Dopo gli applausi il pubblico sciamò fuori dalla sala per ritrovarsi nel vasto disimpegno del piano interrato.
Nicolò apparve sui gradini della scala che portava al primo piano, confermando l'evidenza del suo dono fantomatico di mostrarsi, quando c'era bisogno di lui e sparire subito dopo.
«Signore e signori, vorrei consigliare di visitare
l'incantevole giardino delle suore. La bravissima giardiniera suor Orsola vi aspetta per offrirvi un ponce: non vogliamo farvi infreddolire, ma tenervi caldi per l'ultimo atto di "Mistero di Natale.» Mentre parlava, Nicolò scese dalle scale e dirigendosi verso la porta del giardino, guidò fuori gli ospiti.
In giardino suor Orsola torreggiava dietro una fratina ricoperta di bicchieri e ciotole contenti ponce e bevande analcoliche. Alle sue spalle un'imponente magnolia faceva da sfondo. Era assistita nel servizio agli ospiti da suor Leonilde e da Sara una delle novizie. Era ormai sera, ma lampioni collocati in punti strategici davano abbastanza luce da poter distinguere in fondo al giardino gli alberi di arancio e mandarino, le siepi di alloro lungo i vialetti e belle piante ornamentali a ridosso delle panchine.
La superiora, suor Tarcisia e i suoi ospiti furono serviti da suor Leonilde a un tavolo sistemato davanti ad una delle panchine; le suore, le ragazze, gli attori furono serviti alla fratina da suor Orsola e da Sara.
Tra chiacchiere e libagioni passò almeno mezz'ora.
Infine Nicolò percuotendo con un cucchiaino un bicchiere, attirò l'attenzione di tutti per dire:
«Gentilissimi ospiti, l'opera teatrale attende la vostra presenza per l'epilogo.»
Si portò di nuovo vicino alla porta del giardino per essere raggiunto dal pubblico e insieme ad esso rifece il tragitto inverso per tornare nella sala del teatro; salì sul proscenio e annunciò il quinto e ultimo atto di "Mistero di Natale".Quinto atto
Prologo
Dietro il sipario, al posto della cucina di Maria e Pinuccio era stata ricostruita una stanza della canonica dove nella finzione scenica abitava don Antonio. La canonica oltre ad essere l'abitazione del parroco accoglieva nei suoi ambienti le opere parrocchiali, come le riunioni con i fedeli e le prove del coro dei grandi e dei piccoli e fu in questa attività, che il nostro arciprete apparve sul palco seduto alla pianola, circondato dai bambini del coro, mentre il sipario si apriva.
Seguì l'applauso del pubblico e
Maria in quello stesso istante entrò da una porta della scenografia.Nona scena
«Don Antonio non è che avete dimenticato la visita ai poveri di Mauro?» Disse.
«Maria...Ah, no, no! È tutto pronto, prendo il cappotto e andiamo. Tu intanto avverti Elena, che venga a sostituirmi con i bambini. Deve essere in cucina e di' a Teresa che portasse le ceste.»
I bambini intanto cominciarono a giocare a rincorrersi, cercando di fare meno baccano possibile. Ma a poco a poco dimenticarono del tutto i buoni propositi e presero a scorrazzare senza ritegno intorno al tavolo di lavoro di don Antonio.
Alcuni di loro afferrarono delle sedie e la trascinarono verso una delle pareti con l'intento di nascondercisi dietro.
Si, perché nel frattempo il gioco di rincorrersi, si era trasformato in nascondino. Per parlarsi e sentirsi i personaggi sul palco erano ormai costretti ad alzare la voce.
Don Antonio non sapeva più dove guardare per cercare di capire chi fosse il capobanda, che aveva orchestrato quel parapiglia.
Infine esasperato dall'impossibilità di tenere a freno i monelli, calò sul tavolo un pugnone che fece vibrare le assi del palcoscenico, emise anche un urlaccio di cui mai l'avresti ritenuto capace.
Ammutolirono tutti, pubblico compreso. Infine Maria anche se intimorita riuscì a dire:
«Don Antonio, Elena è in cucina, con Teresa. Vado ad aiutarle a riempire le ceste. Poi, se volete, possiamo andare a Mauro.»
«I bambini di tanto in tanto mi fanno ammattire...» Tentò di giustificarsi don Antonio affranto.
«È meglio se andiamo, si!»
Esalò, dirigendosi all'appendiabiti opportunamente posto in un angolo della sala musica. Aveva appena finito di recuperare cappotto e cappello, che Maria riapparve sul palco con Sisina, zia Isabella,Teresa, Elena e le ceste.
«Davanti alla chiesa abbiamo lasciato la carriola di mamma, » disse, sorridendo a sua suocera, «l'abbiamo usata per portare le nostre ceste qua.
La riprendiamo al ritorno.»
Concluse, mentre don Antonio assentiva e diceva per la seconda volta:
«Allora andiamo. Certo la carriola sarebbe utile a Mauro, per andare da una casa all'altra, ma noi non c'entriamo nella giardinetta insieme alla carriola e allora portiamo Michele. Io e Michele andiamo avanti e voi tre dietro.»
Disse rivolto a Maria, a Sisina e a zia Isabella.
«Mi sembra la sistemazione migliore. Passiamo in chiesa e chiediamo a Michele di venire con noi, così ci dà una mano.»
Uscirono.Decima scena
Sul palco rimase Elena.
«E ora a noi.»
Disse rivolta ai bambini, mentre si metteva alla pianola.
«Tutti davanti a me, i più piccoli in prima fila, i più grandi dietro.
Ricordate cosa abbiamo cantato l'ultima volta che ci siamo visti?»
«Sììììììì !» Gridarono tutti in coro.
«Stop, basta così! » Ordinò.
I bambini quel giorno erano nella sala musica per provare le canzoni natalizie e infatti Elena Cataldo la professoressa di musica presa in prestito da don Antonio dalla scuola media locale, cominciò a suonare
"Tu scendi dalle stelle", dando subito dopo con la mano l'attacco al coro. La dolce melodia si propagò nella grande sala, evocando l'atmosfera natalizia, passata in realtà, ma ancora in divenire nella storia rappresentata sul palco.
La discrepanza tra realtà e rappresentazione teatrale realizzò uno sensazione di straniamento, che portò tutti i presenti in un'atmosfera di sogno. L'applauso si levò in netto contrasto con l'aria cantata, spezzando la soavità del momento e riportando alla visione reale di sapienti fanciulli impegnati nel canto.
«Cosa vogliamo cantare ora bambini?» Chiese Elena.
«Nel blu dipinto di blu!»
Gridò uno scolaro di seconda elementare.
«No! La pappa col pomodoro!» Protestò un altro appena più grande del primo e forse un po' affamato.
Si formarono nel coro vari sottocori. Ognuno pretendeva di cantare la canzone preferita.
«Facciamo così,» disse Elena,
«le cantiamo tutt'e due. Che ne dite?»
Tutti fecero di si, alzando e abbassando la testa.
Elena riprese a suonare e il coro a cantare "Nel blu dipinto di blu" e poi
"La pappa col pomodoro". Seguirono altri applausi e mentre questi andavano smorzandosi, rientrarono sul palco l'arciprete, le sue aiutanti e Michele il sagrestano, tutti di ritorno dalla visita prenatalizia ai poveri.
«I bambini sono stati buoni?»
Chiese don Antonio ad Elena.
«Hanno cantato tutto il tempo.»
«Bravi! Grazie Elena. Ora, bambini, andate in cucina da Teresa per la merenda.»
«Sììììììì!» Rispose il coro, esprimendosi all'unisono anche nel parlato.
«Mariù, andiamo a casa noi, siamo un po' stanche.»
Era Sisina che parlava anche a nome di zia Isabella.
«Vengo pure io. Pinuccio è a casa con Totò e...»
Intervenne Maria, mentre si apriva la porta di cucina ed entrava Pinuccio con Totò in braccio.
«Buona sera a tutti!»
«Pinù, proprio a te stavo nominando.
Totò, vieni da mamma!»
Totò, vedendo sua madre, fece andare la boccuccia da un orecchio all'altro, gorgogliando qualche cosa insieme ad una certa quantità di bolle.
«Ha pianto?»
«Macchè! Ha dormito sempre. Poi si è svegliato, gli ho dato il biberon che mi hai lasciato pronto e dopo si è messo a dormire nata vota.»
«Gli hai fatto fare il ruttino?»
«Certo!»
Intanto tutti, inteneriti avevano circondato Maria con il bebè. La nonna volle prenderlo in braccio e mentre Teresa gli sistemava la copertina in cui era avvolto, Don Antonio comunicò con tono solenne ai presenti, che si doveva celebrarne il battesimo. Si mise quindi a vezzeggiarlo con una sorta di cantilena chiedendogli:
«Ma come ti chiami, tu, eh?
Ti chiami Totò. Vero che ti chiami Totò come don Antonio tuo?» Sentendo così, Maria dette una piccola gomitata a Pinuccio:
«Hai sentito don Antonio?»
«Si,» rispose il marito, «ma lassàme sta'. Meghie ca' non sape, che Totò si chiama Salvatore come mio padre.»
Fu allora che Totò cominciò a sbadigliare, accennò qualche risatina e infine sbattendo gli occhi fece:
«Hììììì», una specie di timido pianto con movimenti della testolina a destra e a manca, come se cercasse qualcuno.
Gli adulti intorno si allarmarono un po' e ancora di più, quando Totò urlando fece:«Whamm!»
Prese aria e poi di nuovo: «Whamm!»
Maria si precipitò, tolse il bambino dalle braccia della suocera e disse allarmata:
«Non possiamo stare più qua. Mamma, zia Isabella, andiamo!»
Le signore dunque salutarono e uscirono. Elena si unì a loro. Teresa tornò in cucina.
«Maria, mi fermo un po' con don Antonio. Ci vediamo dopo.»
Disse Pinuccio.
«Va bene!» Rispose sua moglie.
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È SEMPRE INSOLITO IL LUOGO DEL DELITTO
General FictionSerie in corso La storia copre un arco temporale di cinque anni, dal 1967 al 1971 e segue le vicende di un gruppo di ragazze di provincia, che per frequentare le scuole superiori diventano ospiti di un collegio di suore.