Tu insegnami come si fa ad imparare la felicità

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So che sono passati mesi dall'ultima volta che ho aggiornato questa storia e che ormai chiunque l'avesse letta e aspettasse un seguito l'avrà probabilmente dimenticata e va bene così, vi capisco ahah. Non pensavo di metterci così tanto, che l'ispirazione mi abbandonasse per così tanto tempo. Ma ci tenevo a finirla, perché di lasciare le cose incompiute proprio non mi va giù. Quindi ecco qui l'ultima parte della storia. Magari riprenderò a scrivere quando ci sarà la nuova stagione o se dovesse esserci qualche prompt o la voglia di scrivere di qualche loro momento successivo a questo capitolo. Ma per il momento that's it. E ringrazio chiunque l'abbia letta o messa tra i preferiti, e chi sarà rimasto a leggere anche quest'ultima parte. Enjoy <3 

PS: Dato che nella serie non hanno mai esplicitato ciò che è realmente successo tra i due, io ho preferito pensare fosse solo un bacio. Magari un bacio mooolto appassionato, ma che non siano andati oltre. Sia perché lo ritengo più credibile, sia perché preferisco che la loro prima volta avvenga diversamente. Lo puntualizzo perché in questa storia si fa solo riferimento al "bacio". Che poi in questa storia sono più di uno in realtà, dato che c'è anche quello a bordo piscina ahah.

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Ma nell'ipotesi e nel dubbio

Di aver disintegrato tutto

E nell'ipotesi e nеl dubbio che io mi sia perso

Che abbia lasciato distrattamente indietro un pezzo

Tu insegnami come si fa ad imparare la felicità


Manuel era seduto sul muretto fuori dalla scuola. Tra le mani, coperte da dei guanti neri con le dita tagliate, il libro di inglese per ripassare. Lì accanto i suoi compagni di classe parlavano dell'ultimo compito in classe che dovevano svolgere quella mattina, ma la sua mente era da tutt'altra parte.

Alzò distrattamente gli occhi al cielo quando sentì una goccia di pioggia posarsi sulla sua fronte, chiedendosi come sarebbe tornato a casa in moto con quel tempaccio. Odiava l'inverno, non sopportava il Natale e non tollerava il freddo che si insinuava nelle ossa, mettendolo di cattivo umore. Si strinse nel giubbotto, dopo aver chiuso il libro di inglese, pronto a rientrare dentro in vista della pioggia.

Davanti a sé Simone ridacchiava con Mattia, mentre quest'ultimo giocherellava con le dita della sua mano sinistra, soffermandosi sulla cicatrice di quel polso che era stato operato tanti mesi prima. Portava un maglione nero a collo alto e un parka dello stesso colore. Al lobo sinistro sempre lo stesso orecchino con cui l'aveva sorpreso a inizio anno scolastico.

Non gli parlava da qualche tempo, ormai. Dopo la sfuriata fatta alla cena che si era tenuta a casa sua, il loro rapporto si era freddato. Erano compagni di classe e si rivolgevano chiaramente la parola ma, con l'andare delle settimane, avevano smesso di frequentarsi anche al di fuori delle lezioni. In fondo era stato Manuel a chiedere a Simone di stargli alla larga, non poteva biasimarlo se lui, per una volta, gli aveva dato retta. Per settimane aveva cercato il modo di ricucire quello strappo, pensando a una battuta da dirgli per stemperare la tensione, o uno stratagemma inventato pur di rivolgergli la parola o passare del tempo con lui al di fuori della scuola. Ma poi non aveva mai trovato il coraggio. Non era mai riuscito a dirgli 'mi dispiace'. Perché Manuel lo sapeva che era colpa sua. Era stato lui a respingere e allontanare Simone. Lo aveva aggredito senza motivo a quella festa, preso dalla gelosia e dalla rabbia per la promessa infranta di quella confessione fatta a Laura. Ma ne valeva la pena? Era così grave da non rivolgergli più la parola? Assolutamente no. Eppure l'orgoglio aveva avuto la meglio, e adesso era passato talmente tanto tempo, che ritrovare la strada del dialogo sembrava richiedergli uno sforzo insostenibile.

Vuoi morire, vivere con meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora