Prologo

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Camminava nella notte, in una città dimenticata, ammantata di mistero e antichità. Spavaldo, sicuro che nessuno ormai potesse intralciarlo, incedeva per una stradina secondaria, che conduceva verso un quartiere periferico; la via era acciottolata, coperta da uno strato di muschio e vegetazione, e delimitata da due muretti in pietra, uno per lato, che ne scandivano l'andamento. Al suo passaggio calava una fitta nebbia, che rendeva la vista difficoltosa e il luogo ancora più spettrale; trasportava in una mano un logoro rotolo di papiro e, tenendola sotto un braccio, una grossa urna nera, incisa con illeggibili rune luminose. Vestiva dei pantaloni lunghi, fatti di un bizzarro materiale dallo strano colore, che raggiungeva dei toni di un blu quasi innaturale, delle strane scarpe di tela bianche e nere ed era coperto da una strana maglia verde e nera a scacchi ed attraversata, per tutta la sua lunghezza, da una striscia metallica, che terminava con una fibbia, anch'essa metallica, all'altezza della bocca. Portava il cappuccio alzato sulla testa, che cercava di nascondere un viso giovanile e un paio di occhi sfuggenti. A guardarlo, sembrava solo un esile ragazzo vestito in maniera stravagante, ma una strana energia aleggiava intorno a lui. Mentre proseguiva per la sua strada, si compiaceva soddisfatto di come avesse ingannato quegli sciocchi sacerdoti di Rel Mord, avendoli convinti a consegnare loro stessi e di buon grado la loro preziosissima urna nelle sue mani. E mentre pensava a tutte le vicende delle ultime settimane, il paesaggio intorno a lui da urbano diventava rurale, essendosi lasciato alle spalle città spettrale. Giunse in un campo vuoto e arido, occupato solamente da una cadente struttura in pietra dall'aspetto di un mausoleo con tetto a doppio spiovente. L'edificio era quadrato, realizzato in grandi blocchi finemente lavorati e accostati in maniera regolare tra di loro e dotata di un unico accesso frontale inquadrato da due colonne a fusto liscio, che fungevano da unico elemento decorativo. Il ragazzo varcò la soglia senza fermarsi né rallentare, inoltrandosi in un corridoio tenebroso e privo di illuminazione. Appena dopo l'ingresso era presente una ripida scala a chiocciola, che scendeva per svariati metri nel sottosuolo e terminava in un'ampia sala quadrata. Quando il ragazzo entrò, le torce ai quattro angoli, spente ormai da tempo immemore, avvamparono di arcane fiamme verdastre, che illuminarono l'ambiente circostante di pallida luce. Questa era completamente vuota e spoglia, se non fosse stato per la presenza un piedistallo di pietra posto nel mezzo e una grossa cassa di legno e ferro in un angolo, serrata da un pesante lucchetto di metallo. Egli si diresse con passo rapido e deciso verso il piedistallo e vi pose sopra la nera urna. Fatto ciò si diresse verso la cassa nell'angolo della stanza; ad un gesto della sua mano il lucchetto si aprì e ,scoperchiato il baule, vi pose all'interno il logoro ed ingiallito papiro, prima di serrare nuovamente il tutto. Alzatosi, si voltò verso l'uscita e si avviò lentamente verso di essa, guardandosi intorno compiaciuto per il suo operato; nella sua mente balenò l'immagine del momento in cui finalmente, a tempo debito, qualcuno sarebbe giunto nella sala per portare a termine ciò a cui lui aveva dato inizio. Quando uscì dalla stanza, le torce si spensero improvvisamente lasciando che le tenebre avvolgessero nuovamente ogni cosa. Percorse rapidamente le scale e l'oscuro corridoio, per ritrovarsi nuovamente sul basamento esterno della struttura; alzò lo sguardo verso il cielo, dove la luce lattea della Luna aveva squarciato il velo di nubi che opprimeva la volta notturna. Indugiò un momento, apprezzando la lieve brezza che gli carezzava il viso, prima di voltarsi nuovamente verso l'oscuro ingresso, osservandolo soddisfatto un'ultima volta. Poi si rivoltò verso l'arido campo, alzando leggermente un braccio e facendo schioccare sonoramente le dita; accennando un ultimo sorriso i suoi occhi balenarono di luce verde. Dapprima iniziò a sbiadire, per poi immediatamente sparire, lasciando al suo posto soltanto una nuvoletta di polvere, che subito si dissolse in un'improvvisa folata di vento. Pochi istanti dopo dal campo, che fino a pochi secondi prima era stato arido e secco, spuntarono violentemente decine e decine di arbusti dalle foglie larghe e con rami aggrovigliati. Contemporaneamente dall'ingresso della struttura balenò la luce sinistra di due occhi rossi, seguita da una maligna risatina, che si perse poco dopo nella oscura eco del corridoio.

La stirpe del potereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora