Capitolo 1

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Erin impugnò la penna stilografica in argento lucido tra l'indice e il pollice, scrivendo nel suo quadernetto dalle pagine ingiallite e con la sua elegante e raffinata calligrafia, le sue personali riflessioni sull'amore a cui era giunta in venticinque anni di vita, benché certa di non averlo mai provato.

Questo avrebbe forse dovuto frenarla dal dire la sua a proposito?

Corrugò la fronte, d'un tratto insicura su come iniziare un argomento tanto personale e soggettivo o magari erano state solo le acrobazie per sistemarsi prona sul materasso a distrarla.

Sollevò le gambe, intrecciò i piedi scalzi, li dondolò e infine, avvicinò la punta al foglio immacolato con una profonda emissione di aria dalle narici.

Che cos'è l'amore? E' reale o è solo un'illusione? Se la sua esistenza è fattuale, mi azzardo a dire che è un sentimento un po' sopravvalutato, su cui si mette così tanta pressione inutile e dannosa addosso, in particolare sull'età; tutto è fatto di "prime tappe" e di "esperienze" e tutte possibilmente da fare entro i vent'anni o avranno il coraggio di dirti che sei in ritardo sulla tabella di marcia. Se è una fantasticheria, mero frutto della società, come possono sette miliardi di persone convincere sé stessi e gli altri, di averlo provato? Non può esserlo, dunque, perché significherebbe asserire che gli esseri umani sono tutti stati preda di un'allucinazione collettiva!

Mise un bel punto esclamativo e alzò gli occhi pensierosa, indecisa su come proseguire malgrado i pensieri sfrecciassero nella sua mente, intersecandosi tra di loro come nodi.

La sua esperienza personale non poteva esserle di aiuto se avesse dovuto elencare le infinite prove a testimonianza di essere stata innamorata: farfalle nello stomaco, palpiti furibondi, un cuore totalmente impazzito, quel respiro nei polmoni rubato.

Erin aveva avuto centinaia di cotte, soprattutto per gli uomini frutto dell'immaginazione delle sue scrittrici preferite, ma ad eccezione di questo, l'esperienza reale era disastrosa.

Tutto quello che sapeva di positivo sull'amore, lo sapeva perché lo aveva visto in un'opera cinematografica o nei libri.

Dell'amore, sapeva quello che non sapeva.

Lo considerava un sentimento talmente complesso da poter affermare, con assoluta sicurezza, che la maggior parte delle persone nel mondo, fidanzate o sposate e che giuravano di amare con tutta l'anima, in realtà non sapevano affatto cosa fosse l'amore.

Proprio come Erin.

La maggior parte delle coppie non si amava per davvero, semplicemente confondevano l'affetto con l'amore, l'abitudine con l'amore e niente di tutto questo era paragonabile al raggiungimento di quell'esplosione di emozioni che si provava quando si amava qualcuno.

Il blando, il piatto e ciò che non ci spinge ad uscire dai nostri schemi non è amore. La tranquillità da copione di una ruotine, l'essere sicuri che quella persona è nostra a tutti gli effetti pur se nel senso più banale di questo termine, tutto ciò che ci fa stare comodi, a nostro agio, una comfort zone che nasconde la paura della solitudine, dell'abbandono.

L'amore sconvolgeva la nostra vita, se vista in questo modo.

Doveva essere come quando improvvisamente il cuore smetteva di battere e qualcuno ti dava una scarica elettrica, quella sensazione lì.

L'unica pecca era che Erin, quella sensazione, non l'avesse mai provata.

E non che morisse dalla voglia, ma delle volte, quando sorprendeva sé stessa a fissare con invidia coppie di persone mano nella mano, a scambiarsi effusioni, sorrisi complici, sguardi incantati, c'era una parte di lei che desiderava quasi disperatamente volgere lo sguardo al suo fianco e trovare una spalla cui poggiarsi, una mano calda da stringere e degli occhi che la guardassero con tutto l'amore possibile e immaginabile.

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