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Il sax degli inexcess rimbombava da quelle piccole casse poste ai quattro angoli del pub. Quel dolce e
stridulo suono, cosi armonioso, mi ha fatto dimenticare completamente la domanda di Francesca.
Cos’è che voglio dalla vita?  Ma che cazzo me ne frega di cosa voglio dalla vita. Sto bene cosi come sto. Esco,
mi diverto e bevo. Rutto anche, come sto facendo in questo momento davanti questo Martini bianco.
Adesso come adesso vorrei solo che qualcuna mi facesse un bel pompino e, se non è peggiorata col tempo,
lei li fa molto bene, è capace di mandarti in estasi per come usa la bocca e la lingua.
Vorrei che scivolasse sotto al tavolo e che mi tastasse sopra il rigonfiamento dei jeans, si perché sono bell’eccitato dall’idea di sentire le sue labbra scure su di me. Sentire che lentamente sfili la cinta di cuoio comprata proprio insieme a lei in quella pelletteria in Toscana.
E, proprio quella sera, le legai con quella stessa cinta i polsi.
Strette dietro la schiena le mani si arrossarono velocemente mentre la scopavo da dietro, senza preliminari.
Era eccitata per conto suo.
L’idea di farsi fottere cosi la faceva bagnare tantissimo.
A volte le nostre danze sessuali duravano solo pochi minuti. Il tempo di riempirla di sperma. Amava farsi venire in bocca e ingoiarlo.
Amava il mio succo perché è dolce, e ogni sera dopo cena voleva il mio cazzo per dessert.
Era un’animale da sesso, mai conosciuta un'altra cosi…
Il detto “cazzo e cazzotti” con lei era azzeccatissimo.
Le davi un po’ di cazzo e lei ne godeva, lo usava come fosse un giocattolo, come un orsacchiotto da coccolare.
Il regalo di Natale aspettato, sospirato e adorato da un anno.
Così guardava il mio cazzo ogni volta che dovevamo scopare, ogni volta che lo tirava fuori.
Lo accarezzava, lo vezzeggiava, le aveva dato un nomignolo, un soprannome addirittura.
Lo chiamava “Barbapipo”… storpiando il nome dei famosi disegni animati degli anni ottanta.
La ricordo quando, dopo essere venuto, si adagiava sul mio pube, con la tempia sul mio bacino e le sua
bocca alla base del cazzo.
Era li che lo baciava e lo accarezzava, quasi fosse un figlio.
A volte la deridevo dicendole che se voleva gliene avrei regalato uno in lattice più grande cosi poteva
dormirci insieme la notte, abbracciata a lui o pure messo da qualche parte.
Si incazzava.
Diceva che non era l’identica cosa e, a dirla tutta, anche per me.
Le piaceva sentirlo pulsare tra le mani, tra le labbra, sentire i vasi sanguigni che si ingrossavano, sentire il
cambio della superficie della pelle sotto le sue dita.
Ogni volta che lei parlava del mio apparato genitale, mi sembrava che stesse parlando di un bambino d’accudire, da baciare.
L’amava.
L E T T E R A L M E N T E.
“Ma sei scemo? Ma come te ne esci”
Non stavo solo pensando tra me e me; molto probabilmente qualcosa del mio ragionamento mi è scappato e l’ho detto ad alta voce.
“I was standing, You were there, Two worlds collided, And they could never ever tear us apart”
La canzone era finita, Michael Hutchence aveva finito la struggente melodia e mi sono ritrovato di fronte lei, il frutto dei miei ragionamenti.
Hutchence, proprio lui che è morto stringendosi una cinta al collo per aumentare l’orgasmo…
Curiosa coincidenza…
Francesca mi riporta sulla terra.
“Tra una settimana mi sposo e tu mi chiedi un pompino?”
Con lei ci siamo frequentati per qualche mese. Una di quelle storie nate più per non rimanere soli che per
reale sentimento. Che poi, la passione, ce ne fosse stata tanta nei nostri incontri, quello poco importa; era il
frutto di un’amicizia sana che si trasformò in intimità.
Finita la complicità lei è ritornata col suo vecchio amore, io, invece, sono tornato ai miei soliti amici.
Marco, Daniele e l’alcool.
Per un periodo ho sopperito alla mancanza di una donna con dei rossi buoni e costosi…
Compagne di molte notti, bottiglie di Brunello, di Sirah, di Nobile di Montepulciano, di Tignanello.
Ora posso dire di avere un’ottima conoscenza sui vini rossi.
Eccola lì che si passa le labbra sull’oliva del mio martini…
Il frutto del mio ragionamento che mi ha chiamato dopo quasi otto mesi che non ci vedevamo o sentivamo.
Solo qualche fredda e-mail spedita più per farci gli auguri di buon compleanno che per vera voglia di
sentirsi.
Eppure l’altra sera squilla il mio cellulare; sul display non compariva nessun nome ma solo il numero del chiamante e una voce che mi salutava in maniera troppo amichevole e con parole conosciute.
Dopo i soliti convenevoli, la sua richiesta di uscire il prossimo fine settimana. Una cena, o meglio una pizza
veloce per fare due chiacchiere. Avevo capito in quel preciso istante che non era solo amicizia.
Dovevo dirle di no, ma alla fine il cuore, il mio maledetto cuore chiese ora e luogo dell’appuntamento. Forse sarei riuscito a farle cambiare idea. O forse volevo solo un ultimo pompino.

On air
INXS "Never tear us apart"

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