Capitolo I

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Palpebre chiuse su occhi dorati. Notte incantata, oscura la luce del giorno.
Capo poggiato su braccia delicate.
Piccole, ma capaci di sostenere il mondo.
Mani abituate e sfogliare febbrilmente pergamena.
Dita sottili, che tentano di scoprire i misteri del Creato;
Sono forse i loro gesti il più grande segreto?
Labbra socchiuse, nel sonno leggero; Morte dolce quella di chi perisce assaggiandole.
Dita fredde, a sfiorare un boccolo ribelle color del miele,
Cascata in cui affogare con gioia
Ali di farfalla a sfiorarle una guancia.
Carezza proibita, forse per questo così agognata.
Piccola smorfia sul viso non del tutto rilassato,
Fruscio di mantello, silenzio assoluto.
Un fantasma creerebbe più scompiglio.
Nessuna traccia, nessun indizio a dire che qualcuno è passato.
Demone travestito da angelo custode.
Apre lentamente gli occhi, la fanciulla; la candela che aveva acceso per studiare fino a tardi è ormai quasi completamente consumata.
Fiamma effimera imprigionata nell'oscurità: combatte, ma riuscirà a diradare le tenebre?

È tardi.
Uno sventolio silenzioso della bacchetta fa tornare ogni cosa al suo posto.

Abitante di due mondi, il meglio di entrambi.

Cammina con passo regale, la giovine, ostenta sicurezza ed orgoglio.

Perché nessuno possa osare dubitare che quello sia il suo posto.

La Regina, la chiamano tra di loro.
Ed anche il Re, così riluttante all'idea di condividere il proprio potere, ormai è capitolato.

Indi per cui la detesta.

La odia...

... la brama.

***

Piccola mano a coprire uno sbadiglio, occhi assonnati ma sempre curiosi, mente arguta e avida di sapere.
Aspetta con un libro in grembo, la Regina, pronta a conquistarsi il posto che le spetta come ogni giorno.
«Buongiorno! Dormito bene? » domanda una voce.
Sulle belle labbra fiorisce un sorriso che solo pochi sanno donarle.
«Buongiorno a te! Sì, anche se meno del necessario» ammette.
«Quando sono andato a dormire, ieri sera, non c'eri in Sala Comune. Immagino tu sia stata rintanata in biblioteca fino ad orari impensabili» sarcasmo e finto rimprovero nel tono del ragazzo, venato da leggera, ma sincera, preoccupazione.
Sorriso colpevole, ora, quello di lei:
«Che fai, mi controlli? Dov'è, piuttosto, quel dormiglione del tuo amico?»
In risposta alla domanda giunge un grugnito indefinito, ad indicare che l'ultimo componente del famoso Trio è finalmente riuscito ad alzarsi dal letto.

