Castel del Drago è un posto sperduto, distante dalle aree metropolitane e cittadine. Un luogo tra alte colline scoscese, popolato da poche migliaia d'anime e attanagliato dalla noia di una vita priva di sorprese.
Il 28 di luglio del 1983, Marco e Mariagiovanna s'incontrarono prima con Luigi e poi con Rita. Erano quattro giovani studenti universitari fuori sede e squattrinati, come tutti gli studenti universitari, così niente vacanze se non per ritornare a trovare i genitori anziani, al paese. Ma erano lieti di rivedersi e si incontravano tutti i giorni, a quell'ora. Sedevano all'aperto, ai tavolini dell'unico bar con i tavolini all'aperto e prendevano la limonata. Un piacere che era diventato un'abitudine ulteriore. Il 28 di luglio di quell'anno, cadde in un periodo di caldo torrido e poiché Castel del Drago dista dal mare centinaia di chilometri, l'unico ristoro era costituto dagli alberi e dalla loro ombra rinfrescante.
" Ragazzi, fa troppo caldo qui. Andiamo alla radura degli dèi. " propose qualcuno.
" Sì, veramente, fa troppo caldo, andiamo. "
I quattro ragazzi lasciarono il bar della piazza e montarono sull'automobile di Marco, parcheggiata poco lontano. Dopo poco meno di un quarto d'ora, arrivarono in un luogo che erano soliti frequentare, per appartarsi a pomiciare o fumare, bere birra e chiacchierare all'ombra di alcuni alberi di noce dalle chiome ampie. Per arrivare alla radura degli dèi, come erano soliti chiamare il posto, bisognava arrampicarsi per qualche chilometro su per un'erta che poi sboccava in un altipiano circondato da colline basse dalla vegetazione incolta. I ragazzi si diressero verso i grandi alberi di noce che li accolsero nella frescura. Sospirando di sollievo, si sistemarono e cominciarono a rollare e aprire lattine, sorridendo rinfrancati.
Non appena cominciarono a girare le cannette e le prime lattine furono schiacciate tra le mani, il tempo atmosferico cambiò bruscamente e severamente. D'improvviso il cielo, fino a un momento prima, terso e sgombro di nubi si coprì di cumuli scuri, molto rapidamente ed in assenza di vento che evidentemente, data la velocità dell'accadimento, spirava forte ad alta quota.
" Ragazzi, ma non è che viene a piovere? "
" Ma no, c'era quel sole prima. Poi, hai visto mai..."
" Se non passa in fretta e continua ad ammassare nubi - disse Luigi - viene a piovere di sicuro."
Mentre ragionavano così, iniziarono a cadere le prime gocce. I ragazzi si strinsero attorno agli alberi ma la pioggia aumentò celermente fino a diventare un vero e proprio diluvio.
" Santo cielo, ma che è? una di quelle bombe d'acqua?" fece Rita.
" Ehi, corriamo, raggiungiamo la macchina " esortò Marco
" Come facciamo? s'è fatto un fiume sul sentiero - rispose Luigi - ci vorrebbe una canoa o un copertone "
La pioggia caduta in poco tempo ma in enorme quantità, cominciava a scavare rivoli e l'erta, diventata una discesa ripida, andava sempre più trasformandosi in un ruscelletto.
" Andiamo in quel casolare di campagna diroccato - indicò Giovanna - sono tutta bagnata fradicia. Aiutoooooo... " e corse verso la casa urlando.
Gli altri la seguirono di corsa. Trovarono riparo sotto la tettoia scalcinata del casale abbandonato ma la pioggia battente non risparmiava quel patio fatiscente.
" Dài, prova ad aprire la porta " disse Giovanna rivolta a Marco e questi, con una spallata nemmeno troppo vigorosa, spalancò la porta d'ingresso.
Entrarono e videro una casa misera, dagli intonaci scrostati, priva di mobilio. La casa aveva due stanze al pian terreno, disposte ad angolo e una sola stanza al primo piano più un ampio terrazzo. Un antico casale di campagna composto da due corpi rettangolari disposti uno accanto all'altro, con il lato minore di uno adiacente al lato maggiore dell'altro, a formareuna sorta di elle dalla braccia uguali. Intanto, fuori tempestava.
" Raga' io mi spoglio - fece Rita - sto troppo bagnata e lo consiglio pure a voi, se no ci viene un accidenti "
" Sì " concordarono gli altri e si svestirono degli abiti zuppi.
Nell'altra stanza a piano terra c'era una porta che, presumibilmente, dava all'esterno e dopo un po', senza spini e senza birra, ispezionando, i ragazzi la trovarono.
Luigi l'aprì e urlò, facendo un salto all'indietro.
Marco s'affacciò all'uscio e mettendosi le mani nei capelli, esclamò ad alta voce:
" Madonna. "
Oltre la porta si poteva vedere una pianura estesa fino all'orizzonte, adorna di alberi disposti con estrema armonia, tutto sotto un cielo turchese privo di nuvole, nel quale splendeva un sole radioso. Intanto, le ragazze erano accorse e urlavano stupefatte dalla meraviglia.
" Che cos'è? Signore, ma come è possibile? "
" Ma è assurdo "
I ragazzi corsero da una stanza all'altra e da una porta all'altra decine e decine di volte, come forsennati. Aprivano la porta d'ingresso, tempestata dalla pioggia battente che non si attenuava, e si trovavano di fronte al fortunale inferocito che li aveva sorpresi. Poi correvano all'altra porta e rimanevano sconcertati dal paesaggio soleggiato oltre la soglia.
" Ma com'è possibile. E' impossibile. No? "
" Che cazzo di posto è questo? "
" Venite fuori, venite. E' bellissimo" l'invitò Maria Giovanna che superati i suoi timori, aveva varcato la soglia.
" Si sta d'incanto, e non fa nemmeno quel caldo insopportabile. Venite a vedere. "
Gli altri la raggiunsero e rincuorati dalla disinvoltura dell'amica, oltrepassarono la soglia.
Fuori, era meraviglioso. Tiepido, profumato. Il paesaggio aveva una bellezza sognante ed il suolo era morbido ma compatto. Si avviarono verso un palmizio che ombreggiava più in là quando, d'un tratto, Rita si fermò e urlò:
" No, non ce la faccio. No no, no so, ma io non ce la faccio a star qui " e ritornò correndo verso la casa.
" Anche io " le fece eco Giovannella e raggiunse l'amica.
Marco e Luigi si guardarono e fuggirono via anche loro.
" Mi sono sentito male, sai, Marco - disse Luigi, rivolto all'amico - cioè, un senso di oppressione, non so, una cosa addosso "
" Uguale, Luigi - rispose Marco - uguale. Anche a me. "
Raggiunsero le ragazze nell'altra stanza e le trovarono alla porta ad osservare l'uragano che non dava segno di smettere.
" Ma dove cazzo siamo capitati? "
" Guarda, non ci posso pensare. Pazzesco "
" Io ho paura - scattò Giovanna - Che diavolo di posto è questo? "
" Anch'io ho paura - le fece eco Rita - ma come ce ne andiamo? "
" Già - disse Luigi - Dobbiamo aspettare per forza che smetta. Non riesco a crederci. " concluse e si diresse alla porta dell'altra stanza, che era rimasta aperta e offriva lo stesso impagabile spettacolo.