Speranza.
Era sempre l'ultima a morire, dicevano. Se ti sembra che tutto sia perduto, che non ci sia più nulla per il quale vale la pena continuare a vivere, spremi le meningi e trova un barlume di speranza in fondo al tunnel.
Ma se poi morisse anche lei? È l'ultima a morire, ma comunque muore prima o poi.
On-jo se lo ripeteva costantemente. Ogni giorno, mentre girovagava senza una vera meta nel campo dei sopravvissuti, lei si ripeteva quelle esatte parole: la speranza è l'ultima a morire. E se fosse morta anche lei? Si domandava subito dopo, abbassando il capo e guardando per terra.
Erano trascorsi sei mesi dall'attacco. Due da quando lei e gli altri avevano rivisto Nam-ra sul tetto della scuola, ma continuava a faticare per trovare anche solo un misero barlume di speranza.
Eppure On-jo sentiva che c'era qualcos'altro dentro di lei. Un sentimento che non riusciva ancora a definire, ma che le opprimeva il petto come se fosse un'incudine pesante centinaia di tonnellate.
A volte quell'incudine pesava così tanto che quasi faticava a respirare.
E succedeva che quella sensazione la provasse sempre di notte, quando sdraiata sulla brandina della tenda in cui alloggiava da mesi, ripensava alla sua vita e a quelli che non c'erano più.
Quella notte provò ad immagazzinare più aria del solito, ma le sembrò che i suoi polmoni fossero diventati improvvisamente piccoli e malfunzionanti perché quell'aria di cui aveva così disperatamente bisogno, era stata trattenuta in un punto indistinto tra la gola e il petto. Allora corrugò la fronte, passandovi una mano sopra finché non sentì fredde gocce di sudore rigarle tutto il viso.
Non aveva senso nemmeno stare lì, in quella tenda al buio perché lei in quel momento aveva solo bisogno di una grossa boccata d'aria.
Con un gesto rapido, scostò via la coperta che la avvolgeva e sgattaiolò all'esterno, non curante del coprifuoco o di qualsiasi altro impedimento le avessero imposto quegli stessi soldati che avevano contribuito a tutte le sue morti.
Dopo l'attacco zombie, aveva sempre pensato di essere cambiata e di essere diventata più menefreghista. Almeno quella era la percezione che aveva avuto di se stessa fino a quella notte.
Fece qualche passo fuori alla sua tenda finché non raggiunse il punto in cui tutti i sopravvissuti si riunivano per pranzare o cenare ed entrò nel grande padiglione adibito per l'occasione. Il buio, che fino a qualche mese prima le era sembrato così inquietante, le divenne di conforto.
Quindi si sedette su una delle sedie in plastica e si guardò le dita, senza pensare veramente a venire a capo del suo problema della speranza.
«Anche tu non riesci a dormire?»
On-jo si voltò di scatto verso il punto alle sue spalle da dove proveniva quella voce, ma faticò a riconoscerla. Poi, man mano che quella sagoma si avvicinava, lo riconobbe e il suo cuore rallentò di qualche battito.
«Mh.» mugugnò, ma quella risposta non soddisfece Su-hyeok, che si avvicinò tirando a sé una sedia accanto ad On-jo.
«La notte è il momento peggiore, non credi?»
«Non lo so. A volte mi sembra che non esista un momento peggiore.» replicò, nonostante spesso di notte aveva temuto di non farcela.
«Già. Come te la passi On-jo? Abitiamo nello stesso posto, eppure ci si vede così raramente.» domandò lui, con un sorriso nervoso.
«Be', la speranza è l'ultima a morire no?» gli rispose, con lo stesso identico sorriso.
«Ho sentito dire che presto ci faranno tornare a scuola... be' non la vecchia scuola, certo.»
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All of us are dead, arent'we?[Non siamo più vivi - seconda stagione]
Фанфик"Sono passati sette mesi dall'attacco al liceo di Hyosan e On-jo deve fare i conti con la sua vita senza Cheong-san e con la perdita della speranza. Eppure..." [Continuo della prima stagione, in un'ipotetica e alternativa seconda stagione] [SPOILER...