05. Capitolo cinque

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Si fecero in fretta le dieci ed io ne approfittai per cambiarmi d'abito. Abbandonai il pigiama, che consisteva in una semplice maglietta e dei pantaloncini, indossando al suo posto la tuta grigia. Presi dal comodino il cellulare, infilando il cavo delle cuffiette nell'apposita fessura, cominciando a scendere le scale in direzione dell'ingresso. Scelsi una canzone tratta da una delle mie playlist preferite, prendendo le chiavi ed uscendo di casa. Avevo bisogno di rintanarmi per qualche ora in un posto tranquillo, per scaricare lo stress del giorno precedente. Cominciai così a correre a perdifiato, ignorando il resto del mondo mentre 'Animal I have become' dei Three Days Grace mi sfondava i timpani, dandomi in quel modo la giusta spinta per aumentare ulteriormente il passo. La gola mi bruciava e il corpo mi chiedeva di fermarmi eppure io trovavo quelle sensazioni soddisfacenti e anche estremamente rilassanti. Potevo tornare a concentrarmi sulle cose realmente importanti, ignorando completamente quello che era accaduto la mattina precedente o i pensieri tenebrosi che mi avevano annebbiato la mente durante l'uscita con i miei amici. Spalancai le labbra, prendendo fiato, decidendo mentalmente la tabella di marcia per quella mattina: flessioni, push-up, plank, combattimento senza quirk e tentare di sfruttare il mio corpo al massimo nell'utilizzo della mia unicità. Era sempre così, partivo prima con esercitazioni che non prevedevano l'utilizzo della OFA e poi man mano cercavo di impegnarmi sempre più e arrivare anche laddove mi era ancora impossibile farcela. L'avevo sempre trovata una mossa intelligente: fortificare il mio corpo senza appoggiarmi troppo a quel potere a me ancora sconosciuto. Dovevo sfruttarlo a mio favore, era vero, eppure al tempo stesso dovevo prepararmi nella remota possibilità che tornassi ad essere un senza quirk. Non potevo di certo rimanere debole, incapace di muovermi in un mondo basato sulla legge del più forte. Solo chi poteva difendersi ed attaccare sopravviveva, colui che era incapace di ciò aveva un unico destino: perire. Era stata un'ardua lezione da imparare, per anni ero stato cieco di fronte alle disgrazie che colpivano la mia nazione. Ero troppo impegnato a lodare i miei adorati eroi per rendermi conto che, dietro al vasto numero di persone salvate, vi erano cittadini che non avevano ricevuto alcun tipo d'aiuto e che erano morti in un qualche attacco da parte della malavita. Questo però non era solo un mio problema ma dell'intera società, nemmeno i telegiornali perdevano tempo dietro argomenti così tristi. Preferivano mostrare un sorriso o far ascoltare la voce degli eroi piuttosto che perdersi dietro alle urla straziate dei familiari di un qualche civile morto o di lacrime che rigavano decine di volti. Perché? Perché tutti si nascondevano dietro al tanto acclamato lieto fine? Come se tutto potesse concludersi in modo positivo, come se non esistessero vinti e volti noti vincessero sempre sul dolore e sul male. Per quel motivo mi ero imposto di diventare un eroe migliore, di non lasciarmi dietro nemmeno un civile e di mettere a repentaglio la mia vita pur di salvare più persone possibili. Meglio difendere che combattere, ciò era quello che mi aveva insegnato All Might e con cui mi trovavo in pieno accordo.
Quando giunsi in prossimità del bosco rallentai la mia corsa, decidendo di proseguire a piedi. Quando pioveva il sentiero diveniva impraticabile: rocce nascoste sotto a cumuli di foglie e fango a far scivolare chiunque lo toccasse. Più volte avevo rischiato di rimetterci il gomito, ottenendo dei lividi violacei sparsi sul corpo, ma non avevo mai voluto abbandonare quel posto. Era un posto di pace, in cui potermi sfogare senza essere preso in considerazione da nessuno o in cui poter dare vita ai miei dubbi o turbamenti. Nessun altro luogo avrebbe potuto eguagliarlo, di questo ne ero certo.
A discapito di quanto pensassi, però, il terreno non era stato toccato dall'acqua, permettendomi di camminare senza prestare realmente attenzione a dove mettessi i piedi. Il mio corpo procedeva automaticamente, senza ottenere alcun tipo di indicazione da parte del mio cervello, saltando da una roccia all'altra o sorpassando qualche rigagnolo. Mi fermai solo quando giunsi alla mia meta, una piana di circa cento metri in cui si poteva scorgere solo il prato verde e qualche fiorellino colorato. In quel luogo, non ne sapevo il motivo, non era cresciuto nessun albero ed era perfetto per ospitare i miei lunghi allenamenti.

Missione: protezione MidoriyaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora