divengono un suono unico, neutro. Tutto intorno a te perde colore, ti allontani. Ora conterò da uno a dieci e a ogni numero farai un passo indietro; non esiste uno spazio, solo il suono monotono della mia voce. Uno, due, tre. Riesci a muoverti?»

«Sì.»

«Bene, allora continua. Quattro, cinque, sei. Indietro, ancora. Sette, otto, nove; se quasi arrivata, dieci.»

Kauffman chiuse gli occhi, preda di un'emicrania mai esaurita.

«C'è uno schermo bianco davanti a te, Silvia. Lo vedi?»

«Sì.»

«Brava. Ora ti mostrerò qualcosa, non avere paura, tu sei solo una spettatrice.»

Il medico strinse tra le mani il corpo della reflex e scattò: una, due, tre volte; in rapida sequenza.

«Cosa vedi sullo schermo?»

«La stanza.»

«Guarda meglio, chi c'è nella stanza?»

«Mamma!» gemette lei.

«Cosa vedi?»

«Lui, la sua faccia. Lo schermo è macchiato ora, non riesco a vedere bene.»

«Cosa macchia lo schermo?»

«Il sangue, il mio sangue.»

Kauffman chiuse gli occhi, il dolore si era fatto insopportabile.

«Riesci a sentire la sua voce?»

«Sì.»

«Cosa dice?»

«...»

Qualcuno spalancò la porta della Sala Uno. Il questore entrò con il viso distorto dalla rabbia.

«Che cazzo state facendo?» Guardò al di là del vetro e vide il profilo di Kauffman nell'incedere luminoso del giorno attraverso le imposte.

«Quell'uomo è un delinquente, radiato dall'albo. Cosa ci fa nella mia questura? Le ha dato di volta il cervello, Sarti? Che cazzo pensava di fare? E lei, Cesarano, che fa? Si tolga quelle cuffie dalla testa.»

«Stiamo facendo un esperimento, abbiamo ottenuto nuovi indizi sul caso delle ragazze...»

«Quali risultati? Con chi? Con quel buffone?»

«Signor questore...» tentò la Cavalli, facendo un passo avanti.

«E lei, una professionista che si presta a queste carnevalate!» Il questore uscì dalla stanza diretto nell'altra. Sarti allungò una mano, e gridò: «aspetti!»

Ma l'uomo non si fermò e irruppe nella stanza semi buia.

«Cosa dice, Silvia?» Chiese Kauffman, tentando il tutto per tutto.

Silvia disse qualcosa che, però, venne inghiottito da Garelli che, avvicinatosi alla finestra l'aprì, scostò con malagrazia le persiane e lasciò che la luce conquistasse il vano. Kauffman strinse gli occhi, feriti dalla luminosità improvvisa.

Nella stanza attigua, Sarti intimò a Cesarano di rimuovere le bobine e sostituirle con altre di prova. La Cavalli, pur se poco propensa a disobbedire, avvallò la decisione.

Il questore fissò Kauffman per qualche minuto, senza aprire bocca. Poi si mosse verso di lui.

«Lo sa che posso rovinarla, farla arrestare per... »

«Per cosa?» Domandò il medico con voce sofferente. «Per aver tentato di dare un volto al maniaco che da mesi vi prende per il culo?»

Il viso di Garelli s'imporporò.

«Sarti!» Urlò.

L'ispettore li raggiunse.

«Io la rovino, Sarti. Io la faccio pentire di essere capitato in questo distretto. Mi porta in questura un pazzo omicida, uno che se si venisse a sapere mi rovinerebbe, ci rovinerebbe tutti. Ma ci ha pensato a cosa direbbero i giornali? Lei è un idiota e ora è anche fuori da questo caso. Quest'uomo ha...»

La Cavalli esplose con un secco: «Basta! La faccia finita. Il fascicolo del dottor Kauffman è secretato, potrei essere io a rovinarla!»

Il rossore sul volto dell'uomo si intensificò, cercò di parlare, ma Sarti lo precedette.

«Mi dia ancora un po' di tempo...»

«Esca da qui e si porti via questi fenomeni da barraccone!» Concluse Garelli, agitando una mano, nel tentativo goffo di riconquistare autorità.

Sarti aprì la bocca, ma ci ripensò e tacque.

Ai piani più bassi gruppi di agenti in divisa popolarono scale, uffici, corridoi. Alcuni incrociarono gli sguardi terrei e segnati dalla notte insonne di Sarti, Cesarano, la Cavalli e Kauffman; mentre al penultimo piano della questura, Garelli osservava la stanza vuota davanti a sé.

SilviaWhere stories live. Discover now