Parte I

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On-jo aprì gli occhi quando un debole raggio di sole le accarezzò la guancia. Si sentì subito intorpidita, le braccia indolenzite e le gambe rigide. Faceva piuttosto freddo e solo quando si mosse leggermente si rese conto di aver dormito nella stessa identica posizione per tutta la notte.

Allora ricordò.

Noncurante del dolore fisico, si elevò di scatto poggiandosi sui gomiti. In quel momento calpestò un gruppo di foglie secche proprio sotto di lei è si guardò intorno. Tra le mani stringeva saldamente la targhetta rossa su cui resisteva a stento il suo nome ricamato in bianco, ma dalla sera precedente non era cambiato niente. Era ancora sola e aveva dormito per un'intera notte sotto quell'albero.

In un attimo di smarrimento pensò che se Cheong-San fosse stato davvero vivo non le avrebbe di certo permesso di stare lì da sola. Ma quella non era una certezza, vero?

A quel punto si alzò in piedi e scopri che le faceva un gran male la testa.

«Ehi, che ci fai qui da sola?»

On-jo si voltò disorientata, ma capì subito cosa stava accadendo quando vide due soldati in uniforme che stringevano gelosamente un grosso mitra proprio davanti a lei.

«Io... Ecco io.» balbettò, spostando lo sguardo da uno all'altro.

«Non lo sai che è pericoloso girare da soli a quest'ora?» La ammonì uno dei due con voce grossa. On-jo si domandò che ore fossero in effetti, perché l'ultima cosa che ricordava era il buio del bosco che la circondava mentre lei vagava con la speranza nel petto di rivedere Cheong-san.

Si toccò una guancia con la punta delle dita, riflettendo sul tempo trascorso e sulla notte che aveva passato da sola nel bosco.

«Coraggio, forza, torna al campo.» le impose il soldato con la voce grossa. Allora lei si voltò ancora una volta, riuscendo chiaramente a distinguere i sentieri che si srotolavano dall'albero sotto il quale aveva dormito e si ripromise che sarebbe tornata, non appena i soldati avrebbero abbassato la guardia su di lei.

Ci mise davvero poco a tornare al campo e come tutte le mattine da quando si trovava lì, quel posto brulicava di gente che girovagava tra i soldati dell'esercito senza un vero perché e in attesa che la propria vita tornasse alla normalità.

On-jo si domandò a quel punto a lei cosa riservasse la normalità, ma si sentì completamente diversa rispetto ai giorni precedenti perché, stretta nella sua mano, aveva un oggetto che le faceva sentire il cuore colmo di speranza.

Poi si sentì colpire due o tre volte una spalla.

«Ehi, ci sei?» le domandò Mi-jin con addosso il solito cartello che implorava l'ammissione diretta al college per i sopravvissuti.

«Mi-jin?»

«Ce l'hai una sigaretta? Sono disperata!» le domandò teatrale.

«Ma no, io non fumo, lo sai.»

«Magari la noia di questo posto ti ha spinta a cominciare, che ne so.»

«Be', no.» le rispose con un debole sorriso.

«Comunque Dae-su si sente solo e ha organizzato una partita a mahjong più tardi. Spero che almeno mi abbia rimediato delle sigarette, quel ciccione.»

«Hai per caso visto Su-hyeok in giro?»

«Ma hai capito cosa ti ho detto?» le domandò irritata, ma l'attenzione di On-jo fu presto catturata da altro e si defilò in pochi istanti.

Mi-jin schioccò la lingua appoggiando le mani sul cartellone che aveva addosso, «Ehi, non è questo il modo di rivolgersi ad uno studente dell'ultimo anno.» ma On-jo si era già allontanata a tal punto da non sentirla nemmeno più.

All of us are dead, arent'we?[Non siamo più vivi - seconda stagione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora