Ti manca mancarle?

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[Buongiorno e benvenuti nella mia pazzia delle 14: è da ieri che sti due mi frullano in testa e volevo provare a dar loro una voce ma, e qui lo giuro, continuerò ad aggiornare anche la storia sui Blamood quindi rimanete in questi lidi.

La storia è ambientata 5 anni dopo la finale di Amici21 e probabilmente conterrà scene di sesso, che verranno segnalate a inizio capitolo.

Il titolo del prologo è ispirato alla canzone di Aka7even "Mi manchi", mentre il titolo della storia è ovviamente un riferimento a "Lady" di Sangiovanni.

Per anticipazioni, spoiler e chiacchiere: IG (bessie_efp) e Facebook (Bessie Efp)]



Perché entri in punta di piedi


Prologo: Ti manca mancarle?


Quando scopre che Carola non balla più, ci rimane male – anche quando gli dicono che è solamente a tempo determinato: che se le schiacci le ali, a una farfalla, inevitabilmente cade. Chissà se si rialzerà domani, dopodomani o il giorno dopo ancora: Carola ha preso un monolocale in affitto a Milano e non ne è uscita più.

Non si è presentata nemmeno alla festa di compleanno di Luca – la sua, l'unica assenza in grado di spiccare (o, forse, Luigi dovrebbe semplicemente farsi un esame di coscienza). E se la esamina davvero, la coscienza, per scoprire che sono passati cinque anni e non è cambiato nulla. Quel tremolio sta ancora lì.

Tra le costole e il cuore, un terremoto che gli sconquassa il petto in mi bemolle – una nota stonata, la sua, quando lei gli torna in mente e allora è davvero il momento dell'esame di coscienza: quello in cui Luigi deve venire a patti con il fatto che Carola ha chiuso le comunicazioni e, allora, non la deve cercare più. Non l'ha fatto per davvero.

Qualche volta, anche se sono passati anni, gli viene quasi istintivo pensare che vorrebbe farle vedere un Reel di Instagram, o semplicemente raccontarle come ha passato la giornata. Qualche volta lo fa anche, ad alta voce in casa sua, ma forse non a voce così alta per farglielo sentire.

Alex, che non ha mezzi termini, quando Carola ha timbrato il cartellino ed è tornata in Canada, gliel'ha detto: hai fatto una cazzata colossale, ma non te ne accorgerai mica ora – tra un po': perché ti accorgi che una persona sa mancarti solamente quando lo fa per davvero.

E Luigi, che mentre giocherella con la moka da svuotare e pulire, un po' vorrebbe dire ad Alex che cazzo se aveva ragione: che quel tremolio è mancanza e, saperla nascosta in un monolocale con un ginocchio fuori uso, è un'insalata mista di voglia d'andarla a cercare e paura. Senza olio.

Carola rideva sempre, per questa cosa dell'olio: come fai a mangiare l'insalata scondita, gli chiedeva, e rideva. Poi non ha riso più.

Quando l'ha conosciuta, Luigi aveva pensato che fosse quel tipo di persona che ride sempre un sacco – ma poi non aveva riso più e, pur conoscendone il motivo, aveva inghiottito ogni moto di inutile sentimentalismo e non aveva posto la domanda. Lei, comunque, gli aveva dato tutte le risposte.

Perché si poteva dire tanto, di Carola, ma non che fosse priva di coraggio: e, sorridendo, glielo aveva detto in faccia. Lui, in silenzio, s'era fatto mangiar vivo da quella confessione.

E Alex glielo dice anche il giorno in cui a Luca, che c'ha in testa la segatura, un po' di LSD e un po' di LDA, si mette in testa di organizzare una rimpatriata di Amici21. Gli dice che Carola non verrà sicuramente, anche se si trova a Milano e scendere fino a Roma non le costerebbe niente, cioè solamente il biglietto del treno, e allora può risparmiarsi l'attesa.

«Fingi che non te ne freghi un cazzo» commenta Alex, quieto. «Ma poi ci pensi ancora: tanto vale che ti metti fin da subito l'anima in pace. Non penso verrebbe, nemmeno se glielo domandassi in ginocchio».

«E quindi?».

Alex sbuffa, si passa una mano tra i capelli con aria divertita.

«E quindi fingi che non ti freghi» ribadisce. «Ma ti frega troppo e lo sai anche tu».

«Te lo ripeto: e quindi?».

«E quindi bypassiamo la fase in cui fingiamo entrambi che tu non voglia il suo indirizzo e me lo domandi e basta?».

«E che ne sai tu di dove abita?» Luigi alza un sopracciglio. «Pensavo che non sentisse più nessuno, di tutti noi».

Alex ride – amarissimo: ha mantenuto quella risata che sa di caffè sbriciolato quando fai la moka e cade tutto sul fornello. Poi è cresciuto e, quella malinconia che aveva sulle spalle cinque anni fa, un po' si è rischiarata: ha lasciato il posto a un'ironia altrettanto amara che, quando risponde così a Cosmary, lei deve trattenersi dal lanciargli addosso la prima pentola disponibile.

«Michele, Luca, Cosmary, Leo, Nunzio» elenca Alex, quieto. «Non sempre, ogni tanto: lo abbiamo saputo da Michele, che si è infortunata».

Luca non domanda – cos'abbia: non domanda perché teme che, a saperne di più, si troverebbe fregato per davvero. Che, come dice Alex, potrebbe voler dire che non gliene frega niente o che gliene frega troppo di tutto.

«E a chi ha detto dove abita?».

«Cosmary» commenta Alex, compitamente. «Le ha chiesto se avesse bisogno di aiuto con la casa: siamo andati una settimana fa e...».

«E non mi hai detto un cazzo».

«Non eravamo rimasti al punto in cui non te ne fregava un cazzo?».

Luigi sospira: okay, gli concede – uno a zero.

«Se sapete dove abita, perché non...» comincia, incerto. «Insomma, perché Cosmary non le dice di venire a Roma con noi? Abbiamo un posto in macchina in più, no?».

«In realtà a me piace stare comodo» risponde Alex, divertito. «Perché dovremmo darle fastidio? È stata chiara: non gliene frega niente, a lei per davvero, di questa farsa».

Alex non ci voleva andare manco pregato, a questa rimpatriata – e quando Luca ha insistito, non una volta ma come un matto, gliel'ha detto chiaro e tondo: cosa ci vengo a fare, se a te e Luigi vi vedo sempre?

Luca aveva risposto ridendo – e ti privi di riveder Serena? – e gli aveva messo contro Cosmary che, invece, a quella cazzo di rimpatriata ci voleva andare. Così Alex aveva capitolato, preparandosi quantomeno a ubriacarsi con la scusa di far guidare Luigi, e aveva borbottato poco convinto che nessuno aveva detto che non sarebbero andati (e magari, aveva aggiunto, ma magari per davvero).

«Ma non ci saranno Michele, Leo e gli altri?» domanda Luigi, incerto. «Magari uno di loro...».

Alex sbuffa, impaziente, alza gli occhi al cielo mentre smanetta con il telefono.

«Ti ho mandato il suo indirizzo» sibila, rimettendo in tasca il cellulare. «Che se ti sto ad aspettare me lo chiederai quando saremo già a Roma».

Luigi sente a malapena il trillo della notifica su WhatsApp – ad Alex non glielo dice: non prende il telefono in mano per orgoglio e perché gli tremano le mani.

Perché entri in punta di piedi || CaroligiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora