Ne è valsa la pena.

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«Tu sei sempre sicuro di fare quella cosa di cui mi parlavi, stasera? »

La domanda posta da Dante, quel pomeriggio, dinanzi alle scale, non faceva altro che ronzargli nella mente.

Seduto in auto, subito dopo la proclamazione del suo fidanzato Manuel, costretto ad una velocità minima per via del traffico, Simone non fa altro che ripensare a quella frase, in loop, lasciandosi inghiottire dall'ansia che porta con sé.

Tiene gli occhi fissi sulla strada, seppur con uno sguardo vagamente assente, si mordicchia nervosamente il labbro inferiore fino a farlo sanguinare appena, per poi leccare via le piccolissime gocce di sangue apparse in superficie e stringe con la mano destra il volante tanto da farsi sbiancare le nocche.

E se, quella sera, Manuel avesse dato di matto?

E se non fosse pronto per un passo del genere?

Simone lo sapeva bene: Manuel era solito fare progetti su progetti su progetti, ma non sempre a quei progetti seguivano dei fatti veri e propri.
Lui invece era il suo esatto contrario, non era solito- e probabilmente non amava nemmeno farlo- perdersi in discorsoni e voli pindarici su cosa avrebbe previsto il loro futuro.
Solitamente, agiva e basta.

Si lasciava guidare dall'amore, dalle pulsioni che sentiva nei confronti del compagno che amava con tutto il suo cuore ed agiva.

Certo, col senno di poi non sempre quello si era rivelato essere un metodo appropriato.
Ma- dopo tutto- non aveva granché da rimproverarsi.

Nella follia di quel bacio rubato al liceo, di quel video registrato di nascosto la prima notte in cui aveva convinto, con la patetica scusa della versione di latino, Manuel a dormire da lui, Simone aveva gettato le basi della loro storia d'amore. 

Anche a costo di fare la figura dell'idiota.
Anche a costo di farsi ferire poi, dalle parole di Manuel. 

Era sempre stato convinto di voler vivere quell'amore, qualsiasi fosse il costo da pagare.

E la realtà che stava vivendo, quell'amore che giorno dopo giorno lo inebriava, che riempiva ogni sua minima parte, che lo avvolgeva, era dimostrazione che ne era valsa la pena. 

Ha più volte ripassato in mente quel mucchio di parole che intende pronunciare quella sera. 
Le ha ripassate la sera prima, sul letto. 
Le ha ripassate quella mattina stessa, mentre si lavava i denti prima e davanti la tazza del caffè, poi. 


E le sta ripassando anche ora, mentre è in auto, fermo al semaforo e controlla, di tanto in tanto, l'orario che lampeggia sul cruscotto.


Deve passare a prendere Manuel, per poi raggiungere gli altri al locale dove si terrà la festa, e non intende fare tardi. 

Controlla nervosamente la tasca interna della giacca che indossa e si augura di non star sudando più del previsto. 


Arrivato sotto casa di Manuel, lo chiama. 


«Pensavo m'avessi mollato a casa Simò.»
«Hai ragione, scusami. C'era- c'era un po' di traffico. » si giustifica.
«E comunque è stata tua l'idea di tornare a casa prima di andare» conclude.
«Dovevo lasciare a casa tutti quei fiori.» si difende subito l'altro
« Me sento ancora la puzza nelle mani» avvicina le mani al naso di Simone che le annusa, arriccia il naso e ridacchia. 
«Un po' sì»


Senza distogliere lo sguardo dalla strada, gli bacia lievemente i polpastrelli e sorride piano quando questi si spostano ad accarezzargli il viso.


«Sei stato bravo, amore.» lo guarda per un istante e gli sorride. 
«Davvero bravo.» 
Allunga una mano e la poggia sopra le coscia del ragazzo, lo accarezza pieno e la stringe facendo una leggera pressione. 
Torna poi serio ad osservare il semaforo che diventa rosso, costringendoli all'ennesima sosta.

«Simò sei teso?»
«No- va tutto bene. E comunque guarda, siamo arrivati» solleva il braccio ed indica il locale davanti a loro. 

Si chiama Moro, ha una grande insegna a led viola che illumina la strada come un immenso faro.
Sotto quella, riescono già a scorgere le figure dei loro ex compagni di liceo e dei colleghi di Manuel, in piedi e divisi in piccoli gruppi. 

«Guarda che non era una domanda la mia. Sei nervoso»
«Ma no-no che non sono nervoso»
«Sicuro, si?»
«Certo che sono sicuro. È la tua serata e voglio solo  vada tutto bene» si volta a guardarlo con un sorriso rassicurante stampato sulle labbra.
Con un'unica manovra, svolta secco fermando l'auto nel primo posto libero. 

C'era qualcosa di incredibilmente armonioso, nel modo  in cui guidava. 
Manuel amava guardare il modo in cui le sue mani scivolavano sul volante. 
Motivo per il quale, avevano ormai siglato una sorta di tacito patto per il quale durante gli spostamenti in moto il conducente doveva categoricamente essere Manuel - non che a Simone andasse particolarmente a genio l'aver dovuto sorbire quel no categorico ricevuto proprio dal maggiore, in merito all'ipotesi per la quale potesse riprendere la guida della sua amata vespa: dopo vani tentativi di farlo ragionare, si era semplicemente rassegnato e aveva deciso di rinunciare solo per amore di Manuel. 
Aveva quindi letteralmente appeso le chiavi al chiodo e regalato la moto proprio a Manuel, che la teneva nella sua officina - 
durante gli spostamenti in auto, invece, era sempre Simone a guidare.
E Manuel a guardarlo incantato praticamente tutto il tempo. 

«Io voglio solo tu sia immensamente felice, Manuel.»

È la voce flebile ma calda e decisa di Simone a destare Manuel quel momento di totale ipnosi volontaria. 

Traguardi. || Manuel e SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora