01. Martha e i suoi biscotti

446 29 45
                                    

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

📍Washington Park, Chicago9 anni prima

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

📍Washington Park, Chicago
9 anni prima

Esistono momenti in cui il caos prevale e non rimane nient'altro che quello. Si sentono solo le grida, il rumore del tuo respiro che accelera e il tuo cuore che va a mille, rischiando che ti esca dal petto. Vieni improvvisamente inghiottito da ansia e adrenalina che pompano nelle tue vene alla velocità della luce e non ti lasciano via di scampo.

A quel punto dovresti sentirti in colpa, renderti conto che quello che hai appena fatto è sbagliato, oltre che altamente immorale. E invece stai lì, fermo. A guardare la vita scivolare via dagli occhi da quello che tutti pensano sia un uomo innocente. A guardare come, dalla ferita fatale che gli hai provocato, sgorga così tanto sangue da riuscire a raggiungere le tue scarpe che rischiano di macchiarsi se non ti sposti. A sentire gli ultimi, strazianti, lamenti dell'uomo che sta morendo ai tuoi piedi senza muoverti di un millimetro.

Continuavo a guardare la scena come se non fossi più nel mio corpo, sentivo un rumore sordo nelle orecchie e il tempo sembrava essersi arrestato tutt'un tratto.

Me ne stavo lì, in piedi, immobile, con le ginocchia tremolanti, a guardare l'uomo che odiavo più al mondo morire davanti ai miei stessi occhi.

Ero stata io. L'avevo ucciso io.

Sentivo gli occhi bruciare, le lacrime calde bagnarmi le guance. Piegai la testa e lo scrutai attentamente in silenzio. Rimasi impassibile nel guardarlo soffocare nel suo stesso sangue, mi pregava con lo sguardo, mi implorava di salvarlo, di chiamare qualcuno.

Non lo feci, non mi mossi di un centimetro.

Mi sforzai di non sbattere le palpebre per nemmeno mezzo secondo, volevo godermi quel momento. Le mie braccia erano rigide lungo il corpo, le spalle anche, tenevo stretto il tessuto floreale del mio vestitino nelle mani chiuse a pugno, le nocche bianche.

«Ti p-prego.» Lasciò uscire dalle labbra macchiate di sangue quella preghiera silenziosa, quasi si strozzò.

Di nuovo, non mi mossi. Aspettai interminabili minuti, poi finalmente smise di muoversi. Tutti i suoi muscoli si rilassarono contemporaneamente in un movimento che mi parve quasi inquietante, appoggiò la nuca sulla moquette logora e sporca, la bocca leggermente socchiusa e gli occhi spalancati.

HeartlessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora