Capitolo 2

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Quel giorno mi svegliai molto presto. Il sole non era ancora sorto, e la città era ancora silenziosa.

Presi il telefono e decisi di farmi un po' i cazzi degli altri attraverso Facebook, Twitter e altri social media.
Non avevo voglia di andare a scuola, ero già stanca. Avevo appena iniziato il terzo anno e già mi stavo deprimendo.
Sono sempre stata una ragazza studiosa, o almeno i miei voti erano nella media. Quest'anno avevo perso l'interesse. Non ero contenta di quello che stavo facendo.
Io volevo fare musica.
Io me lo sentivo. Il mio cuore era una canzone, non una lingua straniera.
Non che l'indirizzo linguistico non mi piacesse, ma stavo cominciando a capire che forse quella non ero pienamente io. Solo che, chi avrebbe avuto il coraggio di dirlo a mia madre?
Per lei sarebbe stato quasi un disonore. Povera donna, cos'ha fatto per meritarsi una come me?

Mi misi a guardare fuori dalla finestra il sole che sorgeva.
Era uno spettacolo.
Il cielo non era limpido, c'era qualche nuvoletta quasi sbiadita che vagava.

Sentii la porta della mia stanza aprirsi.
- Ciao tesoro - la voce roca di mio padre mi fece sobbalzare.
- Papà! - risposi andandogli incontro per abbracciarlo.

Mio padre era il mio eroe. La mia persona preferita in assoluto. Non c'era quasi mai perché era sempre fuori per lavoro, ma quando tornava passavamo moltissimo tempo insieme. Ci adorava più di ogni altra cosa al mondo, ed era reciproca. Potevo dirgli tutto, era fantastico.

Andammo in cucina per fare colazione. Mentre mio padre mi preparava un ottimo caffè, parlammo del più e del meno. Mi raccontò di com'era il suo lavoro a Londra, di come gli inglesi potessero essere così ospitali e così introversi nello stesso momento. Del loro cibo, del loro modo di vestirsi, parlare o lavorare.
Insomma, parlammo di tutto e niente.

Entrò anche mia madre in cucina, ancora assonnata. La sveglia l'aveva infastidita come ogni mattina.
Ci salutò, prese il suo caffè e andò a prepararsi. Io la seguii a ruota.

Quel giorno indossai il mio skinny jeans nero , un maglione un po' largo dello stesso colore dei pantaloni e le Dr. Martens. A scuola tutti mi dicevano che avrei dovuto "osare" di più, indossando qualche capo più colorato, ma era più forte di me.
Io col nero mi sentivo sicura.
Mi sentivo me stessa.

Uscii di casa e andai come al solito alla fermata per poi prendere il pullman e arrivare a scuola.

Un'altra giornata di merda.
Voti bassi, i prof che ce l'hanno sempre con me e i miei insopportabili compagni di classe.
Decisi di uscire da quel mucchio di negatività per andare in bagno, a prendere una boccata d'aria.

Mi chiusi dentro e rimasi lì per qualche minuto. Non avevo voglia di muovermi, né di stare con i miei compagni di classe. Avevo bisogno di respirare.
Sentii che qualcun altro era entrato nel bagno accanto al mio. Non avevo voglia di vedere altre persone.
Rimasi ancora un po' a meditare e poi uscii per sciacquarmi le mani.
Contemporaneamente, anche la porta dell'altro bagno si aprì.
La ragazza più bassa di me, con gli occhi azzurri e le lentiggini si mise accanto a me, per lavarsi le mani.

Dio era ancora più bella vista da vicino. Potevo sentire il suo profumo, così forte e dolce allo stesso tempo.
Indossava anche lei un jeans nero, con un maglione bordeaux e un paio di vans nere. Aveva lo smalto nero perfettamente messo sulle unghie. Aveva due anelli, uno sul dito medio della mano sinistra, l'altro sull'indice della destra. Mi ero appena accorta che aveva il piercing al naso, un piccolo anellino.

Dopo essersi sciacquata le mani tirò fuori un pacchetto di fazzoletti per asciugarsi.
'Cazzo io con cosa mi asciugo' pensai. Mi guardai un po' intorno per cercare della carta igienica o qualcosa del genere.
Lei se ne accorse e sorridendo disse:
- Ehi hai bisogno di un fazzoletto? -

La sua voce. Era così particolare. Non era né troppo acuta, né troppo profonda. Era perfetta.
Non sapevo come comportarmi, avevo paura di fare la figura della stupida.
- Ehm... Si, grazie - dissi io ricambiando il sorriso.

Mente prendevo il pacchetto, le nostre mani si sfiorano. Avevo così tanta voglia di accarezzarle.
Non potevo far finire lì la conversazione così aggiunsi:
- Se non fosse stato per te, sarei probabilmente entrata in classe o con i jeans o con il maglione bagnati -
Lei rise, probabilmente per cortesia.
Ovviamente anche la sua risata era così tenera e la voglia di abbracciarla senza un motivo si faceva sempre più forte.

- Ci si vede in giro! - aggiunse lei prima di andarsene.
- Certamente! - risposi cercando di non fare intravedere le mie emozioni.

Stavo quasi per esplodere. Avevo un sorriso che andava da orecchio a orecchio. Il mio cuore aveva accelerato i suoi battiti e sentii un improvviso calore sulle guance.
Forse ero solo impazzita.

Tornai in classe, ma ormai nulla aveva più importanza. Mi interessava solo lei.

Quelle sei ore passarono, stranamente, più velocemente del solito. Così mi diressi subito alla fermata. Cecilia era lì, come al solito ad aspettarmi.

- Becky tutta questa felicità? Da dove l'hai presa? - mi disse lei un po' sospetta.
- Mhm... Niente. Oggi mi hanno lasciata in pace, finalmente, ma più che altro mi sento rilassata, tutto qui - mentii.
- Comunque mi sento con Fra. Pensa che ieri abbiamo parlato per tutto il tempo - aggiunse lei improvvisamente.
- Ce sono felicissima per te! - esclamai.
Stranamente lo ero per davvero. Cecilia si merita l'amore perfetto, anche se non esiste. Lei si merita il meglio.

Il pullman arrivò con qualche minuto di ritardo, e una mandria di adolescenti lo riempì in un attimo.
Quel giorno c'erano veramente molte persone, si faceva fatica persino a respirare.

Mi misi a parlare con Cecilia quando, a un certo punto, colpii qualcuno con la mia schiena. Mi girai per scusarmi e non riuscii crederci.
Quella ragazza mi stava perseguitando.
Ci guardammo negli occhi per qualche secondo poi lei sorrise e aggiunse:
- Ehi ma noi ci siamo incontrate oggi in bagno! -
- Esattamente - e risi.
- Comunque io sono Samantha, ma puoi chiamarmi Sam -
- Okay. Beh Sam, io sono Rebecca, ma puoi chiamarmi Becky -

Rimanemmo per qualche secondo immobili a guardarci, in silenzio.
Mi sarebbe piaciuto rimanere in quella posizione per tutta la vita, ma Cecilia ci interruppe.

Fece finta di tossire poi aggiunse:
- Beh io sono Cecilia, e Becky tu devi scendere -
- È vero grazie. Vabbeh Sam, allora ci si vede in giro - dissi con un sorriso.
- Puoi contarci - disse lei ricambiando.

Diedi un veloce bacio sulla guancia alla mia migliore amica e, ancora una volta, saltai giù dal mezzo di trasporto.
Mentre camminavo ripensai a tutto ciò che era successo. Poi mi fermai e chiusi gli occhi ripetutamente.

Cos'era appena successo?

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 07, 2017 ⏰

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