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Le settimane passavano, e con loro anche la tensione nell'aria. Seppur con qualche muro difensivo in più, la loro amicizia era ripresa quel che era, con più sofferenze e consapevolezze che però entrambi sembravano ignorare.

Giunse Natale, e con lui il pensiero dei regali.
Ma il pensiero che più attanagliava la mente di Manuel era il regalo che avrebbe dovuto fare a Simone.
Perché sono amici, e si sa, fra amici ci si fanno i regali.
Giusto?

Si ma loro non sono semplici amici, e questo Manuel lo sa bene. Lo sa talmente bene che ha speso tre pomeriggi interi a viaggiare in su e giù per la stanza ad annotare, cancellare e scribacchiare idee per un regalo che potesse colpire Simone a tal punto da ottenere il suo perdono.
Così Manuel sarebbe stato in pace con sé stesso e avrebbe liberato il demone interiore che lo perseguitava di giorno e di notte e che gli ricordava di essere stato uno stronzo senza cervello.

"Ma che me sto a fa', le pippe mentali per un regalo a Simone?" arrivò a dire uno di quei pomeriggi.
"M'importa niente, gli farò gli auguri e se li farà bastare. Nc'ho bisogno del su perdono." Giusto?

Così Manuel arrivò l'ultimo giorno di scuola davanti a Simone senza un regalo o una lettera.
Perché gli amici nc'hanno bisogno di regali giusto?

"Auguri Simo'." Manuel diede una pacca sulla spalla al ragazzo entrando in aula.
"Auguri Manu'." rispose Simone.
"Chicca ha organizzato na festa stasera, te ce vai?" lo informò Simone.
"Nun sapevo niente di Chicca e della festa. Nce parliamo più, figurati se me viene a informa' de sta cosa" rispose Manuel appoggiando la testa assonnata sul banco di fianco a Simone.

"Mo lo sai. Allora ce vai?"
"Te ce vai?"
"Boh ci sta" rispose vago il ragazzo.
"Allora anche io" rispose di getto l'altro.

Si guardarono.
Si scrutarono.
E realizzarono quel che aveva detto Manuel.

"Che fai, c'hai bisogno dell'accompagnatore?" rise Simone.
Manuel lo guardò ridere e si accorse che gli piaceva la sua risata: era pura, genuina, una ventata di aria fresca.
Smettila.

"Stai zitto Simo'." lo rimbeccò ridendo Manuel.
Sembrava fossero tornati ai vecchi tempi, in cui si picchiavano pur di avere un contatto fisico.
Le due risate entrarono in sintonia, gli occhi si cercavano e le mani interagivano fra loro.

Il cuore di Simone batteva all'impazzata e Manuel si stupì di scoprire che pure il suo aveva una frequenza differente dal solito.

La lezione iniziò, e con i cuori più leggeri e i sorrisi un po' più accesi i due non smisero di guardarsi neppure un solo minuto, insaziabili della bellezza dell'altro.

**
Arrivò il giorno della festa, e con lei il panico.
Che me metto? era la domanda che viaggiava nella loro testa a milioni di kilometri al secondo.

Manco fossi na pischella oh pensò Manuel.

Non che ovviamente Manuel avesse da fare colpo su qualcuno eh, ci mancherebbe; Manuel era bello così: sapeva di piacere, e se fosse andato alla festa con un sacco della spazzatura addosso sapeva che gli occhi di tutti -compresi i suoi- sarebbero stati sulla sua figura.

Simone invece era più insicuro su questo fatto, e non avrebbe mai immaginato, per niente al mondo proprio, che quella sera gli occhi di quel ragazzo sarebbero stati addosso alla sua figura tutto il tempo. E sebbene Laura gliene avesse parlato, Simone continuava a riderci su perché deve aver fumato qualcosa di forte prima per guardare uno come me con tutte le ragazze che gli sono attorno.

Ma Manuel non aveva fumato niente prima di arrivare alla casa in cui si svolgeva la festa.
Era semplicemente incatenato dalla bellezza del ragazzo che definiva il suo migliore amico.
Tuttavia pensò di aver fumato quando sentì uno strano dolore al centro dello stomaco, come una spina di rosa che pungeva. Il ronzio nelle orecchie rendeva i suoni più attutiti e gli occhi non smettevano di divorare le figure dei due ragazzi che -a detta sua- erano veramente troppo vicini.

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