Un nuovo confronto

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L'oblio ancora si dispiegava dinnanzi alle iridi chiare, rimaste nascoste, mentre i sensi avevano con lentezza iniziato a destarsi. Il percezione di intorpidimento, tuttavia, continuava caparbia a imporsi sull'interezza della sua figura. I pensieri, di contro, si rivelarono ancora offuscati e rallentati e spenti, incapaci di fuggire, imbrigliati com'erano nella quasi totale incoscienza.

Rumori delicati a solleticare l'udito; un calpestio leggero quasi echeggiante a sussurrare un sospetto confuso. Quella non poteva in alcun modo essere la cella che lo aveva ospitato negli ultimi periodi, ma per l'Ingannatore i tempi in cui questo segreto sarebbe stato rivelato non erano ancora maturi da permettergli di sapere - complici le facoltà della mente che tardavano a risvegliarlo.

Un sospiro giunse fino a lui, accompagnato da un rumore più marcato di passi che si susseguivano con cadenza regolare mentre, scanditi, si allontanavano per poi avvicinarsi nuovamente.

Se avesse trovato le parole adatte a descrivere lo scempio rivelato alla vista, lo sforzo costatogli si sarebbe rivelato immenso, forse comparabile con la vittoriosa battaglia combattuta in gioventù a Svartalfaheimr, quando gran parte delle imprese di guerriero che l'avevano reso famoso in tutti i Nove Regni ancora dovevano trovare posto tra i gloriosi ricordi del passato. E, nonostante le atrocità cui era stato costretto ad assistere guidando gli Æsir in eroiche imprese - alcune delle quali impresse nei mosaici che decoravano le volte del palazzo - non poteva negare di essere inorridito nell'avvicinarsi a quella cella annientata dalla furia distruttrice del dio dell'inganno.

I segni della disperazione erano marcati sulle pareti un tempo chiare, mentre impronte trascinate testimoniavano gli spostamenti confusi che l'avevano fatto accostare alla barriera luminescente e terminavano in una larga pozza color cremisi.

Il fermento che aveva infiammato i sotterranei negli istanti precedenti era andato consumandosi, lasciando ora che sguardi biechi - a tratti curiosi, ma sicuramente privi di qualsiasi pietà - si conficcassero nella figura sbiadita del tonante. Perché si era arrischiato in quel tugurio maleodorante? L'aria si faceva pesante e l'ossigeno nuovo e sfuggevole doveva essere sufficiente a irrorare i polmoni di chiunque vi fosse rinchiuso. Invidiati i primi, coloro - Loki compreso - che avevano ricevuto il privilegio di ottenere una delle celle in apertura alla lunga scia di vivai, di teche espositive; graziati, rispetto agli ultimi cui toccavano flebili e ancor più scarsi avanzi.

In scandalosa contemplazione, Thor si arrischiò fino a raggiungere tomi verso i quali riconobbe di non aver mai prestato particolare attenzione, nemmeno da bambino, preferendo piuttosto uscire, allenarsi, fare sfoggio della propria eccezionale forza; e vi scorse, nell'ordine in cui erano stati riposti, la bramosia di conoscenza del fratello, la stessa che gli aveva impedito di spargerne le pagine sul pavimento in un tappeto disordinato. Un principio di sorriso gli raggiunse le labbra, forse rapito da un ricordo di gioventù, e si spense una volta spostato lo sguardo sulla cornice che, oscurando violentemente la piccola parentesi, reclamava prepotente l'attenzione su di sé.

I piedi si mossero, facendogli così compiere un giro quasi completo che gli avrebbe permesso di valutare tutti i danni, poi scosse leggermente il capo e una mano raggiunse il viso fermandosi sotto il naso e coprendo la bocca, ora tesa in una linea sottile, mentre l'altra si appoggiava alla piega generata dal gomito. L'espressione contrita e assorta in mute considerazioni.

Si trovava nelle mani dei guaritori in quell'istante. Portatovi d'urgenza, era stato accolto da visi tirati e sgomenti nel prendere coscienza di un gesto che era evidente non gli appartenesse.

Il Dio degli Inganni, quel fratello con cui aveva combattuto e che gli dava le spalle durante la battaglia in gesto di fiducia, ma contro cui si era anche ritrovato a lottare furiosamente nel tentativo di farlo ragionare, di sopire un orgoglio offeso, di ricucire un torto lungo una vita intera, la sua. Aveva dimostrato di voler rinunciare a ogni cosa, quando sempre le sue azioni erano state spinte dal desiderio contrario, dalla bramosia.

Il terzo atto || Loki LaufeysonWhere stories live. Discover now