***

I tre si diressero senza alcuna fretta verso la Sala Grande. Alla loro entrata, come sempre, il chiacchiericcio nella Sala diminuì, mentre la popolazione tutta del castello si struggeva, per un motivo o per l'altro, di fronte a loro: nonostante tutto, infatti, erano tra le persone più attraenti di tutta la scuola.
Possedevano una bellezza altera, algida, dirompente ed ostentavano una sicurezza di sé che forse nemmeno loro sapevano quanto fragile fosse.
Il moro era il più alto, la carnagione leggermente ambrata in perfetto contrasto con i denti bianchissimi, gli occhi color cobalto. Era conosciuto come un amante dolce e premuroso, ma non per questo meno passionale. Un Serpeverde strano, ecco chi era Blaise Zabini, ma pur sempre un Serpeverde: dopotutto, molte creature sono più letali proprio perché belle ed apparentemente innocue.
La fanciulla sembrava uscita da una favola, e giravano voci che la sua bellezza inumana derivasse da un patto stretto con Mefistofele stesso -nonostante sia più probabile che avesse qualche lontana parente Veela- e che fosse questo il motivo della sua perfidia. Alta, snella, con capelli color dell'oro che ricadevano perfettamente lisci dietro le spalle minute e sottili, fino in fondo alla schiena. Gli occhi grandi, di una particolare sfumatura viola, attiravano come calamite tutti coloro che, incautamente, osavano alzare il proprio sguardo ed incontrare il suo. Grazie a quegli occhi, si mormorava, avrebbe potuto costringere chiunque a fare qualunque cosa ella desiderasse. Daphne Greengrass godeva dell'ammirazione e delle attenzioni che la circondavano ovunque andasse, atteggiandosi a Regina, nonostante sapesse di non poter possedere pienamente il trono che tanto ardentemente desiderava.
Ma era sul terzo componente del gruppo che gli occhi dei presenti, ogni giorno, si soffermavano più a lungo.
Draco Lucius Malfoy, a differenza di Daphne, era pienamente riconosciuto da tutti come Re della popolazione maschile di Hogwarts: poco importava il suo passato, poco importava che non fosse Harry Potter -il Bambino Sopravvissuto, il Salvatore del mondo magico-, poco importava che fosse stato un Mangiamorte. Pareva che nessuno si interessasse a bazzecole simili, quando si trovava al cospetto di cotanta magnificenza.
Ogni gesto ch'egli compiva, pareva intriso di una regalità naturale e sembrava che quanti incrociavano il suo cammino dovessero sentirsi onorati di aver ricevuto un tale dono dalla grazia divina. E forse si sentivano davvero tali. Si faceva fatica a distogliere lo sguardo dal suo viso perfetto, ma altrettanto sforzo serviva per mantenere a lungo il contatto visivo con le sue iridi di ghiaccio: incutevano un timore quasi reverenziale, ma allo stesso tempo apprensione. Parevano in quiete, ma una quiete effimera e pronta a mutare in un battito di ciglia nella più distruttiva tempesta mai vista. E le labbra per sfiorare le quali praticamente tutta la popolazione femminile di Hogwarts -e parte di quella maschile- non avrebbe esitato a dannare la propria anima, erano perennemente tirate in un ghigno derisorio, che faceva intuire quanto, immediatamente sotto le fattezze d'angelo, fosse nascosto qualcosa di profondamente terrificante.

L'Arcangelo più bello, ribellatosi a Dio;

Scaraventato nell'Ade per vendetta celeste,

serberà rancore per l'eternità.

Pochi furono a non voltarsi, al loro arrivo e, notando ciò, le labbra del Re si chiusero in una linea sottile mentre si dirigeva al proprio tavolo lanciando uno sguardo carico d'odio, subito intercettato dal moro al suo fianco.
Se gli sguardi potessero uccidere, una persona, in quella Sala, si sarebbe accasciata a terra all'istante. Invece, nemmeno si rese conto di essere oggetto di tanto rancore da parte di qualcuno.

Indi per cui la detesta.

La odia...

... la brama.

***

Da qualche tempo, ogni qualvolta si trovava al di fuori della Sala Comune della propria Casa, la ragazza si sentiva osservata. Le pareva di avere gli occhi di qualcuno puntati addosso insistentemente, come a voler cogliere ogni suo più piccolo movimento, ogni sua più piccola espressione. Immancabilmente, però, quando alzava lo sguardo per tentare di capire chi fosse ad osservarla in quel modo, non aveva trovato nessun paio di occhi indiscreti a scrutarla. Si sentiva sciocca e paranoica, ed ormai quasi non ci faceva più caso. Per questo, quando sentì nuovamente uno sguardo su di sé, quella mattina in Sala Grande, percependolo, diversamente dal solito, in maniera quasi fisicamente dolorosa, scosse la testa, dandosi mentalmente della pazza, ed ignorò il tutto, continuando come nulla fosse a bere il proprio succo di zucca. Se così non fosse stato, però, quella volta avrebbe trovato il responsabile dello sguardo. Forse avrebbe mostrato una parvenza di turbamento. E allora, forse, non sarebbe necessario raccontare questa storia.
Ma gli occhi della Regina non incontrarono la furia della tempesta di quelli del Re, né scorsero dunque il rancore che essi serbavano nei suoi confronti. Non lo videro girarsi verso il moro amico con un ghigno terrificante nella sua bellezza gloriosa. E non videro quest'ultimo impallidire leggermente e scuotere la testa in segno di disapprovazione alle parole del biondo.
La Regina non vide nulla di tutto ciò, per cui il suo animo non venne turbato - come sarebbe invece stato meglio accadesse -.

Now you see me (Dramione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora