Analfabeta [2015]

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Boke, mi manchi.

Non lo so un cazzo come si scrive una lettera d'amore. Forse ha ragione Tsukishima che sono analfabeta.

Questa cosa che ci sentiamo una sola volta al mese non mi va bene. L'ho capito perché vuoi che sia così. Me lo hai spiegato. Sono analfabeta, ma non stupido, al contrario tuo. L'ho capito e fa comunque schifo, come il fatto che te ne sei andato. E in ogni caso, vedi che alla fine si fa sempre come decidi tu. Ma sei un grandissimo boke.

Ieri, dopo l'allenamento, l'ho chiesto a Wakatoshi, come si scrive una lettera d'amore. Sai che non è male, lui, quando uno lo conosce un po' meglio. E' fortissimo, ovviamente. Ma è anche uno affidabile che non ti mente mai, che non usa giri di parole, che alle cose ci pensa e non prende per il culo. Non è scemo, come pensano tutti. Anzi.

E' uno che si tiene tante cose dentro, semplicemente perché pensa che agli altri non gliene freghi niente. E spesso è così: la gente è curiosa, ma poi non è che gliene frega davvero qualcosa, di te.

L'ho chiesto a lui, perché sapevo che non avrebbe riso. Non potevo certo chiederlo a Romero o a quel pazzo narcisista di Kourai.

Waka mi ha guardato negli occhi. E mi ha chiesto una cosa che non mi aspettavo.

"Una lettera da spedire o da non spedire?"

"Chi è il baka che si sbatte a scrivere una lettera e poi non la spedisce?"

"Io" mi ha risposto, senza scomporsi.

Mi sa che ora c'è un altro baka uguale a lui. Perché non lo so proprio se questa lettera la spedisco, lo decido alla fine.

E insomma è venuto fuori che lui sono tipo sette anni che scrive lettere d'amore alla stessa persona. E non le spedisce mai. Dice che va bene così.

Mi ha detto che, di norma, è una cosa che non racconta a nessuno, ma sapeva che io non gli avrei chiesto per chi erano le lettere. Infatti, non mi è neanche passato per la testa di domandarglielo.

Comunque, la teoria di Waka è che una buona lettera d'amore è come se tu con la persona a cui scrivi ci parlassi. Non fa niente se la grammatica fa pena o se sbagli qualcosa. Però - e qui è la cosa che mi è piaciuta -  non come se ci parlassi con le parole che davvero gli diresti a voce, ma  con quelle che vorresti dirgli e poi quando sei lì non ti escono. Con te, mi escono pochissime parole, boke, e in fondo ho sempre pensato che andasse bene così. Ma di cose che ti vorrei dire ce ne sono (sempre state) parecchie.

Prima di tutto, Boke, questi sei mesi senza di te sono stati una merda.

Però ho imparato delle cose.

Tipo che pensavo che quando una persona vola via a trenta ore di distanza, la sua mancanza la senti come un vuoto.

E quindi mi sono affannato a cercare di organizzarmi la vita per non avere dei buchi, per riempire i vuoti. Ma ovviamente mi sbagliavo. Me ne sono accorto subito, che ero solo più stanco. Ma non meno triste.

Il punto è che tu non hai lasciato nessun vuoto, tutto il contrario, hai riempito così tanto che non c'è verso, neanche per mezzo secondo, di provare a metterci qualcos'altro. Per esempio: sono a Tokyo da sette mesi e tutta questa gigantesca città per me si riduce ai posti dove siamo stati insieme prima che partissi. Non è che non veda posti nuovi, ma non lo so, le cose a colori sono quelle dove i colori ce li metti tu. Colori di merda, magari, come quelli che ti metti addosso, ma colori veri.

Ho fatto questo discorso a Miwa quando ci siamo visti due settimane fa. (A proposito, quella baka grandissima di mia sorella sta seriamente prendendo in considerazione l' idea di rimandare il matrimonio di un anno perché vuole che ci sia anche tu. Ti rendi conto?)

Neve (#KageHina)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora