Mi sveglio di colpo. Di nuovo quell'incubo, non mi lascia sola una notte.
Guardo l'ora e l'orologio segna le tre di notte. Fuori dalla finestra vedo tante stelle. Ormai, so che non riuscirò a dormire di nuovo, per cui prendo un paio di pantaloni, una felpa e mi cambio.
Forse, vista da fuori, sembro strana, insomma, non è frequente trovare una ragazza in giro, di notte, da sola.
Chiudo gli occhi, c'è un leggero venticello che mi sfiora la pelle, sembra capirmi, dimostrandomi, sbattendo sul mio volto, che almeno lui c'è.
Ho mille pensieri per la testa, ma uno sovrasta gli altri. Magari se avessi risposto a quella domanda, lei sarebbe qui e io non mi ritroverei a vagare alle tre di notte per la città da sola.
Di quella sera mi ricordo tutto, ogni parola, ogni verso, ogni sfumatura di colore, e io vorrei solo dimenticarla. Probabilmente può essere ritenuto strano, perché solitamente una persona vorrebbe ricordare ogni secondo dell'ultimo incontro con qualcuno. Perché gli ultimi incontri assumono una strana vena di malinconia, acquisiscono un significato diverso. Io, invece, vorrei non ricordarmelo, perché non sono io ad aver detto che non la volevo più vedere. Fosse stato per me, dopo quello scambio battute, ce ne sarebbero dovuti essere anche molti altri.
Non vorrei ricordare per un secondo in più le sue parole, la pioggia che le bagnava il volto, il pianto disperato di mio padre sul suo corpo, le mie lacrime, gli sguardi carichi di compassione che ancora mi perseguitano. Perché certe tragedie faranno sempre parte della persona che le ha vissute e se anche riuscirà a seppellirle, ci saranno sempre tante, troppe, persone a sapere.
Il tempo passa eppure fa ancora così male. Perché di lei non mi ricordo altro che quei poveri secondi che ci hanno diviso per sempre, la mia mente ha rimosso ogni ricordo felice che potessi associare a lei. Mi sono dimenticata ogni sua risata ed è successo tutto così velocemente da farmi dubitare che lei abbia mai veramente sorriso, eppure in quelle foto, quelle in cui mio padre si perde, che ormai sono consumate dai suoi pianti, quei ritratti di una vita e una normalità che purtroppo non c'è più da tanto, lei sorride.
In quei momenti, lei sorride e ha un sorriso talmente bello da illuminare tutto intorno a sé, sembra addirittura sorridere anche con gli occhi. Non posso credere che anche lì fingesse, non ce la faccio.
La mia mente mi riporta a quella domanda.
Cos'è per te la felicità?
Non lo so. Ci penso e ripenso ogni giorno, fermo sconosciuti in giro e glielo chiedo, ma non lo so ancora.
Voglio scappare, voglio evadere da questo mondo, voglio trovare il mio posto, ma più di tutto voglio dimenticare. Perché da troppo tempo sono convinta che la felicità sia del tutto relativa, oppure sia semplicemente qualcosa che nella mia vita stona, perché io le persone le vedo e sono sempre felici, soprattutto i bambini e quasi sono invidiosa, perché io non mi ricordo quando sia stata l'ultima volta in cui abbia fatto un vero sorriso. Sono da sempre abituata a sorridere per gli altri, ormai non so più come ci si senta a sorridere davvero.
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Sono al mare. Ho sempre amato il suo colore, il fatto che sia immenso e profondo. Mi dà un senso di tranquillità, come se ogni paura, preoccupazione, problema, non riesca a raggiungermi, troppo lontana da me e dal disastro che è la mia vita. Per me il mare è salvezza, è come un amico. È il mio migliore amico, l'unico che abbia mai avuto, ma anche l'unico che voglio realmente.
Non mi interessa di sembrare strana, rimango immersa finché i polmoni non mi bruciano alla ricerca d'aria, e quando devo per forza riemergere, lo faccio per pochi secondi, come se non volessi essere trovata. Perché io non voglio essere scoperta, perché sento costantemente i problemi che mi rincorrono e non mi lasciano riposare un attimo. La mia vita è così, un susseguirsi estenuante di complicazioni.
Vorrei solo scappare come una bambina che corre lontano dalla sua più grande paura.
Quella bambina è spedita, non si guarda indietro, vuole solo allontanarsi da quel mostro che la insegue, ma io non posso scappare dai miei demoni della notte, perché io stessa rappresento la mia più grande paura.
Ancora una volta, l'unico modo che ho per tenere i problemi fuori, è quello di donare la mia anima a queste onde che mi tengono compagnia da tutta la vita.
Per cui, non m'importa se sono senza costume, semplicemente m'immergo.
Il blu mi circonda e sembra volermi con sé, sembra essere felice d'avere compagnia, mi ricopre e io glielo lascio fare. Domani mi bruceranno gli occhi e sarò stanca, ma non m'importerà, perché per una notte in più ho potuto estraniarmi dal mondo.
Quando riemergo, mi sento tornata nella realtà, come quando dopo la fine di un libro ritorno alla vita vera.
Una realtà che però non mi piace, una realtà che non fa per me, che vorrei dimenticare.
Mi perdo di nuovo tra mille domande.
Io amo sorridere, lo faccio sempre, cerco sempre la cosa positiva e quado mi chiedono il motivo vorrei rispondere che lo faccio perché sono obbligata. Vorrei rispondere che lo faccio perché ho paura di quello che potrebbe succedermi se mi fermassi a pensare a quanto faccia schifo il mondo, ma sono parole troppo complicate anche solo da dire, così, rispondo con un semplice e banale: perché sì.
La verità e che, se dovessi guardare il lato negativo probabilmente non ne uscirei più, sorrido sempre perché ho imparato che a volte un sorriso può fare la differenza, può salvare una vita. Ho imparato sulla mia pelle quanta differenza possa fare un sorriso, anche se falso, come i miei.
Spesso mi chiedo quale sia il mio sogno più grande. Ogni volta la risposta è sempre la stessa: voglio essere felice, sempre, eppure ho il terrore di esserlo realmente.
Quand'ero piccola sognavo di poterla rivedere, mi illudevo che fosse tutto uno scherzo di cattivo gusto. Ci ho sperato per anni.
Ogni giorno andavo a dormire con la speranza che quello dopo fosse diverso, perché una bambina non può fare altro che sperare. Ero ancora tropo piccola per capire la realtà, per comprendere che lei non sarebbe mai tornata e che io ero destinata a dimenticarmela, come si dimentica qualcosa di poco importante. Eppure, dannazione, lei era una delle due persone più importanti della mia vita, non meritava di essere dimenticata.
Tutto questo non sarebbe dovuto succedere, io non dovrei essere in riva al mare ma tra le mie coperte, lei dovrebbe poter sorridere ancora e mio padre non dovrebbe aver paura di guardarmi.
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Il rumore del vento tra gli alberi è la mia unica compagnia nell'ennesima notte che sto passando ad osservare il nulla.
Poco fa sono tornata a casa, la sveglia segna le quattro e mezza di notte, il sole sorgerà tra circa un'ora, se non meno, e io sono sveglia a guardare le foglie che cadono dall'albero.
Tutta la città dorme, tranne qualche povera anima che è stata costretta a fare il turno di lavoro notturno e che sta tornando a casa ora, tutti gli altri stanno sognando cose belle o brutte. Poi, ci sono io.
Io che vorrei soltanto vivere una vita come le altre.
Poi ci sono io che vorrei ancora essere capace di dormire senza svegliarmi con il panico che mi chiude la gola.
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Il sole sorge, la sveglia suona, la città si sveglia, il cane della vicina abbaia, la giornata inizia e con lei anche la mia finzione fatta di sorrisi talmente programmati da sembrare veri.
Perché ormai la notte èfinita e io sono salva. Salva da me stessa.
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Cos'è la felicità?
ChickLitKate è una normalissima ragazza di diciassette anni. Vive una vita normale, ama rifugiarsi in un mondo solo suo. Ma ha una domanda che non le lascia un attimo il cervello. Una domanda alla quale non trova risposta, ma è determinata a farlo. Riuscirà...