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"Ci pensi mai al futuro?" Simone gli chiede di getto, continuando a giocare con le dita della mano destra di Manuel, intrecciata alla sua. Non lo aveva nemmeno guardato in faccia, anzi. Si era limitato a puntare lo sguardo sulle loro mani, poi sul prato davanti a loro e poi di nuovo a terra, pur di non incontrare il suo di sguardo. Lo sapeva che probabilmente Manuel lo stava guardando come se avesse tre teste, perché non è una domanda che solitamente si pone quando se ne sta sdraiati in veranda a guardare le stelle in un semplice venerdì sera.

"'Nche senso al futuro?" Gli chiede sedendosi meglio sul dondolo- che proprio lui e Dante avevano insistito per comprare affermando che era stato un ottimo acquisto- senza però staccare la mano da quella di Simone.
"Nel senso che il prossimo anno ci diplomiamo, tu avrai vent'anni, io diciannove... ci pensi mai a come sarà la vita dopo il liceo?"
Anche se quella che Simone veramente intende è un'altra cosa, sottintesa. Ci pensi mai a come saremo noi due insieme, dopo il liceo? Però lascia che quella domanda resti un po' in sospeso tra di loro. La verità è che teme la sua reazione, per quanto Manuel gli avesse dato prova, in più di un'occasione, di non avere più paura di impegnarsi e di non vergognarsi più della sua sessualità. Forse non si è mai realmente vergognato, forse la sua era solo paura del cambiamento.
Aver capito di essere bisessuale era stato un po' come un fulmine a ciel sereno, Simone era consapevole di avergli stravolto la vita. Alcune volte si sentiva addirittura in colpa per averlo mandato in crisi in quel modo, per averlo portato a doversi nascondere perché quei sentimenti a lui stavano troppo stretti. E quindi  Simone sceglie di non fargliela quella domanda, a dire il vero gliene fa un'altra, più innocente, più aperta, in modo che lui ne potesse fare una sua libera interpretazione. Vuole evitare che Manuel scappi a gambe levate a sentir parlare della parola futuro, soprattutto perché stava alludendo ad un futuro con lui. D'altronde stavano insieme a malapena da un anno, non che fosse rilevante, dato che passavano agli occhi di tutti come una coppia sposata. Ma forse sì, parlare di futuro apertamente e senza mezzi termini era fare un passo più lungo della gamba.

"Appunto. C'avrò vent'anni, mica sessanta. Ho tutto il tempo per preoccuparmi del dopo"
Ho tutto il tempo per preoccuparmi di come andranno le cose tra di noi, tra un anno. Questo lo pensa, ma non lo dice. E non sa che Simone vorrebbe andare a parare proprio li, o magari lo sa inconsciamente perché tanto riesce sempre a capire quello che gli frulla nella testa, riesce sempre a leggergli nel pensiero.

"Certe volte vorrei avere anche io la tua stessa capacità di non pormi domande... di non preoccuparmi di quello che sarà" gli dice.
Manuel era sempre stato l'emblema del carpe diem. Manuel coglieva l'attimo al volo, pensava solo al presente, mai al passato o al futuro. Manuel non si preoccupava mai del giorno dopo, anche perché fino a un anno prima nemmeno credeva di non averlo un futuro. Adesso era diverso, però la sua capacità di non angosciarsi, di non porsi mai troppe domande, di viversi la vita così come capitava, giorno dopo giorno, minuto per minuto, senza mai pensare a quello successivo, lui non l'aveva persa quella capacità. Nemmeno ora che un futuro ce lo aveva davvero.

Manuel effettivamente non sapeva mai nemmeno cosa avrebbe fatto il giorno dopo, andava dove lo portava il vento, e non se ne curava. Anzi, era la sua filosofia di vita. L'imprevedibilità del mondo lo faceva sentire vivo. A differenza, Simone era la persona più minuziosa della terra, era preciso, quasi maniacale, aveva bisogno di organizzazione, non sapere cosa avrebbe fatto il giorno dopo lo rendeva ansioso e lo metteva in crisi.
Era razionale, ai limiti del consentito. Pensava troppo. Il più grande gli diceva sempre che c'aveva quel brutto vizio di ritornare sulle cose che erano capitate, di rimuginare, di cercare di capirle. Si preoccupava troppo, a volte risultando anche pesante e opprimente. E tutti questi dettagli contribuivano a renderlo il suo completo opposto, ma Manuel ricorda chiaramente che è stato questo il primo vero dettaglio ad averlo fatto innamorare di lui. Il fatto che riuscisse a completarlo, che si completassero a vicenda. Manuel era quello che Simone non riusciva ad essere, e viceversa.
Era il pezzo mancante del suo puzzle.

Di ti amo velati e ti amo dettiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora