Esausto

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"Non hai bisogno di bucarti le orecchie per provarmi qualcosa, spero soltanto di piacerti per quello che sono."
Lo dissi in un sussurro, dritto al suo orecchio. Speravo che il fremito di quelle parole diventasse un brivido strisciante lungo tutta la sua pelle. Volevo che gli entrasse dentro, che lo invadesse tutto.

Io volevo invaderlo tutto.

Mi protesi sulla sua guancia con la mia, uno sfregamento morbido, perché la pelle di Mo era liscissima.
Ma Mo si divincolò dalla mia mano che lo afferrava per la nuca. Si girò reclinò la testa verso la spalla, come per grattare via qualcosa.

Altro che piacere, il solito gesto di ribrezzo. Niente di nuovo, ormai ci ero abituato.

Un tempo non gli avrei premesso di allontanarsi. Avrei mantenuto salda la presa, l'avrei costretto a sedersi sulle mie ginocchia. Forse l'avrei anche baciato, spinto dalla voglia che esplodeva con l'irruenza di un vulcano ad ogni contatto con il piccolo Mo.
Ma quel giorno ero esausto.

"Vado a letto" gli dissi passandogli accanto senza nemmeno sfiorarlo. "Buonanotte."
"He..."
Mi fermai sulla porta, appoggiai una mano sullo stipite quasi a sorreggermi.
Ero particolarmente esausto.
"Dimmi."
"Tu mi piaci, lo sai ma..."
"Ma non in quel modo, lo so" finii per lui la frase, perché non volevo sentirla uscire dalla sua bocca. Volevo risparmiarmi l'ennesima stilettata.
"In realtà..."
"Mo, vai a letto. Sei stanco. E io sono dannatamente esausto. Di tutto."
Battei due volte la mano sul legno dello stipite per segnalare la fine di quell'umiliante scambio di parole e me ne andai.

La mia camera era avvolta nell'oscurità. Accesi l'abat-jour a fianco al letto. Una luce fioca e discreta era il massimo che potevo tollerare. Mi spogliai lentamente, gettai i panni per terra e rimasi nudo.

Mi lavai i denti nel bagno della camera, al buio, senza alzare lo sguardo allo specchio. Per la prima volta in vita mia avevo paura del mio riflesso, avevo paura di vedere la faccia che Mo vedeva e rifiutava ogni singolo giorno.
Avevo paura di vederla e rifiutarla anch'io.

Mi strofinai il viso con l'asciugamano, sentendo la spugna morbida accarezzarmi le guance e pensando alla pelle di Mo contro la mia: aveva la stessa consistenza.
Così cercai di fingere che si stesse strusciando su di me.

In un attimo mi venne duro.

E l'attimo successivo avevo chiuso gli occhi e mi passavo l'asciugamano sul collo. Era diventato caldo a contatto con la mia pelle. Lo abbassai fino al petto il passaggio sui capezzoli mi fece sussultare.

Ma non bastava.

Continuai a spingerlo giù fino a che non incontrai la mia erezione. Palpitava assieme al mio cuore, ansiosa.
Presi a strofinare l'asciugamano su tutta la lunghezza e dietro alle palpebre chiuse vidi Mo inginocchiato davanti a me, intento ad accarezzarmi il cazzo prima con una guancia e poi con l'altra. Avrei voluto sbatterglielo in faccia con dei piccoli colpetti, ma temevo che mi avrebbe respinto. Così lasciai che continuasse ad accarezzarmelo, finché sentii la sua lingua rovente avvinghiarlo in una presa decisa.
"Oddio Mo, se continui così ti vengo in bocca."

Toc toc.

In un risucchio vorticoso mi ritrovai di nuovo in bagno, in piedi, al buio, con un asciugamano arrotolato al cazzo.
Un asciugamano rosso, notavo solo ora. Che patetica coincidenza.

"Posso entrare?"
Sentii il cigolio della maniglia.
"No. No, non entrare!" Che macello! L'erezione era ostinata, non accennava a calmarsi. "Hai bisogno, tutto bene?" La frase mi uscì stonata sul finale.
"Sì, tutto a posto, tranquillo. Volevo solo dirti una cosa."
"Allora facciamo domani. Non è il momento."
"Ok."
Maniglia cigolante, porta sigillata.

Sbuffai. Tornai in stanza, buttai sul letto l'asciugamano rosso e mi ci stesi sopra, puntandogli sopra il cazzo con talmente tanta foga che mi feci male.

Non ne potevo più. Ero esausto, ero veramente troppo esausto.

Ci vediamo al Capitolo 2!

ESAUSTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora