LuceEra passata quasi una settimana dalla festa di Lucas, ma ad Armony tutti continuavano a parlarne. David Wall lo aveva proclamato – in una ventina di stories e post – il compleanno dell'anno, mentre Mary Wish continuava a ripetere al suo fidanzato Simon Citron di volere anche lei una festa come quella per i propri diciotto anni. E poi c'erano Beatrix e Becky, due delle poche matricole fortunate ad aver ricevuto un invito, che passavano le giornate a raccontarsi i pettegolezzi di quella notte:
«Hem mi ha detto che ha visto Roxanne e Matthew entrare insieme in bagno e chiudere la porta a chiave!» diceva una.
«Pensa che io ho visto Clara tornare alla villa, in lacrime, con Daniel. Ha detto che l'ha molestata!» faceva eco l'altra.
«Che paura... ma ti ho già detto che Marylin ed Alex hanno litigato davanti a tutti? Secondo me non dureranno ancora a lungo!»
«Lo so Becky, eravamo assieme quando è successo!»Nel frattempo, a casa mia, regnava il caos. Rose era ancora arrabbiata con Morgan per quanto accaduto con Hans, mentre lui non sapeva più come reagire alle provocazioni dell'altra.
«Cazzo, era proprio necessario farsi spingere da quel tizio?» sbraitava lei.
«Ma cosa vuoi da me? Volevo svuotarmi le palle e lui era lì a mia disposizione!» si giustificava lui, alzando la voce.
«Potevi scegliere chiunque, ma non quello schifoso! Ma lo sai che non si lava? Avevi decine di opzioni migliori!» rispondeva lei, alzando ancora di più il tono per cercare di sovrastare l'altro.
«Ma a te cosa importa?»
«Non ci siamo visti per tutta la serata, e tra poco inizieranno gli esami. Non avremo altre feste prima di molto tempo!»
E così via, tutto il giorno e tutti i giorni. Io restavo in disparte sul divano ad osservarli silenziosamente, nella vana speranza che si dimenticassero di me per evitare di essere messa in mezzo; succedeva poi che qualcuno mi chiedesse un parere, ed io, pur di mantenermi diplomatica, finivo sempre per aggravare ulteriormente la situazione.
«Perché non andiamo al The Statium e ci dimentichiamo di questa storia? Offro io!» dissi infine, esasperata, riuscendo finalmente a mettergli entrambi d'accordo.Il The Statium era uno dei locali più grandi e rinomati in città, luogo di ritrovo ideale per la maggior parte degli studenti del campus, soprattutto grazie alle politiche del proprietario, "One Shott" Christopher: a prima vista sarebbe potuto sembrare il tipico alcolizzato senza un soldo in tasca, con il volto sempre sudato, un occhio semichiuso e i capelli unti, ma aveva più fiuto per gli affari di molti altri imprenditori di mia conoscenza; l'intuizione di lucrare con i figli di papà che frequentavano il campus lo aveva spronato a raggirare i divieti sugli alcolici per poter servire da bere anche ai minorenni. «Da queste parti gli sbirri non costano molto, se dovessi ricevere qualche richiamo saprei come uscirne!» era solito ammettere senza paura, biascicando a causa del troppo vino in corpo. Nonostante tutto, ogni tanto, diventava anche una persona simpatica, sebbene ci provasse sempre spudoratamente con qualsiasi ragazza disposta a scambiare due chiacchiere con lui, e giravano anche delle voci – infondate, per quanto io ne possa sapere – secondo cui era andato a letto anche con qualche ragazzo, tra cui Morgan. Passando al locale, si trattava un'imponente struttura suddivisa in quattro piani con la facciata principale dipinta di giallo e tassellata da balconcini e terrazze semicircolari, mentre il retro si appoggiava al fianco di una collinetta, da cui si ergevano alcune villette disabitate per la maggior parte dell'anno; l'ingresso era raggiungibile attraverso un cortile rialzato di marmo e mosaici degli astri celesti, mentre sui lati erano collocate delle piazzole coperte colme di sedie e tavolini. Dalla porta d'ingresso si arrivava direttamente all'immenso salone principale, dominato da un bancone marmoreo lungo almeno quanto metà della parete, sul quale si potevano osservare le bariste più belle della città intente a servire e intrattenere i clienti. Per il resto, si trattava di una lunga stanza rettangolare nella quale, tra colonne, divanetti rossi e poltrone grigie, la nostra comunità era solita incontrarsi per passare il tempo, mentre nei piani superiori, raggiungibili tramite delle rampe esterne, per gran parte della settimana restavano generalmente poco frequentati; il primo piano era adibito a night-club durante il fine settimana, mentre il secondo era suddiviso in piccoli monolocali messi in affitto per turisti facoltosi e, infine, all'ultimo piano si trovava l'esclusivo appartamento di One Shott, dal quale amministrava l'intera attività e, occasionalmente, diveniva teatro di party privati, spesso fonte di troppi pettegolezzi scandalistici.
«Fantastico, non c'è nessuno!» sbuffò Rose, lasciandosi cadere sopra uno dei divani a disposizione. Non potei fare a meno di notare che Morgan scelse una sedia sul lato opposto del tavolo pur di stare il più lontano possibile dalla ragazza: così, ancora una volta, mi ritrovai incastrata tra i due fronti.
Una barista fece capolino, accostandosi a noi. «Cosa vi porto, ragazzi?» e meno di un'ora più tardi la superfice del tavolo si trovò sommersa da bicchierini vuoti, bottiglie di birra lasciate a metà e calici pieni di ghiaccio sciolto; in compenso, sembrava che l'alcool avesse riappacificato Rose e Morgan, o per lo meno aveva instaurato una breve tregua: pur trovandoci all'interno e fuori il sole era già tramontato, Morgan non si era ancora tolto i grossi occhiali da sole, e, armeggiando con un elegante calice ormai vuoto da tempo, era immerso negli aneddoti delle sue scopate più particolari senza preoccuparsi di abbassare la voce o censurare qualche dettaglio, mentre Rose continuava a tracannare birra e fare delle brevi pause solo per ridere fino alle lacrime o invogliarlo a scendere ulteriormente nei particolari più scabrosi. Ammetto che la situazione fosse imbarazzante, ma almeno non erano sull'orlo di azzannarsi alla gola a vicenda.
Restammo lì per chissà quante ore, io intenta a godermi il mio successo diplomatico e gli altri due occupati a non rendersi conto di stare intrattenendo i pochi avventori presenti, e quando la barista stava per lasciarsi andare un sospiro di sollievo – convinta che stessimo finalmente andando via – la porta si aprì lasciando entrare un gruppetto di sei giocatori di football con i loro borsoni ingombranti, tutti con pantaloncini succinti e canottiere aderenti che lasciavano poco spazio all'immaginazione. «Se avessi saputo che oggi ci sarebbe stata serata,» esordì La Tigre notandoci dal bancone « mi sarei sicuramente messo qualcosa di più elegante!»
Morgan si morse un labbro rosso di vino, squadrandolo da testa a piedi. «Tranquillo, non siamo esigenti sull'outfit dei partecipanti.» disse ironico, lasciandosi scappare un occhiolino. «Se volete sedervi con noi, saremo ben felici di sdebitarci per l'invito alla tua festa!»
Avrei voluto obbiettare e proporre ai miei amici di rincasare, ma i ragazzi non si lasciarono pregare. In poco tempo mi ritrovai schiacciata tra i giocati di football della scuola e, quando mi accorsi di essere praticamente appiccicata al braccio muscoloso di Jason Woods, capì che non sarei stata più in grado di proferire parola per almeno due giri; sperai, per lo meno, che gli altri scambiassero il mio arrossire per l'effetto dell'alcool.
Non passò molto prima che la situazione degenerasse: Lucas si impadronì di un telecomando raccattato sul bancone e lo usò per alzare al massimo la musica di sottofondo, trascinando alcune ragazze lì presenti a ballare in mezzo ai tavoli, mentre Morgan e altri compagni di squadra lo seguirono senza pensarci troppo. Rose, dal canto suo, si disse troppo ubriaca per alzarsi in piedi e sostituì l'amico nel raccontare gli aneddoti non più privati della propria vita sessuale, con i giocatori rimasti accanto a noi che non potevano fare a meno di pendere dalle sue labbra, divertiti, interessati e scandalizzati allo stesso tempo; Jason, col viso già arrossato dall'alcool, non si tirò indietro nel darle manforte con commenti ironici o brevi storie sulle proprie esperienze. Infine, io mi lasciai trasportare dalla spensieratezza del momento, ritrovandomi perciò a spronare tutti ad andare a ballare.
«Sapete che domani abbiamo tutti lezione, vero?» disse Simon, lanciando uno sguardo sbalordito all'orologio sul muro.
«Ci penseremo domani!» rispose Jason, poco interessato, salendo sopra uno dei tavolini. «È arrivato anche il padrone!» concluse, indicando One Shot con un cenno del capo. Il proprietario del locale, probabilmente attirato dalla musica e dalle grida del nostro gruppetto, aveva lasciato il suo appartamento per unirsi alla festa, e ora ballava e barcollava a pochi passi dietro un'ignara Rose.
Alla fine fu una delle bariste a porre fine al party improvvisato, staccando la musica e avvertendoci che era arrivata l'ora di lavare il pavimento. Jason mi sussurrò una battuta all'orecchio e io risi, ma non ricordo di preciso cosa mi disse.
La mia macchina era parcheggiata poco distante dal The Statium, e, con la scusa che a quell'ora le strade erano troppo buie e pericolose per noi, Jason e Lucas ci accompagnarono fino a lì. Il tragitto, normalmente lungo solo pochi minuti, si allungò drasticamente a causa di Rose, piegata su se stessa intenta a vomitare tra due macchine scure mentre Lucas e Morgan la sorreggevano, deridendola. Questo permise a me e Jason Woods di restare soli a chiacchierare in disparte, ma – ancora una volta – non ho molti ricordi chiari di quello che dicemmo; ricordo solo la mia risata e i suoi occhi, verdi e lucidi, che brillavano divertiti.
Alla fine raggiungemmo la macchina e, dopo altri lunghi minuti persi in chiacchiere e sigarette, i due campioni della Armony si voltarono, allontanandosi nella penombra e lasciandoci finalmente sole. Io e Morgan dovemmo dunque caricarci Rose sulle spalle per farla sdraiare nei sedili posteriori dell'auto, nella speranza che non tornasse a vomitare sopra gli interni.«Quindi è vero,» esordì Morgan prima di sedersi sul sedile del passeggero, col suo solito sorrisetto malizioso «hai una cotta per Jason Woods!»
Probabilmente gli risposi prima di mettere in moto il motore, ma non sono certa di cosa dissi.
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Cioccolato Fondente
Roman pour AdolescentsCi troviamo nel college di Armony, dove gli studenti vivono vite avvincenti piene di intrighi, amori e incomprensioni (e anche un enorme mistero da risolvere). Riusciranno i protagonisti ad arrivare alla fine dell'anno sani e salvi? Lo scoprirete so...