ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 3

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Che caldo, era insopportabile. Il pavimento pungente e irregolare della cella era senz'altro più fresco e accogliente della terra bollente dove ora poggiavano i piedi. L'aria era pesante, difficile da respirare anche a causa della polvere che si alzava ad ogni passo.
Strinse gli occhi nell'osservare un muro bianco della Struttura che rifletteva la luce a dismisura, accecandolo. In parte ringraziava gli uomini che gli avevano tagliato i capelli. Prima di mettersi a lavorare, uno di loro lo aveva preso per una spalla, esaminando i lunghi ciuffi lerci con sguardo di disappunto; era bastata la lama di un pugnale per risolvere il problema.

«Avanti, muoviti!»

Scattò sull'attenti allo scoccare della frusta, il cuore che pulsava all'impazzata. Non ce l'avevano con lui. Si voltò, notando Armin allo stremo delle forze che era rovinato a terra, lasciando cadere il pezzo di carbone che portava tra le mani.

«Ehi, alzati», grugnì l'uomo, fissandolo.

Il ragazzo non disse nulla. Col capo basso, il respiro affannoso e la gola secca, rimase a terra, impossibilitato a eseguire quell'ordine. Per quanto provasse a forzare il proprio corpo non c'era verso che quest'ultimo lo ascoltasse, era esausto.

«Allora?» l'uomo si chinò alla sua destra per guardarlo in faccia, gli occhi di Armin erano spalancati, puro terrore. Gli afferrò i ciuffi biondi, costringendolo ad alzare lo sguardo. «O forse preferisci saltare la cena? Eh, feccia

Qualcosa di forte sbilanciò l'ufficiale dopo quelle parole. Una spinta, a tratti brutale, lo costrinse a lasciare i capelli del ragazzo e lo fece cadere in mezzo alla polvere e il terriccio. Voltandosi, vide il castano fissarlo con astio, un'attitudine che avrebbe deciso di mostrare solo un pazzo.

«Piantala coglione! Non vedi che non ce la fa più?!» tuonò Eren, facendo un passo avanti per affiancare l'amico ancora a terra; Armin era più spaventato dal suo intervento che dalla punizione appena sventata.

«Tu... lurido bastardo», l'uomo si levò in piedi, recuperando in fretta la distanza e spintonandolo un poco, la fronte piegata dalla rabbia e l'indignazione. «Aspetta solo che Gross lo venga a sapere...!»

Il castano corrugò la fronte e rimase immobile anche quando l'ufficiale gli fu ad un palmo dal viso. La differenza d'altezza era evidente e se ne approfittò, ostentando una superiorità che di certo non poteva permettersi - non se voleva rimanere tutto intero - ma non se ne curò. Lo stupore negli occhi dell'uomo fu esemplare: sgranò gli occhi, ed Eren ringraziò la sua capacità di riflessi. Intercettò la frusta all'ultimo secondo per mezzo dell'avambraccio, evitando un colpo che gli avrebbe certo sfregiato il viso, privandolo, in parte, della vista.
Indietreggiò, digrignò i denti e si guardò il braccio. La pelle bruciava, era diventata di un rosso a dir poco raccapricciante.

«Ehi ehi ehi, che sta succedendo qui?»

A giungere sulla scena furono altri 2 uomini. Uno di loro, il più alto, guardò tutti con attenzione, soffermandosi sul collega.

«Lawrence, che combini?» chiese serio, poi sorrise. «Non dirmi che ora ti vuoi fottere anche i ragazzi! Ahah! Ti sei già stufato di quella strega?»

«Ma di che diavolo stai parlando?», replicò il compare, ridacchiando. «Rimane pur sempre una donna, no? Anche se, devo dire che da come si comporta sembra un uomo!»

Scoppiarono tutti a ridere, ignorando il ragazzo che ancora sostava a terra, tremante.

«Lascia stare questi due e vieni con noi a farti un goccio va'. Offro io oggi», disse ancora l'altro, avviandosi. «Gross è impegnato in riunione oggi, possiamo scolarci l'oppio fino a scoppiare».

Gli uomini si allontanarono, lasciandoli soli. Eren stava quasi per gioire, se solo le sentinelle lungo le mura non li avessero continuati a fissare per tutto il tempo. Si chinò davanti al biondo con le sopracciglia ancora aggrottate, porgendogli una mano.

Iʟ ᴘʀᴇᴢᴢᴏ ᴅᴇʟʟᴀ Lɪʙᴇʀᴛᴀ̀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora