capitolo4

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Misa

Sono nel mio letto e guardo la foto che ho fatto all'uomo al jaja, non è perfetta ma è già qualcosa, lo ritraggo di profilo ed quasi come se fosse in movimento, ma si vede chiaramente.
Cazzo sembro un'adolescente malata che guarda le foto per compiacersi.

Sono troppo nervosa per starmene sdraiata in questo letto del cazzo senza far nulla, ho bisogno di alleggerire questo peso e scaricare la tensione accumulata.
Mi alzo e raggiungo la palestra, appena entro l'intera area si illumina grazie ai sensori di movimento, è l'unica stanza di questo posto dove mi sento veramente a casa. Mi avvicino ai bastoni messi in fila ordinata dalla grandezza alla lunghezza grazie alle manie di Miko e incomincio il mio allenamento.
Un'ora dopo sono un bagno di sudore, ma mi sento lo stesso peso di quando  ho varcato la porta.
Sento bussare e Liam la guardia notturna che fa capolino dalla porta.
<<Signorina tutto bene?>>
Mi dice con la testa bassa senza guardarmi. È un'uomo di mezza età, mi è stato assegnato quando ho ucciso la vecchia guardia, è come un'ombra per me, nei suoi confronti non provo ne stima e ne rispetto, è solo un'altro membro del clan di mio padre è non è meno viscido degli altri.
So che non voleva accettare questo incarico per paura di essere ucciso come l'ultimo o come quello prima ancora.
Afferro il pugnale e lo lancio a poca distanza dal suo viso dove si conficca nel muro, lui si gira a guardarlo ma non osa proferire parole, lo vedo sudare e sbiancare, in questo momento lo assocerei a un cadavere.
Afferro la mia vestaglia e lo sorpasso uscendo dalla stanza.
<<La prossima volta te lo conficco negli occhi>>. Dico sorpassando la sua figura gelida.
Come pensavo non discute e aspetta che mi allontani per congedarsi. Mio padre può mandarmi chi cazzo gli pare, quello che non sa è che li ammazzerò tutti uno a uno, finché non sarà costretto ad arruolare altri uomini che faranno la stessa fine. La sua non è protezione nei miei confronti è un modo per non farmi avvicinare a lui e per farmi capire chi comanda.

 La sua non è protezione nei miei confronti è un modo per non farmi avvicinare a lui e per farmi capire chi comanda

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La sveglia suona e mi affretto ad alzarmi. Faccio una doccia e lo shampoo, raccolgo i capelli in una coda ancora umidi e scendo nel mio garage.
Prendo la mia baby, una Suzuki Hayabusa, ottima per rimanere i leccapiedi di mio padre abbastanza lontani e mandare in tilt i loro cervelli da gallina. Monto e la faccio ruggire, inalando l'odore del carburante, vedo gli scimmioni correre per affrettarsi a salire nelle loro auto per venirmi dietro, io come sempre sono più rilassata che mai, appoggiata al manubrio che aspetto e li guardo con un sopracciglio alzato, appena sono pronti a partire do gas stridando le ruote sulla ghiaia e alzando polvere e piccole pietre che colpiscono il loro veicoli, accelero e alzo il dito medio per salutarli.

Dire che li ho completamente seminati è poco.
La moto per me è come per un bambino andare in bici. Non ci metteranno molto a trovarmi ma me ne fotto completamente, per me ogni cosa è buona per far innervosire quel ciccione, ma quello che non capisco è il perché lui non mi abbia ancora uccisa, è una cosa che mi ripeto da anni senza darmi la minima risposta.
Quell'ammasso di grasso mi paga per tenermi lontana e io dalla brava figlia obbediente che non sono faccio come dice, d'altronde i soldi piacciono a tutti.

Arrivo davanti all'edificio dove lavoro, sono una lottratrice professionista e ne ho fatto una professione.
Lavoro per otto ore al giorno e a volte anche di più.
A parte il mio gruppo nessuno in palestra sa chi sono, purtroppo tutto Tokyo appartiene a lui inclusa la struttura dove lavoro, ma almeno il mio stipendio è sudato. Non c'è cosa in tutta questa citta che non gli appartenga, oltre ad essere il capo della Yacuza è anche un grande imprenditore di successo e molti grattacieli in questa città portano il suo nome.
L'altro giorno venne ritratto mentre aiutava le ragazze madri nella clinica che lui stesso ha fondato. Che scena patetica.
Le persone che lo applaudono dovrebbero sapere cosa fa con loro.
Purtroppo anche la casa dove vivo è  sua, odio lui e i suoi soldi del cazzo, ma questo non vuol dire che non ne traggo beneficio, sono orgogliosa non stupida.

Dopo il lavoro vado alle doccie e penso all'uomo di ieri sera. Sono una persona che agisce secondo il suo istinto è questa volta quest'ultimo mi dice che devo sapere chi è,ma vengo afferrata da Jim che mi circonda la vita con le sue braccia.
Mi irrigidisco al suo tocco improvviso.
Odio essere toccata senza preavviso, mi piace avere il controllo in ogni e su ogni cosa.
<<Ehi perché non sei venuta da me ieri?>>
Gli voglio bene, ma si prende troppe libertà, il fatto che faccia domande a cui sa che non avrà mai una risposta lo rendono solo più patetico hai miei occhi.
Mi volto e prendo la sua faccia tra le mie sottili dita avvicinandolo a me.
<<Oh Jim! Dovresti sapere che faccio quello che voglio>>.
Lo spingo e noto lo stupore nei suoi occhi, ma non me ne curo minimamente.
Esco e chiamo subito il resto del gruppo dando loro appuntamento per quella sera stessa, allo stesso locale.
Se sono fortunata l'ho rincontraró e se sono ancora più fortunata farò anche altro.
Forse più la seconda.
Spero solo di non attirare l'attenzione delle persone sbagliate, ma sopratutto di arrivare al mio obbiettivo, non mi piace aspettare.
Miko dice che la mancanza di pazienza  come la bellezza l'ho ereditata da mia madre, se così fosse doveva essere davvero un bel tipino.
Purtroppo per me non potrò mai saperlo.

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