DECIMO CAPITOLO

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                   Prologo

   A quel punto il sipario si chiuse  solo per il tempo di dare modo al tecnico di cambiare le luci, che sul palco indicavano la sera, con quelle che avrebbero indicato il mattino.
Quindi il sipario si aprì di nuovo presentando don Antonio al suo tavolo di lavoro intento a telefonare.

           Sedicesima scena

«Pinuccio, scusa se ti disturbo in ufficio, ma cerca di venire qua appena puoi. Dobbiamo concludere questa cosa dei furti e metterci una pietra sopra. Hai qualche idea in proposito?»
Seguì una pausa d'ascolto, poi:
«Bene! Ho pensato pure io a una possibile soluzione. Allora a tra poco.»
Subito dopo l'arciprete fece un'altra telefonata:
«Matteo, sono don Antonio. Vieni in canonica prima possibile, ché vediamo di stabilire come muoverci.»
Altra pausa d'ascolto:
«Va bene, ti aspetto.»
«Clic!»
Don Antonio si alzò, raggiunse la porta che dava in cucina:
«Teresa, vieni un attimo.»
Tornò verso la scrivania, sedette su una delle due sedie predisposte per gli ospiti e aspettò che lo raggiungesse Teresa.
«Terè, siediti. Lo so che hai da fare, quando mai non è così.»
«Nun me pozze fermà, don Antò.
U sapite, ca' mi venin'o nnierve, si nun è tutt'a poste.»
Sì, sì, u sacce! Ti fai arrivare la stanchezza fino alla cima dei capelli. Ma mo' ti devo chiedere una cosa. Tra poco vengono Pinuccio e Matteo.»
«E beh?»
«E allora, 'sta storia è nata picchè Matteo se n'è andato di testa per una ragazza di Mauro.»
«Ah, ma vidite! E chi pote iesse?
Fosse a fighie di Domenica e Arcangelo? V'arricurdate di Domenica c'appiue nu brutto male, ca site sciute tanta vote a truvà a Mauro?
Poi è morta, a puverelle! E lassaue na uagninella zinne e u marite.
A gnagninella si chiamava Nina.
U marite è tirate a campà fine a quanne a guagninella non v'avute quinnice o sidici anne, po' muriue pure ille.
Iè ma bella guagninella, Nina, bionda pe l'uocchie celeste, bell'assaie! I'pense ca' Matteo s'è nammurate di quella.»
«E tieni ragione, Terè!»
«Ma vulite anguna cosa?»
«A guagninella, come dici tu, non ne vuole sapere di Matteo, picchè lui le voleva dare dei soldi per aiutarla e lei si è offesa. Dunque dopo che aggiustiamo la posizione di Matteo, che troviamo il sistema per fargli restituire i soldi a chi ha subito i furti, dobbiamo aggiustare pure la situazioni tra Matteo e Nina. Facciamo venire Minuccia in canonica, cioè tu la vai a prendere,
la trattieni in cucina e poi ti dico io quando farla venire qua.»
«Va bè! I'a vaue a pighià verso o unnice e po' m'avite fa sapè, quanne gia fa trasì 'ndo vuie»
«Ecco, proprio accussì!»
Si sentì un campanello: nella finzione scenica era quello della porta della canonica. Teresa si alzò per andare ad aprire e tornò poco dopo con Matteo e Pinuccio.

        Diciassettesima scena

« Buongiorno, don Antonio!»
Salutarono.
«Sedetevi pure.»
«Don Antò, stanotte ho dormito finalmente.»
Esordì Matteo.
«So' tante settimane c'age durmute un'ora a notte.»
«Hai visto che a parlare, ci si libera la coscienza? Per trovare le soluzioni spesso non serve parlare con se stessi, bisogna farlo con gli altri. Meglio ancora con chi è tollerante,  non giudica, ma offre soluzioni.»
«Vuje site sapiente e Pinuccio è intelligente. Stanotte ho ringraziato mille volte Dio, che mi avete scoperto e ringrazio pure voi e Pinuccio.»
«Bene, mi pare che alla fine il buon senso ha preso il sopravvento.
La passione per Nina ti ha fatto commettere un'enorme sciocchezza.
Non eri mai stato innamorato prima, eh, Matteo?»
«No!»
«L'amore è lo sconvolgimento totale, spazza via ogni ragionevolezza, ogni pensiero di prudenza, che dovremmo avere, se non altro per non fare male proprio a chi vogliamo bene e mi ci metto in mezzo anch'io. Anche a me è capitata questa esperienza, quando il pensiero di dedicarmi a Dio divenne un'ossessione e non potevo pensare a niente altro. I miei genitori erano sconvolti, temevano di perdermi e non mi venne mai in mente, che a causa della mia scelta loro avrebbero sofferto. È così è per te, Matteo: che succederebbe della tua famiglia, se andassi in galera e che succederebbe anche di Nina che senza un amico potrebbe finire nelle grinfie di chi la vuole solo possedere. Dunque d'ora in poi testa sul collo: è tua la responsabilità di te stesso e delle persone che ami.»
« Sì, ve lo giuro.»
«E ora a noi: come facciamo a restituire i soldi alle vittime dei furti?
Matteo, hai pensato a come sbrogliare la matassa?»
«Sapite ca nell'azienda mia ci sono quattro ettari di terreno e allora si ne venne uno, forse riesco a ricavare il milione c'aggia restituì.»
«Oppure ti pozze prestà io i soldi da restituire e tu li restituisci a me lavorando nel mio cantiere, fino a quanne non finisci il debito. Così non vendi il terreno tuo.»
Fu la proposta e l'offerta di Pinuccio.
« Sì, putera fa pure accussì, ma chi lavora nella mia azienda? Mia madre è anziana, mio fratello è un po'... Come pozze dice? Troppo buono, va, pè compete po' fornitori, gli operai.
Mia sorella è capace pa contabilità, manda avanti a casa; non pote pinsà pure all'azienda, avess'ave' n'aiuto.»
Mattè, ho pensato pure a questo e sai qual'e' la soluzione?
Nina.»
«Nina? E come? Nun capisco!»
«Eppure è semplice: è lei l'aiuto che ti serve. Nina, per quello che ne so io, ha le mani d'oro in casa e in campagna. D'altronde tu stesso mi hai raccontato, che Minuccia è stata da tua zia per un bel po' di tempo e l'ha aiutata con le faccende e oltre a questo, come ho già detto, ne sa anche di agricoltura; perciò tra tua sorella, Minuccia e quello che possono fare tua madre, tuo fratello e gli operai, ciò che deve essere fatto per la produzione agricola tua, vedrai che sarà fatto.
Po', anche se lavori da me, la sera torni a casa e i tuoi familiari ti dicono come vanno avanti i lavori dell'azienda e di giorno puoi  sempre andare a controllà.
Insomma, Mattè, devi assumere Nina.»
«Magari! Ma quella nun me pote vidè! Nun me parla.»
«E se ti dicessi che le puoi parlare ora?» Buttò lì don Antonio.
«Che? Gesù, i mi sente ca' non già fazze chiù pa' cape. Sti juorne so' state tremende!»
«Calmati, Matteo. Solo se tu e Nina vi spiegate e vi riappacificate, tutto quello che stiamo progettando si realizza, non ti pare?»
«Sì, lo capisco, ma come u spieghe, ca nun a pozze  vidè a tirà a vita con tanti sacrifici e che perciò li vulia dà o solde?»
«Esattamente come l'hai spiegato a noi. Nina è di là con Teresa, ora la facciamo entrare e le dico che le vuoi parlare.»
«Fatti coraggio, Mattè!» Cercò di spronarlo Pinuccio.
«Vedrai che dopo le spiegazioni sarai contento; credimi ci sono passato anch'io. E pure mo' che sono sposato, ogni tanto, io e Maria mia non ci capiamo.
Po', siccome mi vulime bene,
ci spieghiamo e cerchiamo di incontrarci a metà strada.
Don Antò, vado a dire a Nina di entrare. Certamente Teresa avrà trovato il modo di calmarla e di farla ragionare.»
Pinuccio andò in cucina e poco dopo tornò con Nina.
Lei cercò di evitare lo sguardo di Matteo, che invece non le toglieva gli occhi di dosso. Don Antonio si alzò e le andò incontro, poi la fece accomodare davanti alla scrivania.
«Nina, Matteo vuole parlarti, ti deve delle spiegazioni. Vi lasciamo soli.»

            Diciottesima scena

Don Antonio e Pinuccio uscirono, Matteo si sedette di fronte a Minuccia.
«Minù, io ho commesso una brutta scorrettezza nei tuoi confronti. Non ti potevo veder faticare tanto e quindi ti volevo dare soldi pe' t'aiutà, invece ti dovevo dare il cuore mio.»
«Perchè? Non ti ho chiesto niente.»
Un progresso nella trattativa c'era: Minuccia per rispondere aveva dovuto guardare Matteo.
«Ma so' io che ho bisogno di te.
Ho combinato un guaio grosso e aggia lassà l'azienda pe' lavorà da Pinuccio. Mia madre, mio fratello e mia sorella non c'è la faranno a mandare avanti da soli il lavoro.
Ti chiedo di prendere il mio posto, almeno finché devo lavorare da Pinuccio. Naturalmente avrai il tuo salario e tutto ciò che ti spetta.»
«Ah, quindi il cuore non c'entra niente! Meno male, mi hai fatto spaventare.»
«Il cuore c'entra completamente...»
Matteo non poté finire la frase, che Minuccia lo interruppe:
«Mi stai offrendo un lavoro!»
«Non è solo per i miei che hanno bisogno d'aiuto, ma soprattutto piché accussì ti levi dalle mani di quell'infame di Quannemmai.
Non pozze suppurtà le mire che quell'uomo ha su di te.»
«Me sacce difenne!»
«Fino a quanne? Lo sai che è stato lui a rubarti Benedetta, no? Per ricattarti,
per vederti in debito con lui e costringerti a pagare in altro modo.»
«E tu? Non vuoi la stessa cosa?»
«Io ti voglio amare e vorrei che anche tu mi amassi, ma deve essere una tua scelta dettata da un sentimento per me. Se non mi vuoi, capirò e ti chiederò solo di accettare il lavoro che ti offro.»
«Che ti rispondo a fare? Se ti sei messo tanto in confidenza con me,
è stato perché hai sentito, che anch'io tengo a te. Allora accetto il lavoro, ma me porte Benedetta e le galline e le piante. Non le pozze abbandunà.»
«Tutto quello che vuoi, Minu'! Io so tanto felice, che mo' andrei a prendere a luna pe' te.»
«Mattè, basta che vai a prende don Antonio e Pinuccio, non putime approfità ancora del loro buon cuore.»
Si alzò e andò verso la porta, seguita da Matteo, che alle sue spalle aveva un sorriso che andava da un orecchio all'altro.

                  Epilogo

Le luci del palcoscenico si abbassarono, il sipario cominciò a chiudersi e l'applauso arrivando dal fondo della sala a poco a poco raggiunse le prime file, diventando scrosciante e prolungato.
Alla fine gli spettatori si alzarono, quasi invocando sul palcoscenico gli attori e invece fu la musica di
Astro del ciel  ad interessare le orecchie prima che gli occhi del pubblico.
Sullo sfondo di musica il sipario cominciò ad aprirsi e alla vista del pubblico si presentarono gli attori in fila sul proscenio. Al centro avevano preso posto Maria e Minuccia, ai lati  di ambedue rispettivamente Pinuccio e Matteo. Seguivano da un lato e dall'altro don Antonio e Teresa e poi tutti gli altri attori.
Il pubblico in piedi continuò ad applaudire e gli attori ad inchinarsi in segno di ringraziamento e di saluto.
Infine gli attori abbandonarono il palco dalla quinta e subito dietro di loro si apparve Niccolò, che presentò l'autrice della commedia Antonia Bonanno, la regista Mimma Ricci, la costumista Gianlorenza Castiglioni, la tecnica del suono Elena Cataldi, che sulla scena  interpretava Elena Cataldo e il tecnico delle luci Guido Greci.
Anche per loro vi furono applausi appassionati.
Seguì il ringraziamento del pubblico da parte di Niccolò, che ricevette anch'egli un affettuoso tributo d'applausi.
Poi a poco a poco la sala che aveva fatto da platea si svuotò. Niccolò prese ancora una volta in mano le redini dell'ospitalità e condusse il pubblico nel refettorio ai posti a tavola assegnati secondo lo Status dei vari ospiti, disposti in ordine d'importanza ai due lati della superiora suor Tarcisia Carzaniga.
Quando tutti ebbero raggiunto il loro posto, cominciò il banchetto nella più grande letizia.

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