Lei amava leggere ma soprattutto scrivere.
La scrittura era diventata una parte essenziale delle sue giornate, passava ore e ore a scrivere tutto quello che le veniva in mente senza mai fermarsi.
Scriveva in classe durante un'interrogazione, nelle pause vuote, in macchina, in un parco pieno di persone.
Insomma, lei aveva capito che la scrittura era diventata la sua seconda casa, una casa in cui finalmente era riuscita a esprimere quei sentimenti che a parole non era in grado di fare.
Lei non era mai stata capace di dire parole dolci, fare gesti d'affetto, proprio non le piacevano. Però riusciva a trasmettere quel tipo di amore verso la vita e le persone attraverso le parole, le parole scritte con l'inchiostro su un foglio bianco.
All'inizio pensava fosse solamente una medicina per cacciare via alcuni pensieri nella sua testa che era talmente ingombrata da riflessioni e riflessioni che gliela facevano scoppiare a momenti.
Poi, invece, aveva cominciato a guardare il mondo con i suoi occhi: occhi sognatori. Lei vedeva un mondo pieno di colori perché quello fuori era buio e per persone banali, mentre lei era diversa. O forse, si sentiva diversa dagli altri.
A lei non piaceva andare alle feste, a bere, divertirsi. Lei passava il sabato sera davanti a un computer con le cuffiette nelle orecchie a scrivere. Il suo obiettivo era farne qualcosa di quello che scriveva, non voleva che fosse un semplice passatempo.
Per la prima volta in tutta la sua vita, aveva capito cosa le piaceva fare, cosa la rendeva felice per davvero.
Lei e la scrittura non si sarebbero mai più separate.
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Overthinker
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