2. Come pioggia

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Quello era il segnale e Cinque non attese oltre per muoversi. Chiese aiuto al pino su cui era nascosta, concedendosi un breve istante per godere della ruvidezza del legno, per poter avere bene impressa nella mente la meravigliosa sensazione di vicinanza; era quella la chiave per far sì che la foresta rispondesse al suo volere.

Nel momento stesso in cui lasciò la presa dal suo riparo e atterrò ai piedi dell'albero, i suoi rami si stavano già muovendo diretti verso l'uomo più vicino a lei. Uno aveva richiamato le radici più fini, intrappolando le gambe di Capitano, mentre Otto e Tredici stavano ancora uscendo dalla loro imboscata.

Cinque doveva concentrarsi su sé stessa, però, perché la sua tattica di soppressione non aveva funzionato: era solita mirare i punti vitali più vulnerabili, come il collo, ma gli abiti lucidi che i soldati indossavano nella quasi interezza del corpo si rivelarono perfetti per opporsi ai rami appuntiti manovrati dalle sue mani.

L'iniziale sgomento per il suo attacco combinato a quello di Uno lasciò gli invasori scoperti per troppo poco tempo, poiché si riorganizzarono in un battito di ciglia e sia quello che Cinque aveva provato ad attaccare che quello di nome Tom strinsero le else delle spade e si avvicinarono minacciosi.

Perché quella strana pelle lucida era così resistente?

Cinque si lasciò sfuggire un singulto nel vedere quelle due bestie caricarla e si riparò appena in tempo dietro al tronco del pino, che parò un fendente tanto forte da scalfirne la spessa corteccia. Anche se lei non era stata ferita, il dolore le pervase le membra e nuova rabbia si unì alla paura.

Con i piedi saldi nella terra e un ringhio a deformarle il viso ovale, Cinque piegò le dita ad artiglio e il pino provò a vendicarsi, scagliando i suoi rami ancora e ancora contro gli argentei mostri. Nonostante la foga e la violenza con cui il legno stava colpendo i bersagli, quelli sembravano non soffrire in modo particolare e mentre Tom si proteggeva il volto con gli avambracci, l'altro riuscì a muoversi più rapido dell'albero, girandogli intorno per raggiungere Cinque.

Anche le altre sorelle dovevano essere immerse nella lotta, poiché il canto degli uccelli e il frusciare delle fronde era stato barbaramente sostituito dal cozzare sordo della foresta contro le tremende superfici metalliche. Lei non aveva mai visto una cosa del genere e non era pronta a fronteggiarli, però non poteva lasciarsi sopraffare dal terrore che sentiva crescerle nelle viscere o gli uomini avrebbero avuto il sopravvento.

Avrebbero trovato Ventitré.

Avrebbero scoperto le altre sorelle e anche Madre.

E poi? Le avrebbero uccise, avrebbero bruciato la foresta, ricoperto la terra di quell'odioso metallo che si erano messi addosso e reciso ogni pianta con l'acciaio delle loro armi.

No, Cinque non poteva permettere una tale barbarie.

Realizzato che continuare a percuotere le parti protette era inutile, lei si concentrò su un singolo ramo appuntito e aspettò che l'uomo estraesse la lama dal tronco e si voltasse di nuovo verso di lei; in quell'istante, mosse il braccio in avanti e il legno sprofondò nell'orbita del mostro, versando le prime gocce cremisi di quel giorno. Lui spalancò la bocca e anche l'unico occhio che gli era rimasto, perse la presa sulla spada e si accasciò poi al suolo quando Cinque mosse indietro la mano, facendo tornare il ramo insanguinato al suo posto.

Avrebbe voluto sospirare sollevata, ma le mancò il tempo di farlo perché la voce di Tom urlò quello che forse era il nome del cadavere, prima di spuntarle alle spalle. Cinque sussultò e mosse le gambe per balzare lontana da lui, ma non fu abbastanza rapida poiché il soldato aveva tenuto l'arma bassa, fuori dal suo campo visivo, e con essa era riuscito a morderle un polpaccio in profondità.

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