25 novembre - violenza sulle donne

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Angela è stata violentata da un ragazzo per strada. Le avevano chiesto "com'eri vestita quella sera?" quando aveva trovato il coraggio di denunciare ciò che le aveva fatto quello sconosciuto.

L'avevano chiamata t***a per le vie della sua città, non le avevano di certo risparmiato i commenti i passanti che la guardavano con occhi indiscreti e non sapevano farsi gli affari propri.
Le avevano fischiato, dicendo "ah bella, dove credi di andare con quella scollatura? Perché non vieni a casa con me?". Quei sussurri sordi le invadevano i timpani come una lama affilata.
Lei cercava di dormire la notte, ma quei ricordi, quei demoni interiori, non glielo permettevano per nessun motivo.
Angela si era creata una corazza, un'armatura per proteggersi dalla gente che non capiva la gravità della situazione.

Matilde è stata sposata per ben vent'anni, poi però il marito con il passare del tempo aveva fatto un cambiamento radicale: l'alcol era diventato il suo migliore amico. Arrivava a casa ogni sera ubriaco fradicio e passava il resto della giornata con le labbra attaccate a quelle bottiglie di alcolici, tanto che aveva preso lui stesso l'odore dell'alcol che si sentiva a distanza di chilometri.
Un giorno il tasso alcolico che aveva in corpo era così elevato che l'aveva scaraventata contro la finestra, stringendole le mani al collo e le aveva sussurrato "muori" all'orecchio.
Matilde era caduta, sentendo il vetro scheggiato imprimersi nella carne, mischiarsi al sapore ferroso del sangue e poi aveva chiuso gli occhi.
Si era totalmente abbandonata a quella sensazione di vuoto, di pace assoluta, che sentiva dentro.
Non aveva lottato, così in quell'anno si registrò un altro femminicidio nella storia del nostro paese.

Anastasia era una ragazza, ancora una bambina, quando si era lanciata dal quinto piano di un palazzo.
Dopo quel suicidio si era scoperto qualcosa sul suo passato, quello che la tormentava tanto di giorno e di notte: suo padre le aveva riservato violenze sessuali da quando aveva compiuto otto anni. La legava al letto in modo che non potesse scappare e la toccava, la palpeggiava senza sosta fino a quando non si stancava e passava alla sorella maggiore.
Anastasia era troppo piccola per capire che l'uomo che chiamava papà era in realtà un maniaco che metteva solo in atto le sue fantasie erotiche e che doveva pagare per ciò che le faceva.
Quella povera bambina aveva scoperto quanto la vita potesse essere atroce a quella giovane età e, come ben sappiamo, non porta nulla di buono.

Patrizia, invece, era una ragazza semplice: aveva i lineamenti del viso dolci, gli occhi color nocciola e non si truccava mai, anzi, odiava proprio farlo, perché preferiva rimanere al naturale.
Aveva un sogno: trovare il vero amore. Quando finalmente pensava di averlo trovato, il mondo attorno a lei aveva cominciato a tremare peggio di un terremoto ed era caduto portandola con sé.
Il ragazzo di Patrizia, Giacomo, era così geloso che un giorno le aveva chiesto di potersi vedere per mettere in chiaro alcuni suoi comportamenti. Lui, al posto di scusarsi, aveva tirato fuori una pistola e le aveva sparato senza pudore. Patrizia era caduta a terra, perché le gambe avevano smesso di reggerla in piedi.
Sentiva il sangue fuoriuscire dalla ferita che le aveva provocato allo stomaco e gli occhi minacciavano di chiudersi, ma lei aveva lottato.
Li aveva tenuti aperti, era andata contro corrente, e gli aveva chiesto in un sussurro soffocato: "Giacomo, ma cosa stai facendo?" e lui, vedendo che il suo respiro non era ancora cessato, aveva sganciato altri quattro colpi.
Quella notte lei non era stata uccisa, si era salvata, ma il suo cuore immenso era stato fucilato veramente alle spalle.

Quante volte ancora dobbiamo sentire in televisione, sui giornali o alla radio queste tragedie? Quante volte noi donne dobbiamo sentirci dire che siamo delle poche di buono solo perché portiamo una minigonna? Quante volte dobbiamo ancora vergognarci per i fischi per strada? Per gli insulti disgustosi senza nemmeno conoscerci per davvero?

Quante volte dobbiamo ritrovarci dinanzi ad uno specchio con le labbra spaccate non per il freddo, con dei lividi sul corpo, le lacrime agli occhi e il mascara sbavato che riga le guance? Quante volte dobbiamo svegliarci in un letto diverso perché la sera prima ci hanno messo della droga da stupro nel drink?

Quante volte dobbiamo ancora dire NO per farci ascoltare? Quante volte dobbiamo ancora urlare perché un ragazzo ubriaco ci mette le mani addosso senza il nostro permesso? 

Quante volte ancora dobbiamo sopportare tutto ciò?

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Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell'immaginazione dell'autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone,
viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.

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