Killer Queen

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Cass aveva appena salutato le sue amiche. Quell'uscita era stata davvero troppo bella e divertente: prima il giro nel centro e la cena in pizzeria con il suo gruppo ed  il bellissimo Ethan, che l'aveva fatta ridere per tutto il tempo, poi le foto sulla spiaggia, con la brezza del mare fresca e salata e la sabbia nelle scarpe, e infine quel gelato delizioso al gusto "zuppa carolina" e "crema ricca", in mezzo a bellissimi locali tutti pieni di luci, gente sorridente e canzoni. 

Aveva appena finito di abbracciare la sua migliore amica Ginn, ringraziandola per averla invitata e per averle fatto conoscere così tante nuove e bellissime persone, come Ethan.

«Ricordati di scrivergli!» urlò Ginn mentre Cass si allontanava e si girava per controbattere divertita.

«Non ti invierò nessuno screen, Ginn!» le rispose ridendo.

Si girò ancora e riprese a camminare. Ginn e le sue amiche si allontanavano sempre di più. Ormai erano solo puntini invisibili. Cass chiuse gli occhi e ancora una volta si lasciò andare dolcemente tra i ricordi di quella serata. Aveva così tante cose da dire, da raccontare, da urlare al mondo intero, in quel momento si sentiva come un fiume in piena, che da lì a poco avrebbe inondato tutto coi suoi racconti. Non vedeva l'ora di tornare a casa per dire ogni cosa alla sua famiglia, e loro di sicuro avrebbero riso, sarebbero rimasti stupiti, avrebbero detto "Wow!", "Che bello!", "E dopo cosa è successo? Dai continua?", e lei, Cass, sarebbe stata lì, seduta sul divano con un bicchiere di the in mano e la coperta della nonna nell'altra, circondata dall'affetto familiare e dalle sue sorelline, a condividere con loro tutti quei bei momenti. Non vedeva l'ora di tornare a casa e vedere, all'uscio della porta già aperta per lei, una mamma sorridente e curiosa delle sue avventure, pronta ad ascoltarla e capirla, e dietro di lei, suo padre alto e fiero.

Camminava sorridente ai bordi delle strade buie e deserte, in mezzo agli alti palazzi della città e alle sporadiche automobili che ogni tanto sbucavano folli da dietro le curve. Ma la notte e la solitudine non la turbavano, perché l'emozione e la felicità dentro di lei erano troppo forti. Una Punto nera abbastanza vecchia la sorpassò lentamente e scomparve, Cass non ci fece troppo caso. Dal suo zainetto pescò un paio di cuffiette, le collegò al cellulare e fece partire la sua playlist preferita. Una canzone rimbombava ora nelle sue orecchie...

She keeps her Moet et Chandon
In her pretty cabinet
"Let them eat cake", she says
Just like Marie Antoinette


Una Punto nera le passò di nuovo accanto, questa volta arrivando da davanti. La musica tempestava fiera da dentro le cuffie, in quell'universo sognante e straordinario che Cass aveva creato. Il volume della canzone sembrava aumentare ogni singolo secondo.

A built-in remedy
For Khrushchev and Kennedy
At anytime an invitation
You can't decline

La Punto nera sembrava danzare attorno a lei. Una danza inquietante, fatta di nascondigli e apparizioni, sgommate e corse per la strada nerissima come il palcoscenico di un teatro, illuminata debolmente dai fari dell'auto. Dopo aver superato la ragazza per la seconda volta,  l'automobile era  di nuovo scomparsa dietro una curva. Ma eccola già pronta a riapparire maestosa. La musica si faceva sempre più intensa.

Caviar and cigarettes
Well versed in etiquette
Extraordinarily nice

Poi l'automobile frenò stridendo accanto a Cass, con i fari ancora accessi e il rumore caldo e rumoroso. Il finestrino a sinistra si abbassò lentamente, e la faccia di un uomo sulla quarantina fece capolino. Sembrava intenzionato a chiedere un consiglio alla ragazza, forse si era perso e il navigatore non funzionava, quindi Cass, noncurante, si tolse una cuffietta e si girò verso l'uomo. Questo la guardava in modo strano, sembrava nervoso, sudava, le mani tremavano leggermente.

«Per caso si è perso? Ha bisogno di un consiglio?» disse Cass calma.

L'uomo non le rispose in un primo momento, sembrava perso nei suoi pensieri, concentrato, intento a ragionare su qualcosa di davvero complicato, e fissava attentamente la ragazza, come se la studiasse. Poi improvvisamente si rianimò, e abbozzò qualche parola confusa:« Io? Ah, sì sì, cercavo la strada per un hotel che dovrebbe essere qui nelle vicinanze».

Sudava terribilmente.

«Conosco il Cecil Hotel, posso dirle come raggiungerlo, non dovrebbe essere molto lontano.»

L'uomo annuì ed aprì lo sportello: «Scendo, così mi mostri la strada.»

E in un attimo fu fuori dalla vettura ancora accesa. I fari illuminavano la strada nera e il volto dell'uomo, anche se di sbieco. Aveva un viso massiccio, con la barba tagliata male e le sopracciglia folte. Gli occhi erano piccoli, ravvicinati e scuri, i capelli neri e lisci, bagnati per il sudore e attaccati alla sua fronte.

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