NONO CAPITOLO

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      Quattordicesima scena

«Che è successo? Chi è venuto a chiamarmi ha parlato di un incidente. Chi è il paziente o i pazienti?»
Domandò Di Gese tra uno sbuffo di fumo e l'altro.
«Buona sera dottore, vi ho mandato a chiamare perché, Ettore Serra, che forse conoscerete, è caduto e ha battuto la testa sul pavimento. Si sente un po' intontito... »
«Conosco Ettore, ho fatto nascere i suoi figli.»
Poi rivolto all'infortunato:
«Come ti senti?»
«Mah, non sacce dottò!
«Ora vediamo.»
Così dicendo il medico ispezionò il cuoio capelluto di Ettore e infine disse:
«Sì, c'è un bernoccolo in corrispondenza dell'osso occipitale, sulla nuca cioè, ma il cuoio capelluto è integro. Sentite, Ettore, ora ve ne tornate a casa.»
Poi rivolto ai presenti chiese:
«A proposito, c'è chi lo può accompagnare?»
«Senz'altro! Ci pensa Michele,
il mio sagrestano.»
«Va bene! E voi, Ettore, una volta a casa mettetevi a letto e se vi viene da vomitare mandatemi a chiamare subito.»
«Dottor Di Gese, domani manderò Michele allo studio per l'onorario che vi devo.»
Disse don Antonio.
«Grazie, ma non c'è premura.»
Puntualizzò Di Gese e augurando buon sera, sparì oltre la porta, lasciando nella stanza odore di Marlboro.

      Quindicesima scena

«Per cortesia, Michele, accompagna Ettore a casa e riferisci quello che è successo alla moglie, con la raccomandazione del medico che si mettesse subito a letto.»
Michele, sostenendo Ettore Serra lo portò verso l'uscita per accompagnarlo alla sua abitazione.
«Ora torniamo a noi e a ciò di cui stavamo discutendo.
Siamo arrivati al punto in cui tu, Matteo, mi hai chiesto di parlare da solo con me e io ti ho detto che non è possibile.
Se parli da solo con me, ti potresti appellare al segreto confessionale e invece ci devono essere testimoni, mentre riferisci come si sono svolti i fatti di cui stiamo discutendo. Serve una relazione di quello che viene detto qui e la farà Pinuccio. Io la conserverò insieme alle prove raccolte, perché in caso di recidiva, devi sapere e poi lo dirò anche ad Ettore, che la consegnerò a chi di dovere. Anzi consegnerò una copia di tutto nelle mani del vescovo a cui spiegherò l'intera vicenda con la raccomandazione di procedere secondo legge, se a me o a Pinuccio o a Michele dovesse succedere qualcosa. Se ti vuoi confessare lo puoi sempre fare con don Egidio, ma dopo, dopo che avrai finito di dare spiegazioni. Allora, Matteo, raccontaci tutto, non temere, nessuno di noi ti giudica. Puoi parlare come se fossi da solo. «Coraggio!»
«Ecco, vui canuscite a Nina, quella bella che sta a Mauro?»
«Si, la vedo la domenica, quando vado a Mauro per dire la Messa nella chiesa del quartiere.»
«I genitori so' morti. Tiene un pezzo di terra dietro la casetta dove sta. Pianta qualunque cosa e ha fatto un orticello.
C'ha pure una capra, Benedetta si chiama la capra e le galline c'hanno pure loro il nome. Vende le uova e le verdure al mercato e la ricotta e il formaggio che fa col latte di Benedetta. Io ho saputo che il padrone di casa la minaccia, appena non paga l'affitto. Ho saputo che la vuole e perciò si presenta da Nina tutte le volte che gli viene in mente.
Lei spranga la porta di notte da quando quello schifoso è andato la sera tarda a bussà con prepotenza pe' se fa aprì.
Di giorno Nina come pote fà a sta' chiusa 'nda a casa? Tiene la capra e le galline da guverna' e l'orto da zappa' .
Mia zia Giulia la conosce da quando i genitori suoi erano ancora vivi.
Poi quando so' morti, mia zia l'ha fatta stare pe iella, finché non si è ripresa. Nina l'aiutava a fà i servizi e mia zia le dava pure un po' di soldi.
Poi se n'è tornata a casa sua e ha cominciato a mantenersi, come v'agge ditte con la capra, le galline e l'orto.
Se non che, s'ane arrubate 'a capra.
La disperazione si prese a Nina. Non mangiava.
Vulia murì. A mia zia Giulia,
che un giorno andò a trovarla, si presentò sciupata e accussì arresa ca' quasi non si muoveva più. Cercò di convincerla a stare nata vote co' lei, ma Nina non ne volle sapere e allora zia Giulia pensò a quando Pinuccio scoprì, piché tutt'o notte si sentivano rumori nell'armadio suo e pensò che forse poteva trovare anche a Benedetta. Mi mandò a chiamare e insieme andammo da Nina e fu accusì c'aggia canusciuta e non ho potuto fare a meno di l'aiutà.
L'intenzione mia era di le dà i soldi pe' tirà avanti, ma non sapevo come fa' a dice sta cosa, accussì gia ditte e basta.
Iella rimanue pe l'uocchi fissi, scuri come na tempesta e po' ha detto no. Se n'è andata verso la finestra e non s'è chiù girata.
Io so' scappato. A notte non 'ge chiuse uocchie e po' pure late notte. Pensavo sempre a Nina, che viveva in quelle condizioni e non vulìa nemmeno l'aiuto di mia zia. Pensavo sempre a nu sistema pe' l'aiutà e a furia di pensa',
m'è venuto in mente quello che fate voi, don Antò, quando andate a Mauro a Natale e pure altre volte, con i cesti a portare da mangiare a chi ha bisogno.
Ma io con l'azienda non guadagno abbastanza ca me pozze permette di regalà nu milione e accusì ho pensato ai furti.
Ecco, questo è tutto. Volevo che Nina almeno a Natale stava un po' meglio, senza che deve dire grazie a me. Pinuccio poi ha pure trovato Benedetta e Nina è rifiorita.
Pinu', ndò l'hai truvata a Benedetta?»
«Ndò l'ho trovata? Stava ai Pizzilli 'nta nu recinto in fondo a n'uorto.
Nina mi aveva detto, che Benedetta tiene na campana al collo; dentro la campana c'è scritto "N e B". Quando ho trovato la capra, ho guardato dentro la campana ed ho trovato "N e B".»
«E di chi era l'orto?»
«Di Quannemmai, quello che dicono, che fa il masciaro.
Ma o sapite ca cusse è stato messo sop'a copertina di Epoca?
«U giurnale?»
Fecero in coro Matteo e anche don Antonio a cui scappò la stessa frase in dialetto.
«Quannemmai sop'u giurnale?»
«E già! Non ci potevo credere, stava là con quella faccia di quercia vecchia, gli occhi che parene, che t'hanna trapasà e i capelli che non vedono u pettine da quando è nato. Per tornà a Benedetta: lui non c'era nell'orto, 'ge pighiate a capra, me la so' portata e 'gia lassate a casa sua, da Nina.»
«Ah, uvì, ca' tutte torna? Quannemmai è il padrone di casa di Nina.
L'ava arrubata ille a capra,
p'impedì a Minuccia di paga' l'affitto e p'avè a scusa da ricattà.»
«Nina nun m'ha ditte niente di tutte 'sti cose.»
Rispose Pinuccio piuttosto alterato.
«Si avesse sapute, li dicevo io due parole a quel disgraziato!»
Intanto don Antonio con un'espressione di profondo disgusto sulla faccia non faceva che ripetere:
«Ma tu guarda, ma tu guarda!»
E appena Pinuccio e Matteo smisero di parlare, continuò:
«Non solo, questo Quannemmai prende in giro la gente alla buona con le sue presunte magie, si mette pure a perseguitare le donne sole.
Mo', mo' ! Appena finiamo questa storia con te, parlo con lui e con la moglie. So che ce l'ha.»
«No, don Antonio! Ci avevo pensato pure io, ma la moglie lassatela stà, non si mette contro il marito, se no guai a lei!
Anzi sapite che fa? Va da Nina, a pighie e... Non pozze dice che li face.»
«No, no! Dimmi pure, che faccio passare un brutto quarto d'ora pure a lei, che permette al marito di comportarsi senza coscienza.
Allora siamo intesi, Matteo? Niente più furti e qui davanti a me firmerai un documento dove ti impegni a restituire il mal tolto ai commercianti che hai derubato. Consegnerai loro il denaro alla presenza mia e di Pinuccio.»
«Ma non li tengo chiù chille soldi, da ndò li pighie pe le restituì?»
«Domani torni qui e ci pensiamo a come fare. Per oggi basta.
Te ne vai a casa a dormire e domani vediamo come meglio concludere questa storia penosa.»

È SEMPRE INSOLITO IL LUOGO DEL DELITTO Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora