3. Quello che la ferisce

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Tornare a Roma è riaprire le ferite – Carola si sente sanguinare, kilometro dopo kilometro, mentre Luigi tiene le mani fisse sul volante e lo stringe come se dovesse mettere tutta la propria forza lì, sulle nocche ormai sbiancate.

Alex canticchia, un po' imbronciato, dal sedile posteriore.

Stanno bene e nemmeno se ne rendono conto.


3. Quello che la ferisce


Non si scambiano nemmeno una parola, per tutta la prima mezz'ora di viaggio – Luigi sbuffa mentre Alex si lamenta del mal di macchina, di quanto si stia scomodi seduti dietro, e quanto manca, e guidi un po' una merda, te lo hanno detto mai? Sbuffa e cerca di non guardarla mai: teme che, se incontrasse per sbaglio i suoi occhi, dovrebbe fermarsi appena possibile e dirle. Andiamo via di qui.

Fanculo quella rimpatriata assurda, fanculo il fatto che Alex mi sfascerebbe la macchina se solamente la guardasse per più di due secondi di fila, fanculo la nausea, fanculo tutto. Luigi sfanculerebbe tutta la sua vita fino ad adesso, se solamente Carola gli dicesse che può esserci speranza per un futuro insieme.

Ma lei non lo fa. Si guarda le mani, un po' screpolate e gioca con una pellicina in bilico sull'indice, chissà a cosa pensa: se le manca il Canada o qualcuno che potrebbe aver conosciuto lì, mentre spacchettava tutti i propri bagagli, from Rome with love, solamente per scoprire che per quanto si fosse impegnata a lasciare Luigi in Italia, tra i suoi vestiti spiegazzati e una serie di fotografie che aveva voluto portare con sé, stava ancora lì. Indelebile.

Prima di conoscere lui, pensava di essere brava a dimenticare: che era facile, superare una cotta, perché le persone ti deludono sempre – anche lui, soprattutto lui. Poi, però, quando s'era resa conto che la sua dipendenza da Luigi non faceva altro che aumentare, Carola aveva avuto paura. Di non riuscire a dimenticare e rimanere sempre bloccata in attesa di un suo cenno.

E, adesso che finalmente Luigi ha infranto la barriera del contatto, lasciandole sulla labbra un bacio lieve come l'ala di un moscerino, Carola sa che non riuscirà a dimenticarlo mai più e che non è presunzione, indelebile lo è per davvero. Cerca le parole, non ne trova nessuna: come fai a dire a una persona che ne senti la mancanza anche quando ti siede accanto, la mano che giocherella con i tasti della radio, alla ricerca di chissà quale canzone – ce ne sarà, da qualche parte, una che parla ancora di loro?

C'è stato un momento in cui Carola lo sentiva ovunque e, nelle parole di ogni canzone, riusciva a leggerci il suo nome. Il Canada ha cambiato moltissime cose e lei, per un paio di mesi, ha cercato di non ascoltare più musica.

Le hanno detto, tutti quanti, che doveva andare avanti – che non puoi costringere qualcuno ad amarti, se non ti vuole, e le avevano detto che forse metterci un punto era la cosa migliore che potesse fare. Lo aveva fatto.

Un giorno era uscita di casa e faceva un freddo boia ma lei, con i piedi avvolti negli stivali imbottiti e le mani arrossate dal vento, non sentiva niente – Michele le aveva detto, con quel sorriso dolcissimo che si cavava fuori quando doveva dirle qualcosa di sgradevole, non ci provare nemmeno: che tu non sai dimenticare e non sarà trovando qualcun altro che lo cancellerai dai tuoi pensieri. Carola non gli aveva dato ascolto.

Perché entri in punta di piedi || CaroligiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora