Capitolo 8

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                       Mikasa

Pieck mi è alle costole mentre mi precipito su per le scale, facendomi largo tra braccia, gambe e capelli che sembrano accatastati alla rinfusa sui gradini. Tutti siamo scattati dalle poltroncine e ci siamo assiepati tra gli scalini e il corridorio, senza intenzione di uscire dalla sala, anzi. Ma chi ha voglia di tornare in aula dove ci aspetta quasi certamente un'immediata verifica?
《Ma dove vai?》mi domanda Pieck, concitata.《Aspettami!》Non le rispondo, continuo ad avvicinarmi a quel codino spettinato rimasto al suo posto, al centro dell'eccitazione dei compagni che gli sorridono, gli poggiano una mano sulla spalla e fingono di sferrargli un pugno sul braccio come si fa con una specie di eroe, uno che ha appena risolto una partita noiosa e prevedibilmente persa con il guizzo di fantasia di un gol inaspettato. Sembra molto alterato, probabilmente per la discussione tenuta con l'ospite.
Vorrei parlargli ma mi rendo conto di essere in mezzo a molte persone per potergli parlare, e che tutto il percorso di guerra che ho fatto fin qui, insinuandomi tra corpi, scivolando quasi a terra, salendo in  ginocchio gli ultimi due gradini, l'ho fatto d'impulso. L'ho fatto sospinta da quella sensazione di brivido che la sua spavalderia ha trasmesso a tutta la platea, tra ammirazione e invidia per quella gran faccia tosta. Di certo non ha peli sulla lingua, io non sarei mai riuscita a contraddire le idee di una che è venuta proprio per parlare di quello. Mi sentirei estremamente in imbarazzo, e poi mi farebbe pena. Ma soprattutto, sin dall'inzio, è stata la sua voce ad ammaliarmi, come il canto di una sirena. Ora che sono vicinissima a lui, in mezzo al gruppo di ragazzi più grandi, tutta la mia sfrontatezza si sgonfia e mi attacco al braccio di Pieck. Scoppia subito a ridere ed io le do corda per fugare il senso di vergogna, ma nessuno sembra farci caso: Come al solito , i ragazzi delle ultime classi mi guardano per il mio modo di vestire ma non accennano a una sola parola.
《Conviene che ce ne andiamo da qui》mi consiglia Pieck ed io le do corda. Quando mi giro sbatto contro il petto possente di qualcuno. Alzo il capo per vedere il ragazzo, è lo stesso con cui mi sono scontrata alla festa.
《Stavolta dovevi stare più attento tu.》gli faccio notare scocciata.
《Cristo, non ti ho vista ok?》mi sbraita contro ma poi riceve una gomitata da un suo compagno lentigginoso.《Mi dispiace starò più attento》dice dopo un lungo sospiro.
《Ah ciao Marco, ciao Jean, vedo che vi conoscete già》li saluta la corvina.
《Solo per caso》specifica il biondo scuro.
Jean, allora è questo il tuo nome.
Dopo attimi di silenzio i professori ci richiamano dicendo che non avremmo avuto lezione, tanto mancava solo un'ora per cui potevamo uscire prima.
Immediatamente la sala si riempie di urla di gioia.
Vedo Eren allontanarsi per primo per cui prendo Pieck per il polso e mi scaravento fuori dall'uscita non facendo caso alle urla della corvina.
《Si può sapere cosa stai facendo? Non vorrai mica seguirlo?》strida cercando di liberarsi dalla mia presa ma invano.
《Mi leggi nel pensiero Pieck》sussurro.
《E perché devo venire anch'io?》 Mi domanda aspramente?
《Perché non voglio stare sola, ti offro la cena questa sera》dico sbuffando.
《Mi basta solo che dai un pugno a Galliard fuori scuola dirgli che sono una persona stupenda》dice seguendo finalmente il mio passo.
《Quello che vuoi, basta che ora non mi lasci sola》

Ebbene sì stiamo seguendo Eren a distanza ravvicinata, con un metodo da investigatore principiante. Quando lui si volta, per motivi che pungono la mia gelosia, e cioè per guardare qualche ragazza, ci nascondiamo rapide dietro un'edicola oppure giriamo le spalle, fingendo di fissare una vetrina. Lui poi cammina velocissimo, le cuffie sulle orecchie. Non può immaginare di essere pedinato. E comunque sì, mi piace anche guardarlo camminare. Ha una falcata leggera e sicura, e procede dritto, con le spalle aperte, la testa sollevata. Mi piacerebbe vederlo venire verso di me, così regale, invece che stargli alle calcagna come un cagnolino.
《Stiamo facendo una cosa assurda, e poi non gliene frega un cazzo di chi ha davanti, fa quasi paura》sussurra la ragazza al mio fianco.
Si, cammina sempre come se fosse lui solo al mondo, ignaro dei passanti, delle mamme con i passeggini e della gente con la spesa. Sono loro a farsi da parte, anziché lui. E questo mi piace ma mi fa un po' rabbia: sembra un treno che va sul suo binario, al suono di chissà quale musica a tutta manetta. Potessi avvicinarmi,  chiedergli "Scusa, che ascolti? probabilmente ascolta Eminem, anzi ne sono sicura, ma non centra. Per ora m'interessa sapere solo dove abita, magari scopro che abita anche vicino a me. Ha fatto tutta la strada a piedi senza usare il tram e gliene sono grata, ci ha risparmiato la fatica di seguirlo che ingenuo.
Ad un certo punto si avvicina a un portone ed entra dentro l'edificio. Osservo i balconi. Uno di quelli deve essere suo.
《Appena ti arrampichi ti cavo gli occhi》mi minaccia la mia amica col fiatone.
《Non è lontano da casa mia, riconosco la strada》continua dopo essersi ripresa.
《Va bene, allora non ti dispiace se mi fermo da te?》le chiedo speranzosa di una risposta positiva.
《Certo, andiamo, ah e non farmi fare mai più una cosa del genere chiaro?》mi raccomanda puntandomi un dito contro.

《Chiarissimo》dico sorridendo e ricominciando a camminare.

Angolo Autrice.

-vi continuiamo a dire che l'argomento trattato in auditorium è stato preso da un libro che abbiamo letto, per cui se non avete capito bene quella parte lì scriveteci in privato e noi vi spiegheremo il tutto.
Quindi l'argomento non proviene per niente dalla nostra testolina quindi bye

&𝑢𝑝ℎ𝑜𝑟𝑖𝑎 •𝐸𝑟𝑒𝑚𝑖𝑘𝑎•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora