Autunno

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Trigger warning (con spoiler!):

morte passata di un personaggio, pensieri suicidi nel tentativo di affrontare un lutto (ma con finale felice, promesso). La storia vuole essere di speranza, ma è giusto che sia chiaro cosa c'è per la strada, anche se credo sia meno triste di come suona qui. Per chi vorrà, buona lettura!





Settembre

Seconda stella a destra, questo è il cammino,
e poi dritto fino al mattino.
Poi la strada la trovi da te,
porta all'isola che non c'è.

Vedendo un documentario sui veterani della seconda guerra mondiale, qualche anno fa, Simone ha scoperto l'esistenza della cosiddetta sindrome dell'arto fantasma: una persona a cui viene amputato un braccio o una gamba che però sente di avere ancora quel braccio o quella gamba, sente di poterli muovere, sente il caldo e il freddo e il solletico, e soprattutto sente un dolore forte e continuo a quell'arto, un dolore debilitante che sembra non andarsene mai via. Può succedere se perdi un braccio, una gamba, ma anche un orecchio, la lingua, un dente.

A Simone è successo dopo aver perso Jacopo.

Sa che non è proprio la stessa cosa, ma non ha trovato modo migliore di descrivere come sia non avere più suo fratello accanto.

Ha vissuto diciassette anni in simbiosi con lui, e adesso gli sembra di non riuscire nemmeno a comprendere che non c'è più.

Ogni tanto sbatte sugli stipiti delle porte, perché pensa di doversi mettere un po' più a sinistra per farci entrare anche Jacopo, che non aspettava mai il suo turno e cercava di passare insieme a lui. A volte alza il braccio destro per appoggiarlo sulle spalle di suo fratello, che non si staccavano mai per troppo tempo dalle sue, ma il braccio gli cade e gli sbatte sul fianco. Al mattino quando esce dal portone di casa guarda per terra e si spaventa perché vede un'ombra sola, e non due, e tutto quel sole che si riflette sul vialetto polveroso e biancastro lo acceca un po'.

Spesso piange e per qualche motivo si aspetta di sentire una mano sui capelli e un braccio a cingergli le spalle per consolarlo, ma non succede mai.

Pensa che dopo un mese dovrebbe ormai averci fatto l'abitudine, eppure ogni volta si stupisce come fosse la prima, e gli sembra di tornare in quel corridoio d'ospedale a sentirsi dire che suo fratello non c'è più e il dolore ricomincia da capo.

Sente ancora Jacopo che cammina alla sua destra, mezzo passo indietro come sempre, sente l'aria che si sposta insieme a lui, sente l'odore del deodorante talcato che usava e della cioccolata calda con la cannella che beveva tutte le mattine e spesso anche la sera, sente il rumore dei suoi passi sul pavimento, sempre di mezzo secondo in ritardo rispetto ai propri, ma quando si gira non c'è mai nessuno.

La sera, quando va a dormire, si stende sul letto più vicino alla portafinestra nella sua stanza troppo silenziosa, e chiude gli occhi. Dopo un po', quando è nel dormiveglia, gli pare di sentire un respiro pesante alle spalle e il rumore di coperte che strusciano perché Jacopo non sta mai fermo quando dorme, ma quando fa l'errore di voltarsi e vede l'altro letto vuoto e perfettamente rifatto il sonno se ne va.

Allora gira di nuovo la testa, e si costringe a guardare il cielo attraverso il vetro della portafinestra, ma anche quando non ci sono nuvole non trova mai le stelle che cerca, perché ha gli occhi sempre troppo appannati dalle lacrime.

Ha notato che forse quella sensazione di vuoto non è solo sua. Le poche volte in cui ha visto i suoi compagni di classe, nessuno di loro si è seduto o gli si è avvicinato dalla sua destra, perché c'era sempre stato Jacopo a occupare quello spazio. Quando cammina per strada o si trova in autobus o in metropolitana e qualche sconosciuto gli passa accanto, Simone vuole quasi spintonarlo via e intimargli di non pestare i piedi di suo fratello.

L'Isola che non c'èDove le storie prendono vita. Scoprilo ora