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- 天氣.

jungkook si diresse a verso quell'appartamento che tante volte lo aveva ospitato, con la mente che gli diceva di tornare indietro ad ogni passo.

ricordava ancora le giornate passate su quel letto a ridere e stare, anche se per poco, sereno insieme a lui.

non sapeva cosa li avesse portati a rompersi a tal punto, o perlomeno lo ignorava, ma per una volta voleva dare una svolta alla sua vita, renderla un po' più vera.
un po' come prima, insomma.

quando arrivò all'edificio notò che il quartiere era più vuoto di come lo aveva lasciato, più buio.

perché aveva rovinato tutto?

avrebbe dovuto chiamarlo più volte, doveva insistere ancora, di più, fino allo sfinimento.

invece lo aveva fatto passare, credendo di poter andare avanti.
il fatto era che lui avanti non poteva andarci.
non importava quanto tempo fosse passato, la ferita si era aperta di giorno in giorno ogni volta di più.

il dolore era ciò che lo aveva portato a sporgersi da quel palazzo, quella notte, imitando la prima volta in cui lo fece.

e grazie al cielo un angelo, che portava il nome di seokjin, lo aveva chiamato interrompendolo per tempo, impedendogli di farlo.

«...se c'è un modo per stare meglio, per favore provaci, provaci e raggiungilo sempre. raggiungilo.»

e si sarebbe spezzato le gambe pur di farlo, ora che finalmente se ne era reso conto.

controllò il citofono con il cuore in gola, sperando che a quel secondo piano ci fosse ancora scritto quel dannato min yoongi.

e così era.

il battito gli corse una maratona, inseguito da farfalle, mentre quella leggera ansia che un tempo era ordine del giorno tornava più forte di prima.

sorrise.

per la prima volta dopo chissà quanto, sorrise leggermente, spingendo il portone che non veniva mai chiuso per entrare e salire quella corta rampa di scale che lo divideva da lui.

prese dei respiri profondi prima di suonare alla porta, una volta davanti di essa.
aveva una paura folle di fare cazzate, più di quelle passate.
e non voleva, davvero non voleva.

non ricevendo risposta provò un'altra volta, aggrottando le sopracciglia.

magari non aveva voglia di andare ad aprire, o non era in casa? oppure non aveva sentito?

avvicinò l'orecchio all'ingresso, ma l'unica cosa che notò fu qualcosa uscire dal piccolo spazio che si era creato tra pavimento e porta.

fumo.

del fumo usciva da lì e l'unica cosa alla quale pensò in quell'istante fu di chinarsi fino a guardarvi attraverso, cercando di capirne la provenienza e l'odore.

quel fumo era qualcosa che ardeva, ma non era un cuore quella volta.

«yoongi!»

gridò il suo nome sbattendo i pugni sopra il legno, sperando che bastasse a spaccare i muri veri, capendo, purtroppo, che stava accadendo.
doveva entrare lì dentro, e pure velocemente.

perché le cose dovevano essere così?
perché non erano semplici, che aveva fatto di male per avere quello dalla vita?

si guardò nervosamente attorno cercando qualcosa per poter aprire la porta, ma poi ci pensò su e fu più semplice.
portava sempre con sé il suo coltellino con il fil di ferro dietro, per ogni evenienza.
risultava spesso necessario, senza specificare i casi.

prese il filo argentato e ringraziò con tutto sé stesso taehyung, per quando insegnò lui a scassinare le serrature.

cercò di avere una mano ferma con molta fatica ed il sudore freddo imperlava la sua pelle chiara, riuscì finalmente ad aprirla.

spalancò l'entrata con poca cura e vi guardò subito all'interno, per individuarlo.

e quando lo fece, sentì tutto il mondo crollargli sulle spalle.

Set your heart on fire.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora