In una delle tante case a schiera di Spinner's End, non molto lontano dal putrido fiume, una bambina dalla lunga e ondulata chioma rossa come i petali di un papavero se ne stava ferma ad osservare, con due sfavillanti occhi verdi, tranquillamente le gocce di pioggia battere contro la finestra della cameretta che condivideva con la sorella maggiore: le piaceva molto ascoltare il perpetuo ticchettio dell'acqua che s'infrangeva contro il vetro e vedere le goccioline scivolare l'una accanto all'altra, la faceva rilassare, le permetteva di pensare, di sognare, proprio come faceva con le favole che era solita leggere o ascoltare con estrema attenzione dalla madre.
"Si può sapere cosa c'è di tanto interessante da farti restare appiccicata alla finestra in quel modo?"
Il breve silenzio interrotto proprio dalla sorella maggiore, che entrata in camera si buttò a sedere sul bordo del proprio letto, facendolo cigolare, a fissare la minore con le braccia distese all'indietro e la mani appoggiate sul materasso per sostenere il peso del corpo ed il sopracciglio destro inarcato verso l'alto, non bastò a ridestare la piccola dai capelli rossi dai propri pensieri, la quale piuttosto rispose alla sorella in maniera molto pacata e con un lieve sorriso accennato sulle labbra sottili e rosee.
"Ascolta, Tuney"
La diretta interessata dalla capigliatura bionda assottigliò le iridi di un altrettanto bellissimo verde (unica cosa che entrambe avevano in comune): odiava con tutta sé stessa il soprannome con cui la minore la chiamava affettuosamente, perché lo riteneva disgustosamente troppo sdolcinato: Tuney significava infatti melodia e non lo sentiva adatto per essere attribuito ad una persona decisa ed esplosiva come lei.
Petunia era il suo nome.
"Cosa?" risposte questa, sforzandosi di trattenersi; avvertiva già i primi segnali di un gran mal di testa.
"La pioggia, naturalmente"
"La... pioggia? Stai dicendo sul serio?" commentò acidamente Petunia, strabuzzando gli occhi, neanche avesse appena udito la cosa più assurda del mondo... d'altronde, sua sorella era sempre stata un po' strana con i suoi fiabeschi modi di parlare; la bionda spostò le mani dal materasso al petto, incrociando le braccia "Lily, in tutta sincerità, io ci non trovo niente di assolutamente interessante e soprattutto utile nel ticchettio della pioggia. Semmai lo trovo fastidioso. E poi hai otto anni, fossi in te mi deciderei a crescere"
Non era la prima volta che la trovava immersa in bizzarri esperimenti, né era la prima volta che la sentiva fare strani discorsi o parlare da sola: la colpa era sicuramente di tutte quelle stupide favole che le avevano talmente riempito il cervello da offuscarlo dalla realtà; parte delle colpe l'aveva anche la loro madre che perdeva inutilmente il suo tempo a leggergliele di continuo.
Insomma, Lily pareva vivere in un mondo tutto suo.
Lei invece era molto più dedita alla razionalità, al ciò che si poteva vedere e toccare.
Il bello era che si portavano due anni di differenza, eppure c'era una grossa differenza tra di loro.
Petunia non avrebbe mai capito cosa passasse nella testa della sorella minore, ma una cosa era certa: se continuava in quel modo, i loro genitori l'avrebbero presto spedita da uno strizzacervelli e lei non voleva esserne affatto coinvolta.
Stava per scendere dal letto, quando udì la voce di Lily chiamarla di nuovo, ma per nome completo; fu solo per placare il suo insopportabile mal di testa che Petunia si trascinò vicino alla sorella minore (almeno sarebbe stata zitta se le avesse dato retta per uno po'), la quale non esitò a mostrarle la novità che tanto l'aveva resa felice.
"Guarda, Petunia, guarda!" continuava a ripetere Lily sempre più eccitata, non distogliendo lo sguardo dal vetro della finestra su cui stava facendo muovere a suo piacimento una gocciolina d'acqua, fino a farla staccare e volteggiare nel vuoto per pochissimi istanti prima che si dissolvesse.
Se un attimo fa Petunia aveva spalancato le palpebre, adesso le era andata letteralmente via la parola, limitandosi ad ingoiare a vuoto.
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Severus Snape And The Marauders (IN PAUSA)
Fanfiction"Capisco" proseguì lo sconosciuto "So bene come ci si sente ad essere sottomessi. Quando sei temuto per i tuoi talenti" "Lo sai davvero?" sussurrò in risposta il ragazzo, sollevando entrambe le sopracciglia, lasciando trasparire una finissima punta...