L'esplosione aveva sollevato nuvole di fumo e frammenti di roccia, e quando la foschia si diradò, Gavin riuscì a intravedere il corpo del demone disteso sul terreno. Morto. Sconfitto. Dal ventre usciva copioso sangue nero, lo stesso dalla bocca affilata di denti, e aveva creato due pozze oscure a pochi metri di distanza dagli stivali di Gavin.
«Ce l'abbiamo fatta,» sussurrò, incredulo. Teneva la spada con entrambe le mani, così stretta che i segni dell'elsa si erano incisi sulla sua pelle abbronzata dalle troppe giornate spese a girovagare al di là della Barriera. «Ce l'abbiamo fatta,» disse di nuovo, questa volta più sicuro.
Lasciò cadere l'arma a terra e stramazzò sulle ginocchia, tremante e ormai privo di forze. L'adrenalina della battaglia era svanita e lo aveva lasciato con i muscoli indolenziti e il cuore che batteva all'impazzata, oltre che con un sorriso sghembo e strafottente.
Gavin rimase qualche istante a fissare ancora la figura di Ciardha: osservò le ali di diverse tonalità di grigio e rosso, una lo avvolgeva come una coperta calda e confortevole. Percorse con gli occhi le scaglie nere che rivestivano il suo corpo e che lo facevano somigliare a un drago; si soffermò, infine, sul corno spezzato sulla fronte. Era stato Selik a romperlo durante la battaglia.
Il pensiero del suo compagno di viaggio lo fulminò.
«Selik!» urlò scattando in piedi. «Selik, dove sei?»
Si guardò attorno con attenzione, nonostante il pulviscolo non gli permettesse di vedere granché, e obbligò i muscoli delle gambe a collaborare. Mise un piede davanti all'altro, per poco non inciampò su un sasso. Tossì nello sforzo di trattenere l'aria nei polmoni mentre attraversava quella radura intossicata. Poi, qualche metro ancora più distante, scorse il corpo di Selik riverso prono a terra e privo di sensi.
«Selik!» Si scaraventò su di lui, incurante del dolore e della respirazione affaticata. Quando lo raggiunse, lo girò sulla schiena e ripulì il suo volto dal terriccio. Lo scosse debolmente e gli diede persino un colpetto sulle guance. «Forza, svegliati, dobbiamo festeggiare! Abbiamo ucciso Ciardha, possiamo tornare a vivere, non c'è più alcuna maledizione.»
Lo scosse ancora e ancora, sempre più forte, tuttavia Selik non diede alcun segno di volersi svegliare e Gavin non lo sentì respirare, quando gli passò la mano sotto il naso. «No... no.» Percepì le forze abbandonarlo di nuovo. «Selik, svegliati!» ripeté. Una, due volte, tre, ma il ragazzo si ostinava a non aprire gli occhi.
«Selik, ti prego, svegliati.»
Gavin ripensò all'esplosione avvenuta poco prima che Ciardha si abbattesse al suolo: l'ultimo colpo inflitto da un demone assetato di ferocia e oscurità in un momento di disperazione. Tutto pur di non accettare la sconfitta.
«Non si sveglierà.»
Gavin non ebbe bisogno di sollevare il capo per comprendere che era stato l'angelo Raska a parlare. Quest'ultimo avanzò sul terreno di battaglia senza davvero calpestarne il suolo, la sua veste candida era macchiata dall'oscenità del conflitto appena terminato, conflitto al quale aveva partecipato sottostando alle Leggi degli Angeli.
Quando fu accanto al corpo esanime di Selik, Raska si inginocchiò e Gavin trovò la forza di staccare lo sguardo dal compagno per puntarlo in quello etereo dell'angelo. La pelle era lucente; il fumo tossico, che ancora si librava sopra le loro teste, sfiorava le sue braccia scoperte, e l'infinita cascata di capelli argentati avvolgeva la sua intera figura, ricadendo anche su Selik. Gli occhi erano chiusi, raramente li apriva, raramente mostrava a Gavin quella parte di lui, la sua cecità, il suo immenso potere. Era riservato quasi unicamente a Selik, il suo Protetto, la persona che anche Gavin voleva proteggere.
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Due Battiti all'Unisono
Paranormal[Anteprima - Gay/Boyxboy] Durante una lezione di chimica, la vita ordinaria del sedicenne Caleb O'Neil viene stravolta: Bent Holloman, un suo compagno di corso dalla salute precaria, viene colto da un attacco cardiaco e Caleb reagisce sentendosi mal...