Capitolo I

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La ragazza misteriosa

Era notte, lui sognava ancora, gli piaceva sognare e per questo motivo dormiva spesso; si chiamava Davee, un ragazzo semplice, come tutti gli altri d'altronde, alto, magro con gli occhi azzurri pieni di giovinezza. Un ragazzo che con il suo semplice sorriso, abbracciava tutto il mondo. Certo! Lui amava il mondo intero, amava le persone, soprattutto una ragazza; anzi, forse quel mondo che lui amava, era proprio quella ragazza. Si chiamava Sarah, una ragazza meravigliosa...lo faceva impazzire, era il suo sogno, il più bello. La intravedeva sempre dalla piccola finestra della sua stanza, che si affacciava sul parco, mentre lei passeggiava. Era primavera quando la vide per la prima volta, seduta su una panchina di quel parco, circondata da migliaia di fiori, tulipani gialli, margherite e rose rosse. Lei aveva una rosa in mano, bellissime entrambe, così vive, così intense.
<<Forse le piacevano le rose.>> penso Davee.
Anche a lui piacevano molto, e sapeva bene il perché; una rosa non è fatta soltanto di petali, ma anche di spine. Tutte le cose erano così per lui, un'emozione, una persona, un sentimento. Come una rosa. Delicata se l'accarezzi e dolorosa se la stringi... lo era anche Sarah. Davee dormiva ancora, quando squillò il telefono. Erano le dieci passate e non c'era nessuno in casa, era solo. Dimenticò di dover uscire con gli amici e per lui era comprensibile; sognare era più importante. Si svegliò immerso nei pensieri, nella profondità dei suoi sogni. Era ancora stanco, lo si vedeva bene! Si lavò la faccia, prese un caffè di fretta e uscì di casa. Faceva un po' freddo per i suoi gusti, però lui lo adorava, aveva qualcosa di interessante; forse perché il freddo spinge le persone ad abbracciarsi di più:
<< Un abbraccio, è di questo che hanno bisogno le persone -disse Davee-. Talvolta la gente ti guarda e pensa chissà cosa tu voglia, quando in realtà si ha bisogno soltanto di un forte abbraccio.>>
Scese le scale di casa sua e vide il parco, era vuoto, lei non c'era e si sentiva anche lui così. Vuoto. Sperava di trovarla lì, a giocare con le sue paure. Poi iniziò a camminare, con i pensieri nelle scarpe, le strade piene di gente, madri con i propri figli, di lavoratori provati dalla monotonia, di avvocati, di pensionati e di gente come lui, come Davee. Nonostante tutte quelle persone, quei volti e quelle parole, si sentiva solo, estraneo al mondo; non aveva luogo, però voleva diventare la destinazione. Lui era così, il dubbio l'affascinava, lo faceva sentire più vivo.
<<Cammino un po', così mi distraggo. Maledetti pensieri!>>
Incominciò a camminare, senza badare troppo a ciò che la mente gli comunicava. Il freddo si faceva più intenso, erano passate delle ore da quando uscì di casa e non se n'era accorto, come se il tempo avesse deciso di fermarsi solo per lui. Non sapeva cosa fosse il tempo, non lo conosceva. Lo definiva "Tiranno della Vita." Ed era proprio il tempo che gli mancava:
<<Siamo fatti di tempo, di lancette che scorrono, di stagioni che cambiano e di amori incancellabili.>> pensò Davee.
Ecco! Aveva pensato di nuovo. Voleva smettere, ma non ci riusciva proprio, era più forte di lui, eppure non ne poteva fare a meno. Sembrava che tutti i suoi pensieri volessero uscir fuori e urlare, perché dentro, c'era troppo silenzio; voleva, ma non poteva. Tentava, ma falliva... non era quello il modo giusto per farlo, a volte anche il vento sa essere silenzioso. Si era fatto tardi, il sole stava tramontando oltre le distese dell'orizzonte, c'era la luna, così bianca e così soffice nel complesso disegno della notte. <<Conosco quest'attimo! È l'atmosfera squisita.>>
Davee sapeva bene che stava calando la notte, la sua adorata culla. Aveva camminato a lungo ed era stanco, però non ritornò a casa, ma si sedette su una panchina di quel parco, a due passi dal suo appartamento. Non c'era nessuno, oltre lui, con i sogni negli occhi e le favole nelle mani: <<Sono stanco, mi riposo un po', -pensò davee- ho bisogno di sognare.>>
Chiuse gli occhi e si addormentò. Ora era lui il regista della sua vita, non più lo squallido attore del giorno; con i sogni, lui, poteva tutto. Sognava di essere un piccola rondine nera con delle striature bianche, sentiva di esserlo davvero, non voleva smettere:
<<Gli uomini hanno bisogno di volare, di stringere tra le braccia quel pezzo di cielo, per poter desiderare di nuovo la terra.>>
Davee e i sogni erano fatti così, era lo loro bellissima storia, lui voleva iniziarli sempre e loro sembravano non finire mai.
<<Ehi! -esclamò una voce femminile- Cosa ci fai qui a quest'ora?>>
Davee sobbalzò dalla paura, tuttavia sembrava essere meravigliato, era Sarah.
<<Mi posso sedere qui? È il mio posto preferito.>>
Lui lo sapeva, era come un tempio per lei, in cui poter riflettere, in cui potersi rifugiare; non l'aveva fatto apposta a sedersi proprio lì, non gli sembrava vero.
<<Certo, puoi sederti qui.>>
Gli mancava il fiato, lei era stupenda e lui spacciato.
<<Cosa ci fai qui?>>
<<Ero stanco e avevo bisogno di poter chiudere gli occhi alle finestre del mondo.>>
Sarah non disse nulla, neanche lui, c'era qualcosa tra di loro, lasciavano parlare l'espressione degli occhi e le loro anime riuscivano a guardarsi; non facevano rumore fuori, ma dentro di loro, stava avvenendo la più grande esplosione di tutti i tempi. Si conoscevano già, si toccavano senza abbracciarsi, si ascoltavano senza parlarsi.
<<Ora devo andare, si è fatto tardi per me. Mi chiamo Sarah, piacere di averti conosciuto.>>
Gli porse la mano.
<<Piacere, mi chiamo Davee.>>
Non riuscì a dire altro, era imbarazzato, voleva scappare, lei se ne andò ma lui si intrattenne lì ancora qualche minuto, poi ritornò a casa. Non faceva altro che pensare a quell'incontro, a Sarah. Era nel letto, fissava il soffitto vuoto e riviveva quegli attimi, ancora vividi, impressi nella sua mente... li ricordava.
<< È vero, gli attimi sono sfuggevoli, e i suoi ricordi sono indelebili. -pensò Davee- Eppure lei mi stregava, sapeva come farlo, ci riusciva con gli occhi, con il suo sorriso e la sua semplicità... E io? Io ero lì, che mi facevo stregare! Non che io non volessi, ma era più forte di me.>>
Si abbandonò alla dolce culla del silenzio.
Quella notte non riuscì a chiudere occhio, sentiva un enorme peso sullo stomaco, qualcosa lo teneva sveglio, non gli permetteva di sognare e per lui era come morire.
<<Devo dormire, ne ho davvero bisogno.>>
La notte stava finendo, i pensieri lo accompagnavano per mano e il cuore lo portava a destinazione, riuscì finalmente a chiudere gli occhi. Era maledettamente felice! Ebbe inizio lo spettacolo, si alzò il sipario della sua anima; gli si chiuse la mente e gli si aprì il cuore. Dormì per alcune ore, quando un bagliore spezzò quella bellissima illusione di solitudine, era giorno e c'era il sole, lo odiava. Involontariamente ripensò a Sarah, proprio così!

I sogni: Il rumore del silenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora