Capitolo 1.

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Cammino. Non so dove precisamente. Ma cammino. Sollevo un piede da terra, lo riappoggio al suolo davanti all'altro, e continuo così, senza meta.

Nessun rumore. Solo quello del mio respiro e dei miei passi.

Sono qui da tanto, troppo tempo. Cammino nel vuoto, respiro, non so cosa, non so come, ma vivo, o, perlomeno, esisto, credo.

Non ricordo come siano fatti i colori, qui c'è solo nero, nero ovunque. Non vedo dove vado, ma io continuo a camminare, nella speranza, prima o poi, di un contatto umano.

Passo la maggior parte del tempo a immaginare, immaginare come sarebbe questo posto se ci fosse una luce.

Incredibile come la mia insicurezza mi abbia portato qui, ho così poche certezze che non sono neanche sicura che esse lo siano.

So che in mezzo a questo infinito nero, vuoto, ci sia una porta.

Le certezze credo non esistano, decidiamo noi di cosa essere sicuri, a volte perchè ci da speranza credere fortemente in qualcosa.

Dipende fin troppo tutto da noi.

Questa asfissiante responsabilità mi ha trascinato qui.
Mi ha spinta sempre più giù.

All'inizio fluttuavo, stavo cadendo ma ero consapevole che la risalita sarebbe stata poca, speravo, anzi, ero sicura, che qualcuno mi avrebbe porto una mano.

Ma ogni volta che questo non succedeva scendevo, la luce diveniva più lontana, diminuiva.

Speravo in una fune, ma neanche quella arrivò.

Nonostante tutto, non ricordo cosa mi abbia spinto fino a toccare questo suolo, indistinto dal resto.

Mi sento così sola.
Ma ci ho fatto l'abitudine.

Non credo stare qui mi faccia bene. Sto male, ho paura. E' un'attesa infinita.

A volte mi accascio a terra e piango, piango fino a non avere neanche più le forze di stringere le palpebre e far uscire le lacrime.
Solitamente finisco per addormetarmi.
Un sonno profondo, ma tranquillo.

Oggi non è stato così, erano ore che camminavo, con le mani sempre in avanti, in attesa del contatto con qualcosa, non so neanche più che cosa stia aspettando, ma niente, mai niente.
Ho paura anche di correre, potrei finire per sbattere a ciò che sto aspettando, e non sarebbe carino.
Nonostante fossi stanca, sentivo come qualcosa nello stomaco che mi tirava, ciò ha alimentato in tale modo la mia speranza che non mi sono fermata.

Avrei dovuto farlo.

Ora sono qui, sdraiata su questo vuoto.
Frase apparentemente senza senso. Ma non mi preoccupo di attribuirgliene uno, niente ha senso qui.
Potrei semplicemente chiudere gli occhi e lasciare che il sonno si impossessi della mia mente, che faccia sparire anche se solo per un po' le mie paure e questo perenne senso di confusione. Ma non voglio.

Non voglio perché non ha senso. Si dorme per aspettare il giorno, la luce, o semplicemente un nuovo giorno.

Non ho bisogno di dormire per aspettare. Come non ho bisogno di chiudere gli occhi per vedere tutto nero.

È tutto così orribile che sfiora quasi l'assurdo,non ci credo a tutto questo, o forse non ci voglio credere.

Fatto sta che voglio uscire di qui, voglio andare via. Costi quel che costi.

Lost in Oblivion.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora