Il caffè che consumarono al bar dei Portici era riuscito solo a far bruciare loro lo stomaco, e quando Sarti chiese dove si potessero ascoltare le registrazioni, l'unico a dare disponibilità fu Kauffman.
Andarono in macchina, con la Fiat Argenta della Cavalli che guidò quasi in trans nel sole bianco della mattina.
Con le bobine sistemate e il registratore in azione, i quattro rimasero in silenzio ad ascoltare il cinguettio del nastro che veniva riavvolto, qualche istante, finché Cesarano con uno scatto secco bloccò il movimento e fece partire la registrazione.
Si udì la voce di Kauffman che chiedeva a Silvia chi le stesse facendo del male, poi la voce di Silvia incomprensibile, poco prima che la voce di Garelli esplodesse nella stanza. Ancora la voce di Kauffman e, appena comprensibile, ancora Silvia che rispondeva al medico.
"Cosa dice, Silvia?"
Voce di Garelli, tramestio.
"Erica"
Ancora Garelli.
«Eccola!» Esclamò Sarti, «torna indietro, ascoltate.»
Cesarano obbedì, il nastro ripartì e tutti poterono udire la voce flebile di Silvia ripetere quel nome: Erica.
«Devo chiamare Ponte. Dottore, dov'è il telefono?»
«Nel salotto, venga glielo mostro.»
Ponte confermò a Sarti quel che aveva intuito, l'uomo chiamò il questore chiedendo che gli venissero concesse un paio di volanti. Garelli non parve felice di sentire la sua voce, ma dovette cedere alla richiesta dell'ispettore anche perché, finalmente, dopo tanto buio, gli parve di poter scorgere un barlume di speranza.
Alla stazione di Sampierdarena arrivarono tre volanti, in una sedeva Garelli, con lo sguardo scintillante e il giubbotto antiproiettile sotto la giacca.
Sarti era sul posto, con la Cavalli. Il capo stazione spiegò loro che l'uomo che cercavano era in servizio e, in quel momento, stava probabilmente distribuendo bibite e panini sul regionale in arrivo da Savona.
«Esiste un ripostiglio, un posto dove tengono divise e carrelli?» Domandò ancora Sarti.
«I carrelli stanno al deposito, i ragazzi si cambiano negli spogliatoi comuni... »
«No, non è un'area comune che cerchiamo... non c'è un posto dove tenete gli attrezzi, una stanza isolata dove... »
«Il gabbiotto del quadro elettrico di Piazza Principe.» Saltò su un macchinista.
Il gabbiotto era quello che ci si poteva aspettare, un vano minuscolo con una parete coperta da una grata di ferro oltre la quale si accendevano luci verdi e rosse. Per arrivare al gabbiotto, tutti i treni in arrivo e partenza erano stati fermati. Garelli scrutò il buio oltre la nicchia e disse: «non c'è niente qui.»
Il macchinista lo superò e si diresse verso il fondo della nicchia, accese una torcia e il cerchio luminoso rischiarò il battente di una porta di ferro, verniciata di rosso.
«Cazzo!» Sibilò Sarti «Fermo, non la tocchi!»
Il macchinista indietreggiò e lasciò la torcia nelle mani di Sarti che, coprendosi la mano con la manica della giacca, abbassò la maniglia. La porta era chiusa. «Chi ha le chiavi di questo posto?»
«I tecnici.»
«Be', li faccia venire qui di corsa, che aspetta?» Un lampo attraversò gli occhi di Sarti, era quello il posto. C'erano quasi.
Il tecnico arrivò e la porta rossa fu aperta.
Dario Anselmi camminava spingendo il carrello delle vivande, un piede avanti all'altro, lo sguardo basso. Un viso anonimo, nessun segno, neanche la barba. Quando Sarti, in compagnia di quattro agenti in divisa, lo avvicinò, non fece una piega. Lasciò che gli ammanettassero i polsi e si lasciò condurre docile, verso una delle volanti parcheggiata di traverso davanti all'entrata di Piazza Montano.
***
Sulla scrivania di Garelli erano aperti i fascicoli del caso. Le foto delle ragazze in vita e dopo la morte, erano sparse sul piano in ordine di ritrovamento. Erica Garrone era la prima e, come chiunque in quella stanza notò, era l'unico viso che Anselmi evitò di guardare.
«Allora, Anselmi, ci racconti tu com'è andata o vuoi che te lo facciamo raccontare noi?» La voce di Garelli era ferma, gli occhi fissi sul capo chino del giovane in silenzio.
L'interrogatorio andava avanti da ore, dopo aver fornito le proprie generalità, Anselmi era rimasto in silenzio, con gli occhi sulle mani che aveva in grembo.
Quando Sarti aveva proposto di far intervenire Kauffman, Garelli lo aveva guardato come se d'un tratto avesse preso fuoco, ma alla fine aveva acconsentito.
Il medico fu fatto entrare, Garelli e Sarti uscirono, gli scuri vennero accostati e un agente restò di guardia in un angolo.
Ci volle parecchio tempo, ma alla fine Kauffman parlò.
«Erica?»
«Sì.»
***
«Basta!» Urlò Anselmi, le mani sul volto.
Kauffman tacque, il piantone si fece di sale per lo spavento.
L'assassino scoppiò in un pianto dirotto, mentre Sarti e Garelli rientravano.
«Io non volevo, non così... » cominciò a dire tra i singhiozzi.
«Ma lei mi ha detto sì, mi ha baciato. Lei era mia, lei era... ma poi non mi ha più voluto. Io non potevo lasciarla andare.»
Dario Anselmi fu condotto fuori in lacrime, i polsi nelle manette, stretti insieme alla sua colpa.
«Ha fatto un buon lavoro, Sarti.» Il complimento colse l'ispettore di sorpresa
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Silvia
HorrorNell'inverno del 1982 sei ragazze spariscono e vengono ritrovate in zone diverse della città. Nessuna di loro ricorda cosa gli sia capitato né chi sia l'aggressore, a parte una. Karl Kauffman è stato radiato dall'albo qualche anno prima, ma è l'unic...