24. DANIEL

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È arrivata l'estate e con lei il mio percorso è finalmente giunto a termine. Non sono libero, ma posso uscire da questa prigione bianca per provare a spiccare il volo in un cielo nuovo.

Sette mesi di sedute giornaliere, di orari imposti e regole da seguire. Sette mesi di docce supervisionate e di pasti mediocri. Sette mesi in cui ogni dannatissimo giorno era uguale al precedente. Dove non è mai successo niente di sconvolgente perché se qualcosa secondo loro aveva anche solo il sentore di stranezza, procedevano a tarparti le ali ancora prima che tu le spiegassi.

Sette mesi in cui l'unica persona che sono riuscito a conoscere veramente a fondo, è me stesso.

Sette mesi di pensieri quasi sempre ininterrotti. Di lacrime a volte represse e di altre versate. Di sorrisi forzati e altri liberatori. Di sedute inevitabili, ma che a volte sono risultate anche piacevoli.

Sette mesi che rifarei se mi portassero a ottenere lo stesso risultato. Sette mesi che so avrei potuto evitare se solo mi fossi lasciato aiutare subito mettendo da parte la mia testardaggine.

Sette mesi dentro, ma è bastato un solo giorno, una sola conversazione per far risvegliare il mio vecchio me da quel ragazzo che un giorno ha voluto curiosare nella mia vita. Regalandomi così la mia possibilità e la mia carta vincente per non fottermi la testa del tutto.

Sette mesi di cui la gran parte del tempo l'ho passata a ignorare i miei genitori per dedicarmi a Lucas. Perché è soprattutto grazie a lui se ora sono ancora qui, se oggi ho l'occasione di poter respirare la brezza estiva che dolcemente mi soffia sul viso rubando i miei pensieri per portarli lontano.

Oggi finalmente è il grande giorno, sono fuori sui gradini d'entrata appoggiato a una delle colonne del portico con addosso gli stessi identici vestiti con cui sono arrivato e le tasche piene di tutto quello che quel primo giorno ho riversato in quella dannata vaschetta trasparente che ho tanto odiato. Sto contando i gradini che mi dividono dal toccare effettivamente terra e mentre li sfioro con lo sguardo uno dopo l'altro, ripenso a quando questi scalini li ho saliti per la prima volta contro la mia volontà.

È stato facile allora prendermela con qualsiasi cosa e con qualsiasi persona per non avermi lasciato morire, ma in questo preciso istante nella mia testa vorrei rimangiarmi ogni cattiveria gratuita che ho espresso con fin troppa leggerezza.

Il sole è ancora alto nel cielo e sentirne il calore sulla pelle mentre posa i suoi raggi sul mio corpo, che è rimasto per troppo tempo trattenuto da queste mura, risveglia in me sensazioni che si erano assopite e quasi del tutto dimenticate dietro a delle porte chiuse nella mia mente.

Il prato è verde vivo e il venticello estivo espande nell'aria il profumo di erba appena tagliata avvolgendo tutti i miei sensi in questa coperta fatta di cumarina.

Mattia è accanto a me con le braccia incrociate e le gambe leggermente divaricate. Avrei potuto aspettare dentro il mio passaggio, ma la voglia irrefrenabile di spiegare le ali non più legate con il piombo è stato un richiamo troppo forte per rimandare ulteriormente il mio incontro con la libertà ed è per questo se adesso siamo entrambi qui fuori con gli occhi rivolti verso il viale d'accesso.

"Starai bene?". Mi chiede di punto in bianco.

"Devo".

"Per lui?".

"Per noi".

A pochi passi davanti a me sulla ghiaia un uccellino si ferma e fa due tre saltelli prima di riprendere il suo volo.

"Prima che vai, volevo ringraziarti". Mi dice con gli occhi fissi sempre verso il cancello d'entrata.

"E per cosa di preciso?". Gli chiedo, pensando voglia fare una battuta.

L'AMORE CHE CI HA SALVATIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora