Jazz. Whisky. Gin lemon, tre cubetti di ghiaccio tondi, mi raccomando. No, non li voglio quadrati. Ho detto tondi. La ringrazio. Sa che ha degli occhi incantevoli? Sì, dico sul serio. Nerissimi, fanno da sfondo alle luci neon del bar che vengono riflesse in essi. Sì, dico sul serio. Mi prende per uno che mente, uno che gioca coi sentimenti delle ragazze? Perché si sta arrabbiando? No la prego, mi ascolti. Non sono qui per fare lo stronzo e sparlare alla caso. Mi senta. Sono le due di notte. Un taxi giallo di merda, sporco, guidato da un sudicio indiano stanco di guidare tutta la giornata di merda, mi ha portato qui. In questo bar, sì. Sì, io ho solo detto "Voglio bere qualcosa. Giornata di merda." Allora mi ha capito. Ha pensato, io e questo pezzo di merda siamo uguali. Sudici pezzi di merda che hanno appena finito il loro turno di merda. Allora lo porto in quel bar, sì, illuminato da luci neon viola e blu e rosse. "Rouge"... penso di chiami così. Lo porto lì, si beve qualche bicchiere di gin, seduto rigorosamente al bancone e poi se ne torna a casa dopo un'oretta o due. Ma che lavoro fa, questo qui? Quel suo cappotto beige, chiuso da due bottoni, copre i vestiti sotto. Avrà indosso giacca e cravatta? Camicia bianca, aperta sul petto e maniche raccolte ai gomiti? Maglia nera con macchie di unto? Ma che importa a me. Io sono solo un sudicio taxista. Devo portare avanti, dietro, destra e sinistra la gente. Ora sui sedili dietro al mio ci sta questo qui. Ieri sera, all'una e mezza, è salita una coppia. Lei, capelli biondi, liscissimi e lunghissimi; lui, barba curata e capelli neri raccolti in un codino. Jeans, maglia bianca lui e canottiera lei. Non indossava il reggiseno, fuori fa freddo, ha i capezzoli duri.
Mi dicono il posto. Non mi salutano. In quel momento esistono solo loro due, nel loro mondo di fantasie di chissà qual senso. Iniziano a toccarsi, lui le accarezza le cosce e i fianchi, la tira a sé; lei gli mette le mani nei capelli, ride.
Dieci minuti, inizia a piovere, arrivo a destinazione. Lasciano i soldi sui sedili, loro si volatizzano fuori, sento le loro risate ovattate dalla macchina che mi protegge dal freddo e dalla pioggia. Ora mi sento intristito. La malinconia penetra nelle mie ossa. Metto un po' di musica; parte Miles Davis, Rosetta era? E poi parto ancora, a portare a destra, sinistra, avanti e dietro la gente...
Oh, sta sorridendo. Ha un sorriso delicato. Mi piace. Sa, penso di essermi innamorato di lei. Oh sì, rida ancora! È il suono cristallino che i morti odono in Paradiso. Però sono serio. Mi sono innamorato. Sarà stato il gin? Ma lei, piuttosto, cosa ci fa sveglia di notte? La notte è il mondo degli animali. Sì, tutti gli animali sono svegli di notte. Lei deve stare attenta a noi animali. Sì, perché anche io sono un animale, la notte è il mio giorno e il giorno è la mia notte. Certo, lavoro di giorno per vivere, per mangiare, per pagare le tasse. Qualche anno fa, è imbarazzante ma voglio essere sincero con lei, andavo a prostitute. Sono divorziato. Mi sono divorziato qualche anno fa. E ho cominciato a sentire la mancanza del calore della donna. Non solo il sesso. Ma la vicinanza delle nostri carni nude, un po' ruvide, un po' di peluria sopra.
La mia donna passata portava le unghie lunghe, rosse, graffianti. Mi accarezzava la schiena, e io provavo brividi di paura. Sì, in quei momenti dolci per lei, salati per me, mi sentivo piccolo in confronto a lei. Avrebbe potuto ferirmi, con quelle unghie. Avrebbe potuto graffiarmi, scorticare la mia pelle e uccidermi. Invece no. Mi toccava con così tanta delicatezza da spaventarmi. Me la meritavo, la sua delicatezza? Tra tutti gli uomini che avevano incrociato la sua vita, in quel momento, in quella realtà, in quel presente passato, io mi trovavo lì, con la mia testa poggiata al suo nudo petto, a sentire i battuti del cuore che mi dicevano "È viva, calda, morbida e magra", con le unghie che mi accarezzavano la schiena con motivi circolari.
Poi ci siamo lasciati. Non me la sono presa. Semplicemente la cosa non funzionava più, può capitare. Sono cose che succedono. Dopo un mese dal divorzio ci sentivamo ancora, via lettera. Come va, che fai, sapete, le basi dell'educazione umana, domande per tenere vivo un rapporto. Ma non parlammo mai dei nostri sentimenti più profondi, non ci aprivano come, il paragone fa ridere ma tanto per intenderci, la lattuga, che devi togliere le foglie una ad una per arrivare al nucleo, al centro duro. Ecco, mai. Mai. Mai una sola volta parlammo del dolore del divorzio, dell'abbandono, della mancanza di calore. Mai le confessai, che, nonostante non abbia pianto una sola volta per il suo abbandono, le sue unghie mi mancavano così tanto da andare a prostitute per farmi accarezzare, e graffiare in alcuni casi, la schiena. Poi abbiamo smesso di sentirci quando lei s'è sposata. Il nostro capitolo era finito e pure l'epilogo.
Be'; avevo le prostitute con le loro carezze e il loro calore a consolarmi.
Sì, ero entrato in un circolo monotono, in un tempo morto, appassito. Lavoravo, lavoravo per ore, poi una volta finito il lavoro sperperavo i soldi in prostitute. E sa qual è la cosa che mi turba tuttora? È che io non pensavo a nulla. Non scherzo affatto. Forse lei ritiene, ma non solo lei, s'intende, che il pensar nulla sia pensar a qualcosa di inutile, di effimero. Un pensiero che passa velocemente, che non s'imprime nella mente. Invece io non pensavo a nulla, vuoto assoluto, totale. Bianco, nero, come vuole immaginarselo lei. Infatti se provasse a chiedermi di raccontare nel dettaglio la mia giornata, di raccontare le mie emozioni e le mie sensazioni, non saprei risponderle.
Ma io, a che pensavo?
Senta, mi da altro gin?
Ora sono ubriaco. Lo sento l'alcool fluire nel sangue. Ma lei è sempre più bella e io sempre più animale. Ah, il discorso sugli animali della notte.
Sì, io sono un animale. La...la, la vede la gente fuori, la sente? Rumori, suoni animaleschi. Dovrebbe tornare a casa alle dodici e zero zero; come Cenerentola.
Deve evitare di entrare in contatto con questa, la mia, razza.
Drogati, ubriachi, prostitute, malati di sesso, taxisti, malinconici, insonni, depressi, artisti e lavoratori, tutti coloro che la società diurna considera reietti, spazzatura. Quelli e quelle che non meritano nulla.
Meritano solo la notte, dove possono essere liberi di mostrare la loro vera e aberrante natura. Chiazze di vomito di adolescenti troppo ubriachi, mozziconi di sigarette e canne calpestati, pozzanghere infangate e strade bagnate e petricore nell'aria. Una coppia, in chissà quale appartamento, litiga e urla e strilla.
Si accendono le luci neon a batteria e i bar si aprono ad accoglierci. Lei mi ha accolto. Ringrazio quel mio amico taxista per avermi compreso e per avermi portato qui da lei, dai suoi occhi neri e al suo delicato sorriso. E io, mi sono innamorato.
Gliel'ho già detto, di essermi innamorato di lei? Ah sì? Mi scusi se sono ripetitivo. Ah, e lei ride ancora. Mi piace. Mi piaci.
Senta, le va un bicchiere di gin? Le va poi di starmi accanto, sotto l'ombrello rosso, in mezzo agli animali? Mi stia accanto, ve ne prego.
Grazie per il gin. Saluti a pioggia. Cin Cin.
Jazz, whisky, gin lemon con tre cubetti tondi. E lei, è qui accanto a me.
Quanto ringrazio il mio amico taxista!
Mi sono innamorato.
E lei sta ridendo ancor...
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animali di notte
PoezjaSono al bar, lei mi posa davanti un bicchiere di gin. Lei è bellissima. Sono le due di notte, penso. Non lo so, il tempo è un concetto umano e io lo sto sprecando a guardare lei, la bellezza in mezzo allo schifo della notte.