Manuel sedeva sdraiato sulle gambe della madre, la mano di lei che delicatamente gli carezzava i capelli, la quiete dopo la tempesta, l'adrenalina che lentamente lasciava il posto alla tranquillità e alla certezza che da quel momento in poi sarebbe stato libero. Si vergognava per essere finito in quel giro, per aver creduto di essere abbastanza maturo e adulto da potersela cavare da solo. Era stato invece risucchiato in un vortice dal quale non era più riuscito a tirarsi fuori e, se adesso era libero, in parte lo doveva pure a Simone che, pur sbagliando, aveva comunque cercato di dargli una mano a modo suo.
In quell'istante, tra le braccia materne, si sentì al sicuro, abbastanza da aprirle il suo cuore. Perché Manuel sapeva bene di avere sbagliato, ma la verità era che non sapeva dare un senso e un nome a quel tumulto di pensieri che impegnava la sua mente nell'ultimo periodo. Non c'era stata solo la questione di Sbarra a preoccuparlo, ma anche il suo rapporto con Simone. Che cosa gli era preso? Perché l'aveva baciato? Gli era bastato sentirsi dire da una persona che non voleva lasciarlo, che gli voleva bene, per credere che quell'affetto significasse qualcosa di più? Era vero, con Simone era diverso, con Simone tutto aveva un'intensità differente e non riusciva ancora a spiegarsi come fossero diventati tanto vicini in così poco tempo. Non ricordava nemmeno più i motivi che li avevano spinti più volte alle mani. Sembrava una vita fa.
Eppure, lui era attratto dalle donne, questa per lui era l'unica certezza. Aveva voluto bene a Chicca e si era sentito grande e maturo a frequentare Alice. Che altro c'era da dire? I suoi sentimenti erano chiari. E allora perché, ogni volta che Simone provava a tirare fuori l'argomento, lui sentiva il bisogno di mettere una netta distanza tra di loro? Di distruggere Simone, in modo da allontanarlo? Gli occhi feriti e colmi di lacrime di lui si erano piantati sulla sua retina come un fermo immagine che non voleva più lasciarlo. Non avrebbe dovuto dirgli quelle cose. Non le pensava nemmeno. Eppure era la seconda volta che finiva per trattarlo nel modo più crudele possibile, trasformandosi in una persona che sapeva di non essere. Perché Manuel non era omofobo, non era un ragazzo superficiale, di questo ne era convinto. Ma in presenza di Simone non riusciva a controllare quel filtro naturale che selezionava ciò che la testa pensava e ciò che la lingua pronunciava. Sentiva solo una miriade di sensazioni a cui non sapeva dare un nome, che non sapeva cosa volessero dire e si domandava perché, tra tanti, stessero dando fastidio proprio a lui.
Manuel, tuttavia, era pentito. Teneva a Simone molto più di quanto gli dimostrasse. Non meritava di essere trattato in modo tanto meschino, specialmente dopo essersi spinto tanto in là per provare a difenderlo e tirarlo fuori dai guai con Sbarra. Era stato uno stronzo, non c'era altro modo per definirlo.
"Ho perso pure Simone" disse a sua madre, che continuava a passare le dita tra i suoi ricci ribelli e si arrestò di colpo al sentire quelle parole.
"Non l'hai perso Simone" lo confortò con tono materno, pur non sapendo cosa li avesse spinti a litigare e allontanarsi. Anita sapeva ciò che Simone provava per lui, perché era stato proprio Dante a raccontarglielo. Si chiedeva se suo figlio ne fosse a conoscenza. Nonostante ciò, era convinta che avrebbero trovato il modo di chiarire, come avevano sempre fatto fino a quel momento.
"E invece sì" rispose lui afflitto. Questa volta sapeva di essersi spinto troppo in là. Non lo aveva solo rifiutato e umiliato, gli aveva persino fatto credere di non avere alcun valore per lui. "Tu per me non esisti", quelle parole continuavano a riecheggiargli nella mente come un disco rotto. Quanto avrebbe voluto rimangiarsele, poter tornare indietro e gestire le cose in modo diverso. La verità era che Manuel non era grande, non era maturo, non era un adulto. Era solo un ragazzino alle prese con qualcosa più grande di lui, qualcosa che non aveva gli strumenti per affrontare e chi ne aveva fatto le spese era stato Simone.
Proprio in quell'istante, come se dentro di sé sentisse che stesse per accadere l'irreparabile, il rumore di qualcosa che si infrangeva contro i cassonetti portò entrambi a sussultare, tirandosi fuori dal letto con rapidità per affacciarsi alla finestra.
"E' Simone!" urlò Manuel. "Simo!" lo chiamò spaventato, nella speranza che il suo amico gli rispondesse, che gli desse qualche cenno. Pochi momenti prima aveva detto a sua madre che aveva perso Simone, e adesso rischiava veramente di averlo perso per sempre.
Scese i gradini a due a due, con il cuore che gli martellava nel petto e la visione offuscata dal panico e dal terrore. Gli si accovacciò vicino, prendendogli la testa coperta dal casco tra le mani.
"Non lo toccare" disse Anita. "Potrebbe avere qualche lesione" gli spiegò sua madre.
"E' pieno di sangue, ma'" esclamò spaventato, avvicinando una mano al suo viso. Non aveva mai affrontato una situazione del genere. Non aveva mai visto nessuno stare male e rischiare la vita. Fino a quel momento quella di Manuel era stata un'esistenza piuttosto facile, in fondo. Sua madre, pur disastrata e problematica, non gli aveva mai fatto mancare nulla e aveva sempre cercato di proteggerlo. Come faceva a sapere cosa fare? Come faceva a mantenere la calma necessaria per chiamare un'ambulanza, quando tutto ciò a cui Manuel riusciva a pensare era solo Simone steso per terra inerme?
"Lo so, Manuel, stai tranquillo" provò a dirgli lei accovacciandosi a sua volta per controllare che Simone fosse ancora vivo.
"E' colpa mia" mormorò tra sé, mentre Anita metteva giù il cellulare e lo informava che l'ambulanza sarebbe arrivata tra pochi minuti.
"Ma che dici, Manuel. No che non è colpa tua" lo confortò, prendendogli il viso tra le mani per costringerlo a guardarla negli occhi. "Non pensarlo neanche per scherzo."
"Se non gli avessi detto quelle cose, se gli fossi stato accanto dopo avergli detto di suo fratello..." pronunciò con un filo di voce. Era stato un pessimo amico. Lo aveva abbandonato nel momento del bisogno, lasciandolo da solo coi suoi fantasmi, facendogli credere di non poter contare su di lui. Peggio, che a Manuel non interessasse minimamente di lui. Quanto doveva essersi sentito solo: tradito dal padre e dall'unica persona alla quale avesse rivelato le proprie confidenze.
"Non potevi impedirlo. Non toccava a te controllarlo, Manu" gli passò una mano sul viso, fermandosi sulla sua guancia. Quanto le faceva male vedere suo figlio soffrire. Non osava immaginare cosa avrebbe provato Dante dopo aver saputo di Simone.
Ma per quanto le parole di sua madre potessero cercare di dargli conforto, Manuel la verità la conosceva. Forse non avrebbe potuto impedirgli di salire su quella moto, ma forse Simone non ci sarebbe voluto salire nemmeno se lui gli fosse stato accanto, se gli avesse dato modo di sfogarsi, se non lo avesse rifiutato in modo tanto meschino e crudele. Se si fosse comportato da amico.
Non le rispose, intanto sentiva le sirene farsi sempre più vicine. I suoi occhi puntati sul viso tumefatto di Simone e la salivazione azzerata. Vide due uomini parlare con sua madre e poi avvicinarsi al corpo di Simone. Li osservò mentre gli sfilavano lentamente il casco dalla testa e lo posizionavano su una barella, tenendogli il capo fermo tra due cuscini.
"Posso salire? Oh, mi fate salì?" chiese agitato a uno di loro, mentre sua madre chiedeva all'altro in quale ospedale l'avrebbero portato. Manuel voleva esserci, nel caso Simone avesse aperto gli occhi. Non voleva che si svegliasse da solo, in un luogo che non conosceva, senza che potesse capire cosa stesse accadendo.
"Saresti solo d'intralcio. Potete seguirci con la macchina" gli rispose secco questo, chiudendo la portiera dell'ambulanza senza nemmeno dargli tempo e modo di protestare.
"Ma', piglia il casco" disse a sua madre mentre correva a tirare fuori dal garage il suo motorino.
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Vuoi morire, vivere con me
Dla nastolatkówHo cercato di riempire a modo mio, e grazie anche a dei prompt su Tumblr, il mese saltato durante la fiction. Tra scene in ospedale mancate, e baci improvvisi, questa è la mia visione di quel mese. Spero vi piaccia!