ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 7

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«Che vuol dire che non lo sai?» il tono di Eren era inquisitorio, irritato a dismisura.

«Non è un subordinato diretto dell'imperatore, è normale che non sia tenuto a sapere certe informazioni» gli rispose Levi, le braccia incrociate, il volto segnato da una seccatura esemplare.

«Che cazzo è un subordinato ora?» disse il più alto con una smorfia.

Keith Shadis, davanti a loro e all'interno della loro temporanea cella condivisa, assottigliò lo sguardo.
«È come vi ho detto» ripeté, «L'imperatore non ha fatto sapere nulla di preciso né a me, né a Theo Magath, ci ha solo riferito del trasferimento di Levi. Quanto alla vostra famosa punizione… non ho più saputo nulla».

«È troppo tranquilla questa situazione per essere vera» il castano si girò e fece qualche passo, portandosi una mano nervosa tra i capelli.

«È vero, ma a quanto pare Floch ha trovato una soluzione di suo gradimento che, stranamente, non prevede né violenza, né umiliazione» spiegò Keith con occhi scuri, incrociando le braccia, «Armin deve avergli proposto qualcosa che lo abbia convinto».

Eren sentì un'ondata di calore attraversarlo da capo a piedi al sol sentire quel nome. Gli pizzicava la pelle, gli prudevano le mani.

«Hmph, quel leccapiedi del cazzo» mormorò seccato, fissando il muro della cella.

Levi si voltò a guardarlo, perplesso.

«Non chiamarlo così» replicò Keith, «Senza di lui a quest'ora avreste la pelle lacerata a colpi di frusta, oppure sareste a camminare, nudi, per le vie della cittadella sotto un'abbondante dose di pietre e insulti».

Per quanto forse Shadis avesse ragione, non c'era parola che potesse placare la sua forte tensione. Doveva essere grato a quello che a suo confronto passava una vita da re all'interno del grande palazzo dell'imperatore? Ma per favore. Certi sentimenti non svanivano così in fretta, era da oltre 3 anni che lo consumavano.

«Floch non è mica stupido» replicò Eren, poggiando la schiena al muro opposto e guardandoli in faccia, tutti e due, «lui è quello a cui piace vedere il sangue. È quello che si diverte a vedere i maiali che si contendono il cibo per sopravvivere. Qualsiasi cosa gli avrà proposto Armin avrà avuto un prezzo. Magari ora siamo tranquilli, ma più in là ce ne pentiremo».

«Conosci Armin, sai com'è fatto. Si vede che questa era comunque la soluzione migliore per voi due» ripeté l'istruttore.

«Io so com'era una volta» replicò il giovane, alzando la voce, «ma essere lo schiavo dell'imperatore e vivere in mezzo alle ricchezze può darti alla testa. Rimane comunque il suo fedele servitore, farebbe qualsiasi cosa per lui. Scommetto che ha tenuto il posto solo perché di notte gli serve il suo culo».

«Ora basta!» Keith lo riprese, fissandolo serio.

Eren sviò lo sguardo, oltremodo scocciato. Si stese sul letto senza alcuna grazia, pancia all'aria. Non disse nient'altro.

«Uff…» Shadis sbuffò, guardando verso terra. Vedere quella tenera amicizia andata in pezzi lo faceva soffrire molto.

«Mi pare di capire che sia successo qualcosa» soggiunse Levi dal silenzio, il tono impassibile come suo solito.

«Non qui» gli rispose l'uomo, scoccando un'occhiata veloce al suo allievo, prima di voltarsi, «non è il posto migliore per parlarne. Vieni, facciamo due passi. Finché sei con me non ti diranno nulla».

Eren li vide uscire in religioso silenzio, lo stesso con cui mandò al diavolo Keith nella sua mente. Forse l'età gli stava giocando brutti scherzi, perché non sapeva spiegarsi in altro modo quel forte risentimento che era in fermentazione da anni dentro di sé. Lo sentiva, lui lo sentiva e basta. Per quanto fosse il primo a rendersi conto di quanto fosse infantile, non c'era pensiero razionale che riuscisse a smuovere quel macabro sentimento che - come una carcassa - stava a marcire nel suo petto da molto tempo.

Iʟ ᴘʀᴇᴢᴢᴏ ᴅᴇʟʟᴀ Lɪʙᴇʀᴛᴀ̀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora