F i n a l e | Non mi lasciare

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«No, gli organi interni non sono stati toccati.»

Una sensazione di intorpidimento diffuso prese possesso del mio corpo, mentre lottavo per schiudere le palpebre pesanti. Le mie dita pian piano si mossero, scivolando fra le pieghe delle lenzuola. 

«Allora perché... Perché aprirlo?» La voce di Walter. La identificai con un tuffo al cuore e la sensazione amara del pentimento: perché gli avevo detto quelle cose stupide? Proprio a lui, che mi amava più di quanto avesse mai fatto chiunque altro?

«Si sieda, signore.» lo invitò qualcun altro, una voce sconosciuta, seguita dal cigolio metallico di qualcosa sul pavimento. 

«Sono seduto, dunque?» Riconoscevo quel tono brusco, sfida mista ad apprensione: significava che Walt stava per perdere la pazienza. La prossima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata infilarsi le mani fra i capelli lunghi. Conoscevo quell'uomo meglio di un parente: era sempre stato l'unica famiglia di cui avevo bisogno.

«Dovremmo aspettare a parlarne e affrontare la cosa col paziente non appena si sveglierà.» disse lo sconosciuto, non sapendo che ero già molto vicino all'esserlo. Muovevo le pupille al di sotto delle palpebre chiuse, facevo pressione con le dita sul letto, vicino alla mano di Walter, di cui sentivo il peso sulle coperte. 

«Mi dica immediatamente cos'ha mio marito.» ringhiò lui, non con la compostezza che lo caratterizzava, segno che ora era veramente furibondo. Sentii un sospiro arreso. 

«L'apertura è stata effettuata con precisione, in modo da poter inserire qualcosa all'interno.» Silenzio. Un profondo, crudo, ulcerato silenzio. «Abbiamo trovato... questi nel corpo di suo marito.» Nessuno dei due parlò. Ci fu solo un vago rumore di plastica, una bustina forse. Il nulla si protrasse ancora un po'. Schiusi finalmente le palpebre, pesanti come macigni. Nessuno se ne accorse.

Dopo qualche minuto, Walter parlò. «Mi sta prendendo in giro?» Fra le sue mani, dentro ad una bustina di plastica trasparente ermeticamente chiusa, c'erano dei bulbi oculari. Forse ero impazzito. Forse ero semplicemente stordito dai medicinali. Difficile dirlo. Eppure, sembrava che non fossero umani. Parevano animali. Come un'intuizione, una profonda consapevolezza mi colpì.

Gli occhi di Mimì.

«Walter...» biascicai con voce lamentosa e disperata, tendendo una mano verso di lui. Nascose frettolosamente la bustina dietro alla schiena e si accostò al mio capezzale, prendendomi la mano fra le sue per portarsi le nocche alle labbra.

«Sammy, amore mio.» Quando mi guardò, notai che aveva gli occhi velati di lacrime. Dolore obnubilato dallo shock. Sentivo tremare la sua stretta intorno alla mia mano. Cercai di tirarmi a sedere, ma ricaddi sul letto dopo qualche secondo. «Non ti sforzare, tesoro. Ci sono io qui, stai tranquillo.» 

Velocemente mi resi conto dei dettagli che mi circondavano: uno sconosciuto barbuto in camice che ci fissava e si apprestava ad indietreggiare. Una flebo nel mo braccio e una specie di pinza che premeva sull'indice sinistro, collegata alla macchina che mi prendeva le pulsazioni. Il lettino, la divisa. Un ospedale. Ovviamente mi trovavo in ospedale. «Walter, che è successo dopo...?» Non volli completare la frase.

«Ho chiamato l'ambulanza. Ora stai bene. Va tutto bene.» disse, accarezzandomi lentamente i capelli, che avevano perso la loro consistenza spinosa e se ne stavano flosci sulla testa come del pagliericcio secco. «Hai dormito per un giorno. Il dottore ha detto che sei totalmente fuori pericolo.» continuò a spiegare, mentre io deglutivo il groppo in gola. 

«Walter... C'è qualcosa di-» Mi bloccai. Non avrei potuto continuare in nessun modo plausibile quella frase. Ma ricordavo. Quella cosa tremenda sopra di me. Quelle unghie affilate, taglienti. E quella sensazione di viscidume sporco addosso, di lurido. Di untuoso e cattivo e ringhiante e sorridente. Ricordavo. Non volevo non volevo non volevo. Basta. «Non torneremo in quella casa, vero?» Gli strinsi spasmodicamente le dita, così forte che non mi accorsi di ficcargli le unghie nella carne. «Dimmi che non torneremo, ti prego, ti prego dimmelo.»

Piccoli occhi | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora