memories -17

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24 maggio.
una sola cosa.esami alle porte.
riconosco già l'ansia che si appropria di me e che non mi farà parlare quel giorno,la scuola era quasi finita,io facevo il quinto anno quindi per me quest'anno ci sarebbero stati gli esami finali,se li avrei superati sarei andato con i miei amici a divertirmi,altrimenti? continuare quell'incubo.
come al solito presi il mio zaino dal letto e iniziai a scendere dalle scale,le scarpe sul parquet facevano davvero un rumore fastidioso,un rumore fastidioso che fu come un deja-vu che flutto nella mia mente nostalgicamente.casa mia mi mancava tanto. non potevo farne a meno,era il posto dove ho passato tutta la mia vita,e lo è ancora.se mi sforzo ancora riesco a sentire l'odore di vernice, le urla di mia sorella,il parquet scricchiolare come quello in casa di piace e l'odore dei buoni pancake che preparava mia madre.anche lei mi mancava,per quanto la potevo odiare per quello che mi ha fatto,era inevitabile. mi aveva sempre cresciuto con affetto,e l'ho amata in una maniera smisurata.di mia sorella invece non ho saputo più niente,non ha il telefono,ma sono sicuro che sta bene,meglio di come sto io ora.
sentii dietro di me altri passi sul parquet che mi riportarono alla realtà.
<sei pronto?> chiesi.mi piaceva sempre andare da solo a scuola,lo sanno tutti,ma avvolte la compagnia non fa male.
<si,ci sono già paga e jeryck fuori la porta,ci aspettano. > affermò lui
uscimmo dalla porta e prima di incamminarci piace chiuse la porta in un girarsi di chiavi interminabili. appena arrivato a scuola notai con la punta degli occhi sharon.paga non ne sapeva niente e di certo non doveva,solo in quel momento capii che mentirgli era la cosa più dolorosa che potesse succedere,non volevo che niente di noi si staccasse,ne ora ne mai. lei mi guardava con una frequenza e un intensità che mi mise a disagio,fortunatamente a interrompere il tutto fu il primo suono della campanella,e così entrammo tutti insieme. paga purtroppo non faceva più parte della scuola,e per non peggiorare le cose decise di non entrare,almeno lui c'era riuscito a non farsi prendere di mira.non più. abbiamo avuto sempre un infanzia complicata.

ricordo ancora quella mattinata,ero uscito con mia madre a prendere una boccata d'aria,il sole quel giorno ti penetrava in una maniera stupenda.ricordo ancora che giorno era.14 settembre,il primo giorno di scuola.terza elementare,avevo cambiato scuola un altra volta. ero ancora piccolo,decisamente troppo piccolo. dopo il suono della campanella separarmi da lei era diventato difficilissimo,ricordo ancora tutte le lacrime che ho versato. entrai in classe correndo, era gigante. c'erano molti bambini della mia stessa età,loro però erano diversi,non so cosa li rendesse diversi,che erano tutti un po' più alti di me o quello sguardo rabbrividante che avevano.io sono stato sempre quello diverso,quello più debole.le cose iniziarono li,in quel parco. volevo solo giocare con loro, essere loro amico,essere uguale a loro per una volta.ricordo perfettamente quello che mi dissero,erano bambini,quindi forse non conoscevano il peso delle parole,allora perché io lo conoscevo?perche sentivo quelle parole come una pugnalata dritto al cuore? perche?. forse ero stato sempre quel tipo che ci rimaneva male per ogni cosa,ma i lividi che portavo addosso non erano una cosa da niente,e nessuno se ne accorgeva.nessuno se ne mai accorto. sapevano colpire in punti nascosti,sapevano strapparmi l'anima come nessuno ha mai fatto,già dal primo giorno.ricordo tutto.ero accovacciato per terra,nel pavimento del bagno.avevo bisogno di stare da solo.ma a quanto pare non lo ero.senti colpire ripetute volte alla porta del mio bagno.non risposi,e lì le mie prime barriere crollarono.il ragazzo apri la porta,era come un angelo caduto nel cielo.era alto come me,indossava un paio di jeans e una felpa verde,i capelli biondo platino che ricadevano davanti agli occhi,le labbra screpolate e il naso rosso per il freddo,si.quel giorno faceva veramente freddo.quello che più mi colpirono furono gli occhi.quegli occhi verdi,non erano una cosa da niente,ci si poteva perdere dentro solamente guardandoli con la coda dell'occhio,e li eri come in gabbia,si percepiva tutto il dolore,o forse solo io lo percepivo,perche gli altri non sono mai stati in grado di capire,intorno a loro c'era del rossore,e lii capi che il rossore anche del naso non era freddo. alcune lacrime rigavano la guancia,e li finalmente capii.lui era come me.e in quel giorno,non si spezzò una barriera,se ne creò un altra,a reggerla era solo un nome. Nicolò

&quot;𝙥𝙖𝙧𝙖𝙡𝙡𝙚𝙡 𝙡𝙞𝙣𝙚𝙨&quot;~𝙥𝙖𝙢𝙢𝙮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora