Capitolo Nove: Una Mail

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Capitolo Nove.
Una mail.

Salutammo con entusiasmo la telecamera davanti a noi, dopo che l'ennesima intervista della giornata si era conclusa, ero esausto, lo eravamo tutti stando in quella stanza, dopo quattro ore seduti a rispondere alle stesse domande, fatte semplicemen...

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Salutammo con entusiasmo la telecamera davanti a noi, dopo che l'ennesima intervista della giornata si era conclusa, ero esausto, lo eravamo tutti stando in quella stanza, dopo quattro ore seduti a rispondere alle stesse domande, fatte semplicemente da persone differenti.

Iniziava a pesare, tutta questa aspettativa sul nostro ritorno, dopo due anni d'assenza tutti si aspettavano l'eccellenza da parte nostra e noi ci stavamo impegnato, per fare in modo che questa eccellenza fosse ben evidente, ma ciò non ci dava la certezza che anche gli altri avrebbero apprezzato la nostra visione di ritorno sulle scene.

Nella mia mente si facevano strada solo pensieri catastrofici in merito a un disprezzo del nostro ritorno sulle scene, un mancato rinnovamento, l'essere rimasti indietro, non ero sicuro di poter mantenere il passo, di poter raggiungere gli altri, mi sentivo distante da tutti loro, come se vivessi in un mondo a parte.

Guardai Jimin e Taehyung, appena rientrati dal loro servizio militare, freschi e già affiatati a loro agio davanti alle telecamere, mentre sorridevano disinvolti, reintegrati senza nessuno sforzo, mentre io a distanza di mesi, ancora faticavo a realizzare il mio ruolo.

Sembravo essere un elemento d'arredo, mi percepivo in quel modo, anche se gli altri non dicevano nulla in merito e mi trattavano come sempre. Mi alzai di scatto dalla sedia, quando il faretto puntato su di noi si spense, lasciai la stanza, diretto verso il bagno più vicino.

Sciolsi il nodo alla cravatta sentendomi soffocare, quei pensieri erano tornati ancora una volta, il sentimento di inutilità, nel gruppo, come artista e persona.

Non arrivavo nemmeno al minimo indispensabile rispetto agli altri, era della zavorra, che pesava sul loro duro lavoro.

Mi sembrava di mentire a me stesso, illudendomi di poter veramente essere un elemento indispensabile per il mio gruppo; mi rendevo conto però che non era così e che non facevo altro che rallentarli, impedirgli di procedere a passo spedito, essendo mediocre in molte delle cose che ormai, dovrebbero arrivare in modo immediato al mio cervello.

Dal ritorno alla vita normale, mi sembrava di aver perso ogni capacità e di essere semplicemente tornato allo stato di partenza, come se la mente fosse stata azzerata, mentre tutti gli altri erano riusciti a mantenere le loro capacità.

Appoggiai le mani al lavabo e tenni lo sguardo fisso sulla mia immagine distorta, riflessa sul rubinetto, mi sentivo schiacciare, soffocare, sommerso, accecato da tali consapevolezze, come se qualcosa le avesse tenute a bada fino adesso. Forse l'assenza dei due ragazzi mi aveva tenuto tranquillo, senza loro, il nostro ritorno era ancora incerto, mentre adesso, tutti gli elementi erano ben presenti.

Dovevo accettare, di non essere più in grado di essere un idol.

Aprii il rubinetto dell'acqua e lavai il viso, come se quel gesto, potesse aiutarmi ad annullare tutti i miei pensieri, invece, sembrava farli crescere, alimentando quel senso di inadeguatezza che si annidava tra le mille paranoie.

Podcast || Kim SeokjinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora