Capitolo 2

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Morgan

Quando, oltre le fronde degli alberi, intravidi il tetto del centro commerciale, premetti con forza l'acceleratore percorrendo quell'ultimo tratto di strada il più velocemente possibile. Fortunatamente trovai subito parcheggio e, dopo aver spento la macchina, scesi a stiracchiarmi mettendomi gli occhiali per ripararmi dalla luce del mattino:
erano le 10:15 di sabato e, siccome il giorno non avevamo lezioni, con Luce ci eravamo organizzati per fare shopping in occasione della festa de La Tigre.
  Conoscevamo Lucas White, sopranominato La Tigre per via del suo iconico taglio di capelli caratterizzato da tante ciocche tinte di biondo, da quando eravamo bambini perché era cresciuto nello stesso quartiere di Rose, due ville a sinistra, ma per molto tempo era rimasto solo un conoscente. Divenne uno dei nostri più cari amici quando, durante il terzo anno del liceo, mi aveva difeso da un'aggressione omofoba assieme a due suoi amici, Jason Woods e David Wall, contro cinque ragazzi dell'ultimo anno. Lucas ne uscì con un braccio rotto e una brutta cicatrice sul sopracciglio destro, ma da quel momento più nessuno a scuola mi infastidì per la mia sessualità.
  «Ti ho appena visto, vieni verso l'ingresso!» dissi, con la voce ancora impastata dal sonno, al telefono quando Luce mi telefonò; alzai lo sguardo nella sua direzione, osservandola camminare con lo sguardo impaurito e il passo tremolante, come un gattino durante una tempesta piena di tuoni. Spostando la visuale alle sue spalle, in direzione dell'ombra da cui era sgusciata fuori, intravidi la sagoma di un uomo alto e smilzo, con i lunghi capelli lisci e scuri che gli coprivano il volto, e capì il motivo della sua agitazione.
  «Hai già iniziato a fare acquisti?» la schernì quando fu abbastanza vicina per potermi sentire sussurrare, prima di baciarla su una guancia.
  «Vogliamo entrare?» si limitò a rispondermi, entrando frettolosamente dentro l'edificio.
  «Perché prima non lo dai a me? Sentivo l'odore da cinquanta metri di distanza!» la incalzai aprendo la mano e porgendola nella sua direzione. Lei si guardò intorno, incerta, dopodiché fece un respiro profondo ed estrasse dalla sua scollatura un grosso involucro di carta stagnola, lasciandolo cadere nel mio palmo.
  «Crederanno tutti che io abbia un'erezione!» ironizzai, osservando la pallina prima di infilarmela nella mutanda attraverso la patta dei pantaloni. Per lo meno, da quel momento, Luce si calmò e potemmo andare tranquillamente a fare colazione.
  La mattinata trascorse rapidamente mentre noi saltavamo da un negozio all'altro dopo aver acquistato molti meno vestiti di quelli provati. A un certo punto, quando le commesse di un negozio iniziarono a guardarci male, Alexis si spaventò credendo che avessero iniziato a sentire l'odore di quello che nascondevo nei pantaloni, ma io la rassicurai dicendole che erano semplicemente infastidite da tutta la roba che avevamo lasciato in camerino; verso ora di pranzo, con le braccia cariche di buste troppo pesanti, andammo a mangiare in un fast food al secondo piano.
  «Abbiamo finito prima del previsto. Non me lo aspettavo!» disse la mia amica dopo essersi bevuta in un sorso metà Coca-Cola, ansimando dalla fatica.
  «Non abbiamo finito per niente, ci manca ancora il terzo piano.» la informai addentando una patatina.
  «Perché dobbiamo salire lì? Cosa ti serve di così urgente?» sbuffò lei, sfinita.
  «I tacchi!» lo dissi come se fosse una risposta scontata, indicando con entrambi gl'indici in direzione dei miei piedi.
  «Non andrai alla festa come Claire Lorèn vero?» chiese arcuando un sopracciglio.
  «Ho chiesto il permesso a Lucas, infondo è la sua festa, e mi ha risposto che ne sarebbe più che onorato!» Claire Lorèn è la mia alter ego Drag, nata in occasione del ballo di fine anno di quarta e con la quale scandalizzai il mondo dei balli scolastici di quinta, ai quali mi presentai sempre con provocanti e succinti travestimenti di Cher, Lady Gaga o Britney Spears.
  «Promettimi almeno che faremo in fretta, non voglio dovermi preparare rapidamente per arrivare in ritardo alla festa.»
  «Tranquilla amore, ti prometto che farò in fretta!» le risposi, consapevole di starle mentendo.

  Nonostante le proteste di Luce, uscimmo dal negozio alle 5:00 del pomeriggio con tre paia di scarpe nuove a testa e ci precipitammo di corsa alla macchina, dirigendoci il più rapidamente possibile a casa sua:
quando arrivammo Rose si stava già lavando nel bagno comune della casa, perciò Alexis gettò tutte le sue buste sul divano e si precipitò nel bagno della sua stanza, chiudendosi dentro e facendo scorrere l'acqua della vasca pochissimi minuti dopo. Io, molto più tranquillamente, appoggiai le mie cose sul letto di Rose ed entrai a lavarmi nel suo bagno.
  «È il mio asciugamano?» mi chiese, corrugando la fronte, quando rientrai nella sua stanza col corpo e i capelli ancora fradici.
  «Se vuoi me lo tolgo...» dissi, falsamente malizioso, afferrando un lembo dell'asciugamano legato attorno alla vita.
  La mia amica fece spallucce. «Fa pure, ti ho già visto il cazzo un sacco di volte!» disse indifferente mentre iniziava ad asciugarsi i capelli.
  Con nonchalance lasciai cadere l'asciugamano in terra dirigendomi verso il letto, sfilando da una busta un vestitino ricoperto completamente da paillette color blu elettrico. «Ti piace?» chiesi mostrandolo alla ragazza.
  «La gonna è troppo corta e la scollatura troppo profonda... lo adoro!» rispose sorridendo prima di accendere l'asciugacapelli e ignorarmi fino a quando la sua acconciatura non divenne accettabile.
  Insieme iniziammo a truccarci e vestirci, ma quando Luce si affacciò per vedere a che punto fossimo, perfettamente acconciata, truccata e agghindata, nessuno dei due era ancora arrivato a metà dell'opera.
  «Sei stupenda, ma è meglio che ti siedi perché noi qui ne avremo ancora per molto!» le dissi scrutandola da testa a piedi. Indossava un vestito di un rosso molto acceso, con la gonna che arrivava poco più in alto delle ginocchia e la scollatura a cuore che le metteva in risalto il seno, tacchi vertiginosi di velluto abbinati all'abito e una finissima catenina d'oro che le cingeva il collo, mentre i capelli color caramello erano stati piastrati e ricadevano lisci e lucenti fino a metà schiena; lei sbuffò ed entrò nella stanza, sedendosi sul letto a osservarci con sguardo truce mentre ci preparavamo.
  Ci mettemmo quasi tre ore per essere pronte, ma il risultato ne valse l'attesa:
Rose indossava un paio di pantaloni ampi con lo spacco vertiginoso in ciascuna gamba, tacchi a spillo color crema e un body aderente in pizzo nero, i capelli divisi in tanti boccoli perfetti e gli occhi truccati come cleopatra. Claire, invece, aveva abbinato al suo vestitino luccicante con un parruccone platinato lungo fino al fondoschiena, una pelliccia morbidissima con le ciocche blu scuro e nere e un paio di tacchi 20 dello stesso colore.
  «Non avrai intenzione di guidare con quei trampoli spero...» commentò Luce, con lo sguardo perplesso puntato sui miei piedi.
  «Qui sono l'unica con la patente, quindi accontentati!» dissi stizzita. «E sbrigati, sono già le 9:30!» aggiunsi poi dandomi rapidamente gli ultimi ritocchi al trucco.
  «Speriamo di trovare posto di blocco, voglio vedere lo sguardo sbalordito degli agenti quando noteranno la differenza tra te adesso e te nella foto della patente!» disse Rose, seguendoci fuori dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle.

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