seconda parte

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Volto la testa da un'altra parte e cerco di non pensare alle sensazioni che provo in questo momento. Non ho ancora il coraggio di affrontare i miei sentimenti, non voglio pensarci.
Ultimamente è tutto così diverso e strano che non so più cosa è vero o cosa mi immagino.
Per fortuna la giornata è finita e posso andare a casa, perché se fossi rimasto ancora a scuola avrei finito per continuare a pensare a lui e al suo sguardo che si illuminava mentre parlava con quel ragazzo, che tra l'altro, da quando l'ho visto poco fa, mi sta un bel po' sulle palle.
Inizio a camminare lentamente, non riuscendo a liberare la mia mente dai pensieri, mettendo le cuffie alle orecchie e alzando il volume al massimo, per non sentire nulla di quello che mi circonda.
Guardo i miei piedi e le mie gambe mentre avanzo con piccole falcate.
Non passa neanche un minuto che sento una mano poggiarsi sulla mia spalla, e potrei riconoscerlo tra tutti, perché quello è il suo tocco e ne sono più che sicuro, un peso così leggero e una sensazione di calore che si irradia intorno a quella zona. Senza che la mano si sposti, sento l'altra che mi toglie una cuffietta, con la stessa delicatezza che la caratterizza, e la lascia cadere giù, l'altra ancora appesa al mio orecchio che si regge con forza.
Sento il suo respiro vicino al collo e la sua presenza dietro di me, mentre noto che la sua ombra copre la mia.
Mi giro lentamente, perché il mio cuore al momento sta battendo davvero troppo velocemente e non so se potrei sopportarlo.
Ma appena lo faccio vedo al suo fianco quel ragazzo, quello a cui stava sorridendo. E quei battiti si fermano, e l'allegria di parlargli viene in secondo piano, quando vedo il ragazzo che poggia una mano sul suo fianco, e lo tiene stretto a sè, come per farmi capire che per me non c'è posto.
Nonostante tutto, mi rendo conto di essere una vera femminuccia quando Gabriele parla e io resto ad ascoltarlo come un ebete, perché la sua voce bassa e suadente mi annebbia i pensieri.

"Ehy, ti ho chiamato un bel po',pensavo stessi cercando di evitarmi? Dovevamo tornare insieme no?" E le sue sopracciglia si aggrottano mentre mi guarda, con un'espressione interrogativa dipinta in volto.

"S-si, ma eri occupato quindi..." dico con voce tremante, completamente imbarazzato e affitto, dato la sensazione di fastidio che, imperterrita, non mi permette di rilassarmi.
Gabriele guarda verso il ragazzo, probabilmente capendo a cosa mi stavo riferendo.
"Ma no, io e Miky stavamo solo parlando, volevo fartelo conoscere in realtà, avevo in mente di aspettare che uscissi"
"Oh, allora va bene" fingo un sorriso, perché più vado avanti e più sento di essere un intruso. Tutta questa tensione nell'aria mi fa sentire sbagliato e terribilmente di troppo, e ho solo voglia di scappare e andare a casa.
Quel ragazzo, che nel frattempo era stato in silenzio ad osservarmi mi porge la mano e sorride, senza spostare di un millimetro quella poggiata sul fianco di Gabriele, e potrei giurare che quello che mi dona è uno dei sorrisi più finti mai visti in vita mia. Finalmente parla:
"Piacere , sono Michele, Gabriele mi ha parlato di te" la sua voce è bassa, ma allo stesso tempo è diversa da quella del ragazzo alla sua sinistra, perché è fredda e tagliente ed è così composta che quasi mi mette i brividi.
Nonostante il sorriso palesemente finto, i suoi occhi mostrano determinazione e durezza.
Guardo un attimo la sua mano, ora molto vicina, tesa e dritta, che aspetta di essere stretta. Così lo accontento, allungo la mia e la stringo alla sua, biascicando un misero "Ciao", e forse mi sbaglio quando lui la stritola fortemente, facendomi scattare per sottrarre l'arto il più velocemente e lontano possibile. Lo guardo con durezza, proprio come lui ha guardato me, e stavolta faccio un sorriso finto anche io.
Ormai c'è un silenzio imbarazzante tra noi, io e Michele che continuiamo a squadrarci e Gabriele che, ormai quasi rassegnato, cerca di pensare ad un modo per uscire da tutto questo imbarazzo.
"A-allora noi andiamo, ci vediamo domani" dice a Michele, sorridendogli e facendogli un cenno con la mano.
Finalmente. 
Abbasso la testa e accenno un sorriso vittorioso, cercando però di non farmi vedere dai due ragazzi, e mi stringo un braccio, mentre l'altro è teso e dritto.
Lo stronzo però si accorge del mio sorriso di vittoria, e, appena alzo lo sguardo cercando di trattenermi, prende Gabriele per un braccio, fino a tirarlo verso di lui, il petto quasi attaccato al suo, mentre con una mano stringe la sua vita e con l'altra il suo viso.
E lo bacia lì, davanti a me, stringendolo a se e alzando per un secondo lo sguardo su di me, che resto completamente immobile.
Le lacrime minacciano di uscire furiose e non voglio che accada, non voglio che lui mi veda così e non voglio che i miei sentimenti ancora incerti vengano fuori proprio in quel momento. Giro la testa di lato e cerco di non voltare lo sguardo, perché se lo facessi probabilmente le mie difese crollerebbero e il mio tentativo sarebbe vano. Guardo la folla di ragazzi che esce e si incammina verso casa, cerco di distrarmi con tutto quello che può servirmi per non pensare e per non sentire il suono delle loro labbra che si cercano. E fortunatamente per un po' ci riesco, il tempo che loro impiegano per staccarsi e allontanarsi. A quel punto mi decido a voltarmi e a guardare con deusione i due ragazzi. Gabriele arrossisce pesantemente, tanto che le sue guance sono di un rosa vivo, e ha i capelli scompigliati, mentre Michele ha un ghigno stampato in faccia che mi verrebbe voglia di togliere a suon di pugni. Pezzo di merda.
Gabriele si volta verso di me e mi guarda con quegli occhi che sorridono, e io mi sento sempre più male, il peso sul petto che cresce sempre di più, e non posso fare a meno di pensare che lui è felice e io mi sento come se un masso gigantesco stesse cercando di farmi affondare nel terreno, sempre più giù.
Ed è così strano, perché ora ripenso a quella volta che ho baciato quella bambina in quarta elementare, Irene, e tutto è davvero così inutile da sembrare ridicolo, perchè solo ora inizio davvero a capire che questi sentimenti verso di lui sono forti e mi coinvolgono completamente e interamente, e questo mi spaventa.
Neanche mi accorgo che Gabriele ora è al mio fianco e aspetta che io mi muova per tornare a casa.
Quando incrocio il suo sguardo mi verrebbe voglia di afferrare il suo viso e baciarlo con tutta la passione che ho in corpo, proprio davanti a tutti, davanti a Michele, proprio com'è successo poco fa. E allo stesso tempo mi do uno schiaffo da solo, perche so di non poterlo fare. Neanche guardo Michele, troppo il bisogno di finire tutto in fretta, e inizio a camminare velocemente, con il ragazzo alla mia sinistra che ora mi segue silenzioso.

Per ben dieci minuti io e Gabriele restiamo in silenzio, nessuno dei due ha il coraggio di parlare per primo, e sono tanti i motivi. Entrambi guardiamo davanti a noi con le mani nelle tasche e lo zaino su una spalla sola, cercando di non guardarci, una distanza fisica di pochi centimetri ma  lontani chilometri.
Il mio umore ora è dei peggiori ed è anche per quello che sto cercando di accettare, perché sono solo io e non ho mai avuto vergogna di me stesso.

"Quindi...come ti è sembrato Michele? ". Non mi sarei aspettato un intervento da parte sua così all'improvviso, e non posso esserne contento, perché in questo momento la voglia di parlare con qualcuno, ma soprattutto con lui, è pari a zero.
E la sua voce è imbarazzata, un po' roca a causa del breve mutismo che ci ha accompagnato, anche se non saprei dire per cosa, se per il bacio o per la mia reazione che, anche se, avevo provato a controllare, era del tutto palese.
Quindi, come mi era sembrato Michele?

Un fottuto dito in deretano.

Ho voglia di urlare e piangere come un isterico.

Ti prego, fammi uscire da questa situazione.

"È...carino" sussurro, senza nascondere la mia irritazione.
"So che all'inizio può sembrare scontroso, ma è davvero un bravo ragazzo e mi piace".
"Non mi avevi detto di avere un ragazzo" ignoro completamente quel 'mi piace' per il semplice motivo che pensarci più del dovuto avrebbe fatto male.
"Noi...non stiamo insieme, più che altro ci piacciamo e usciamo ogni tanto". Biascica lui, mantenendo una andatura lenta e abbassando lo sguardo verso i suoi piedi.
"Si beh, in effetti non ho nessun diritto a dirti queste cose ...s-scusa per l'invadenza"
"No, no tu non sei stato invadente, siamo amici, avrei dovuto dirtelo" si affretta a dire.
Siamo amici.
Saremo solo questo noi due vero?
L'amarezza è troppa perché io possa rispondere, quindi resto in silenzio e continuo a camminare.
Neanche dieci minuti più tardi, i dieci minuti più lunghi ma allo stesso tempo più brevi della mia vita, arriviamo a destinazione, e non so se essere estremamente felice, il mio desiderio al momento è quello di fermare il tempo affinché possa rimane con lui ancora.
Mi fermo davanti al cancello di casa mia e mi volto verso di lui, che alza un angolo della bocca per simulare un sorriso, purtroppo non genuino dato il nervosismo.
Borbotto un lieve "Ci vediamo" e entro subito nel cancello, ancora troppo afflitto per parlare.
E forse sogno, forse mi immagino tutto, forse è solo la mia mente malata che ha troppa voglia di lui, della sua pelle, della sua bocca, di accarezzare i suoi capelli, perché improvvisamente sento la sua mano stringermi prepotentemente il braccio facendomi voltare, attirandomi verso di lui e senza preavviso le sue labbra finiscono sulle mie.

FINE

Io e Gabriele. (storia a tematica omosessuale)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora