6

67 3 0
                                    

Continuo ad osservare il pavimento dove fino a poco fa c'era una chiazza quasi nera fuoriuscita dal mio corpo.
<<Il vomito di quel colore è uscito per colpa di un trauma fisico: una mia ipotesi è che abbia fatto fin troppo allenamento ed il corpo ne abbia subito un trauma>> sento le parole della dottoressa in lontananza nonostante non sia neanche a un metro da me, ma mi basta per riprendere a non ascoltare.

Quando esce cinque minuti dopo, siamo tutti, e dico tutti, in stanza.
<<Allora?>> dice con tono arrabbiato Lox.
<<Allora cosa?>> rispondo io con un tono indifferente mentre la guardo con uno sguardo senza emozioni.
<<Allora cosa? ALLORA COSA? Sei la mia fottutissima migliore amica, ne abbiamo passate tante, molte, forse troppe! Adesso sei malata soffri di un disturbo alimentare sei uno scheletro con la pelle mi sembra di parlare con un morto hai vomitato nero per colpa dei tuoi stupidissimi allenamenti e a te continua a non importartene un emerito cazzo!>> sbotta mentre le lacrime le solcano il fragile viso.
Ha ragione.
Non ha ragione.
Non ha ragione.
<<Smettila di guardarci così, quello sguardo l'ho visto più di quello falso che metti su sempre. Che mettevi su sempre.>> parla Jace correggendosi alla fine.

<<Ok>> rispondo sempre con lo stesso tono e lo stesso sguardo.
Non so che rispondere, ormai non mi importa più nulla, affermo e basta, prima facevo di tutto per non cadere nel baratro della disperazione credendo di poter rinascere, mentre ora nemmeno ci provo.
Sento che continuano a parlare, sento, ma non ascolto, non ci riesco. Riesco solo a pensare a come bruciare queste calorie, più tardi leggerò un libro.

<<Lasciateci un po' soli>> sussurra Jace, e vedo subito tutti uscire.
Resta in silenzio, aspetta me.
<<L'ho visto di nuovo>> dico in tono basso
<<Quell'uomo intendo>> prima che finissi qui dentro stavamo parlando di lui, e prima che si precipitassero tutti qui ho avuto un'allucinazione.
<<Dobbiamo dirlo a Cam->> non conclude per la mia voce
<<No!>> grido, e forse è più il mio tono che non sentiva da tanto con così emozioni che per la risposta che lo fanno zittire.
Rabbia. Paura. Confusione si impossessano di me.
Rabbia nel pensare come mi tratta Cameron.
Paura per il presentimento che se lo dicessi finirebbe ancora peggio.
Confusione perché ormai non provavo più delle emozioni così forti da tanto tempo.

<<Hai intenzione di nuovo di ridurti all'ultimo come quando dovevi dirgli del tumore?>> domanda ironico.                                                                                                                                    <<In questo momento l'ultima cosa che mi sogno è quella di parlare con Cameron, tu non c'eri, non hai idea di come mi abbia trattato>> rispondo, mi dice che in realtà sa tutto e che glielo hanno detto Nash ed Hayes e che avrebbe parlato con Cameron.    <<Non glielo avresti detto neanche se fosse stati insieme o amici>> mi ricorda, fanculo Jace.

Rimango in silenzio, ma non perchè non so che rispondere, ma perchè voglio porre fine a questa conversazione.                                                                                                                       <<La dottoressa ha detto che se terrai senza fare storie il sondino per un mese e mangiando un po' per far capire che vuoi guarire potrai continuare la cura a casa sotto il controllo di tutti noi e con una dieta ben precisa.                                                                    Adesso Jenny, cosa vuoi fare? Continuare a prosciugarti in questo letto senza risultati o vuoi provarci veramente?>>
<<Non lo so...>> sussurro.
È vero, io non so più nulla.
<<Va bene...>> sussurra anche lui di rimando, magari pensando che mi sta anche dando una minima convizione.

Passano i primi due giorni, e non ho voluto vedere nessuno, avevo bisogno di stare da sola e forse ne ho bisogno ancora.
<<Jennifer, è arrivata l'ora di parlare con Gwen>> annuncia il mio infermiere entrando in camera.
Gwen è la mia psicologa, il nostro rapporto è: lei parla e io sto in silenzio senza darle risposta.

<<Ben trovata Jennifer!>> esclama sorridente quando entro nel piccolo ed accogliente ufficio.
Mi siedo nella poltroncina dinanzi la sua scrivania senza rispondere iniziando a fissarla.
<<Come stai?>> domanda.
Non lo so, non so più come sto.
Non provo niente, provo solo un vuoto, che in realtà porta automaticamente al provare qualcosa. Tutto fa schifo.
Continua a guardarmi, sperando una risposta, ma come succede da due due giorni, silenzio totale.

Lei continua a parlare, parlare e parlare, ma non ascolto, non ho sentito la più minima parola, riesco solo a pensare al patrigno di Cameron e quest'ultimo.
Quando esco dall'ufficio, mi ritrovo proprio lui, come il detto "parli del diavolo e spuntano le corna".

Fidarti a volte fa bene...ma non sempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora