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Dopo che Amelia se ne era andata quel mattino, Keith si era ripromesso di mettere cuore ed anima nel ricercare qualche altra struttura riconducibile all'orfanotrofio apparso nei suoi ricordi. 

In poche ore Keith si ritrovò per l'ennesima volta a ringraziare Amelia.

Ancora una volta era stata lei a salvarlo. Se non fosse stato per Amelia in quel momento non avrebbe avuto la forza di rivangare in un passato così oscuro, anzi, forse non avrebbe neppure avuto l'occasione, ed i mezzi, per preoccuparsene. La strada si era rivelata una realtà ostile e pericolosa. Per mesi aveva vagato alla ricerca di un posto sicuro non sapendo nulla su sé stesso. Le questioni personali erano andate in secondo piano rispetto alla fame. Certo, nessuno poteva negare che la figura di Keith non incutesse un po' di timore, ma quando si è disperati si è disposti a fare qualsiasi cosa pur di mettere qualcosa sotto i denti, niente fa più così paura, neppure un omone della stazza di Keith; d'altro canto, per quanto potesse apparire forte, ben presto ci si rendeva conto della sua vulnerabilità data dall'amnesia.

Tuttora non poteva ammettere di aveva il pieno controllo sulla sua mente, ma incontrare Amelia era stato un primo passo verso la ripresa di se stesso. Poteva chiaramente percepire l'oscurità del suo passato, per tutto quel tempo si era sentito irrequieto, come se stesse scappando da qualcosa. All'inizio aveva pensato che quello stato d'animo fosse provocato dall'ambiente corrotto dei bassifondi, ma ora iniziava a comprendere che forse non era quella la causa principale. 

Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le sue urla scacciate nel momento in cui era stato rapito di fronte all'orfanotrofio e tutto il dolore provato difronte all'incapacità di agire contro i propri aggressori. Doveva assolutamente trovare quel luogo.

Così aveva fatto ricerche a lungo, guardando una moltitudine inimmaginabile di immagini, andando a riscoprire luoghi persino dimenticati da Dio, ma nulla. Col passare delle ore tutto sembrava invano e l'enfasi della speranza ritrovata quel mattino iniziava a scemare. Tutte le strutture gli apparivano allo stesso tempo famigliari e sconosciute ed in un momento di sconforto si sentì richiamato da Morfeo e per quanto tentò di resistergli, ad un certo punto cedette e si ritrovò avvolto dalle tenebre dei suoi incubi.

L'incubo, però, non era affatto frutto del suo inconscio, ma bensì un frammento di quel passato così temuto.

* * * 

Era più minuto e decisamente più giovane rispetto al presente. Poteva osservare il suo esile corpo dal riflesso di uno specchio verticale posto di fronte ai suoi occhi.

Orrore. Ecco cosa poteva leggere in quelle iridi così opache e prive di vita, la sua pelle era così esangue da conferirgli un aspetto spettrale, quasi evanescente, come se un tocco potesse farlo scomparire in quell'aria carica di sofferenza. Poteva sentire il dolore lacerargli il giovane cuore facendolo sanguinare talmente tanto che i lividi e i tagli sul torace parevano un amichevole carezza. 

Si sentiva in modo strano. Come se quelle emozioni gli appartenessero, come se le stesse provando in quel preciso istante, ma una parte di lui, forse quel briciolo di razionalità che gli rimaneva, continuava a ricordargli che quello non era affatto il presente, ma solo un passato remoto nascosto dalla stessa mente forse per proteggere quel fragile animo che forse ancora gli restava. Ma più continuava ad essere cullato dal buio del sonno, meno veniva la percezione che quello che stava rivivendo fosse solo un ricordo.

La paura cresceva col passare del tempo. Gli parvero minuti, o forse ore, quelle che passò davanti allo specchio continuando a fissare il corpo martoriato per mano di ignoti, quelli sconosciuti forse legati al suo rapimento, ma cosa ne poteva sapere un bambino di quell'età. 

Ogni fibra del suo corpo trasudava paura e quella andò ad aumentare quando sentì dei passi provenire dalle sue spalle; il riecheggiare dei tacchi sul pavimento lo scossero un poco e per una frazione di secondi riacquistò la forza e la lucidità per voltarsi ed osservare quell'intrusione in un momento di raccoglimento con sé stesso, ma qualcosa di più forte glielo impedì; era pur sempre solo uno spettatore. Quegli eventi erano già accaduti, non poteva far nulla per modificare il susseguirsi degli eventi, tutto ciò che gli era permesso era di vivere le stesse azioni del passato, ovunque queste conducessero. 

Sentì una mano posarsi sulle sue scheletriche spalle e fu invaso da un profumo di gelsomino, lo stesso che recintava con splendore l'orfanotrofio, ora se lo ricordava meglio. Per quanto fosse stato un'ambiente malsano, quella era stata in fin dei conti la sua unica casa.

Nella sua vita non c'erano solamente stati momenti bui. Ora riusciva a rivivere tutte quelle primavere passate a giocare sul prato rincorrendo farfalle e soffiando sugli esili pistilli del tarassaco esprimendo desideri ad un cielo troppo lontano per essere toccato da un bambino, mai avrebbe immaginato di diventare fragile come quel fiore che coglieva spesso per divertimento. Come scordare di come appariva straordinaria quella siepe di gelsomino che attorniava la struttura dalle cromie così slavate donando al complesso un'aria più allegra e leggiadra.

In quel momento, più che mai, riconobbe quel profumo tanto amato, ma a volte ciò che amiamo può trarci in inganno e così fu anche per il giovane Keith che quando finalmente si girò non vide i candidi fiori del gelsomino, ma bensì un bianco gesso di un'uniforme ospedaliera. 

«Quinto. É ora di andare» in un primo momento non riuscì a vederla in volto, ma quando venne richiamato ebbe l'occasione di osservare i lineamenti del suo viso.

«Quinto spero tu comprenda che non possiamo fare in ritardo. Ci aspetta una giornata molto impegnativa. Se farai il bravo potresti anche riceve un premio, chissà» rise. Il suo volto paffuto dai lineamenti dolci si deformò e un ghigno malevolo fece scomparire tutto ciò che in lei poteva apparire amorevole.

Ogni muscolo del suo corpo voleva correre il più lontano possibile da quella donna; invece fu trascinato a peso verso una porta, forse l'unica che dava l'accesso a quella stanza così angusta, pareva una cella.

«Andiamo» 

Non riuscì mai a vedere al di là della porta perché si svegliò sentendo la voce di Amelia che lo richiamava al presente.

Non riuscì mai a vedere al di là della porta perché si svegliò sentendo la voce di Amelia che lo richiamava al presente

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 04, 2021 ⏰

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